Ad ascoltar gente come Monti, Draghi, e via via giù verso i vari Marattin, Giannino, Boldrin, l’economia deve inginocchiarsi davanti al cartello finanziario e alla sua insaziabile fame. Il popolo, o meglio l’essere umano, va sacrificato con moderazione: bisogna garantirgli quanto basta per non farlo morire di fame, cosicché non crei problemi, ma per il resto il manovratore non deve essere disturbato, perché il potere appartiene a lui, così come le immense ricchezze di cui dispone, che vanno gestite e non certo redistribuite. Mors tua, vita Mea e Homo Homini Lupus sono i loro motti. L’egoismo, l’accentramento, la compravendita anche spirituale è la cifra che caratterizza le nuove divinità che oliano l’infernale meccanismo del mercato. Non ho mai incontrato un neoliberista accanito che fosse povero o che non lavorasse in borsa, in qualche università prestigiosa, alla corte delle agenzie di rating o in qualche banca d’affari senza scrupoli. O che non anelasse ardentemente a far parte di questi circoli elitari. Il neoliberismo è la religione di chi ha tanto e si disinteressa di chi ha infinitamente di meno ( o se ne interessa solo all’apparenza, di facciata). La macchina diabolica che ha costruito è il più grande tritacarne sociale che sia mai stato messo in atto: qualcosa che non esiste (il denaro) viene creato e spostato in millisecondi, secondo i voleri di pochissimi invisibili, e in un battere d’ali determina il fallimento o il successo di aziende e multinazionali, così come il dolore e la sofferenza di interi stati...
Spread, HFT (transazioni ad alta frequenza), LTRO (longer term refinincing operation), TLTRO (targeted longer term refinincing operation), QE (Quantitative Easing), CDS (Credi Default Swap), Hedge Fund, Future sono solo alcuni dei termini e delle sigle demoniache che invadono i giornali e le agende della politica. Basterebbe fermarsi, respirare e riflettere per capire che l’economia in mano ai neoliberisti si è trasformata nel laboratorio di uno scienziato pazzo a cui l’esperimento è sfuggito di mano, e che cerca disperatamente di compiere sempre nuovi errori per coprire quelli vecchi. In questo senso, i neoliberisti sono psicologicamente dipendenti dalla necessità di generare astrusità sempre più complesse. Altrimenti il giocattolo gli esplode in mano. Si inventano regole, limiti (come quello del 3% inventato di sana pianta), costruiscono gabbie, ci infilano dentro risparmiatori, parlamenti interi, e tutto questo senza che un solo giornalista alzi la mano e dica: “ma voi siete fuori!“. Siamo tutti travolti dalla corrente immaginaria di un fiume sovraffollato, tiriamo bracciate in maniera caotica perché crediamo di affogare, e nessuno si accorge che l’acqua è agitata proprio a causa nostra. Se stessimo fermi, scopriremmo di stare a galla senza sforzo, e potremmo guadagnare la riva.
È questa l’economia? O meglio: è questa la teoria economica che davvero rappresenta l’uomo e le sue necessità? Io credo di no. Io credo che non ci sia nulla di reale e di imprescindibile in questo gigantesco labirinto meccanico dove ci costringono a correre come tanti topolini. Io credo che i presupposti, gli assunti, gli assiomi, i teoremi sui quali è stata costruita la religione neoliberista sono stati manipolati, falsificati all’origine, nella migliore delle ipotesi sono invalidati dalla nuova comprensione che abbiamo dell’umanità, o anche banalmente dal superamento della scarsità. Il neoliberismo di questi anni è una enorme fake news che trova il suo unico fondamento nella sottomissione di interi popoli ai voleri di pochi onnipotenti burattinai. Bisogna dunque avere il coraggio di portare al macero molti dei libri che la scuola ha scelto, su impulso di pressioni particolari, come testi di riferimento sui quali formare intere generazioni di cittadini, fregiandoli poi del titolo di economista. Bisogna rifondare l’economia e renderla finalmente uno strumento coerente di lettura dei reali bisogni dell’essere umano, così come la nostra intuizione naturalmente ci suggerisce e così come le scienze più evolute iniziano a mostrare, in tutte le discipline.
Prima di chiederci dove vogliamo andare, dobbiamo chiederci chi siamo, e darci finalmente una risposta soddisfacente. Per questo ho invitato Valerio Malvezzi a parlare della sua idea per una nuova Economia Umanistica. Gli strumenti con i quali agirà hanno un’importanza relativa: prima di tutto dobbiamo comprendere quali sono i suoi principi ispiratori. E questi principi non possono che affondare le radici nella nostra storia, nella nostra essenza, così come è stata studiata, analizzata, compresa e assecondata in migliaia e migliaia di anni, da generazioni che forse avevano afferrato una parte della verità molto prima di noi. Una verità che noi abbiamo archiviato troppo in fretta, nella nostra presunzione di considerarci evoluti, come se l’evoluzione potesse identificarsi con la tecnologia, che è solo l’abilità di trasformazione delle risorse materiali. Forse è venuto il tempo di unire le nostre conquiste tecnologiche a quella antica sapienza, per raggiungere quello che davvero ci serve. E quello che davvero ci serve non è purtroppo qualcosa che questo mondo consumistico possa offrire.
Valerio Malvezzi, nel video in cima al post, prova a fare la sua proposta. In Prima Visione, questa sera alle 21, su Byoblu. Mettetevi comodi.---
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