Tra il 2015 e il 2019 si può leggere una spettacolare analogia in Borsa. Come evidenzia il Grafinomix di giornata l’andamento del FTSE MIB di questa prima parte dell’anno tende a ripetere la traiettoria di quanto visto quattro anni fa. Come allora anche questo inizio d’anno è stato caratterizzato dalla voce grossa delle banche centrali. A gennaio 2015 la Bce annunciò che di lì a poco (6 marzo) avrebbe lanciato il primo quantitative easing della storia dell’Eurozona. I mercati festeggiarono toccando un picco il 13 aprile quando la variazione year to date (da inizio anno) del FTSE MIB fu del 25%...
Quest’anno stiamo assistendo a qualcosa di simile. A gennaio la Federal Reserve ha lasciato capire che non avrebbe mosso i tassi e a marzo la Bce ha comunicato che lancerà (a settembre) una nuova operazione espansiva, chiamata T-Ltro III. I dettagli saranno comunicati a giugno ma nella sostanza si tratterà di un nuovo prestito a medio termine agevolato alle banche. Le banche hanno un ruolo determinante per la performance dell’indice delle blue chip di Piazza Affari. Anche per questo il FTSE MIB finora ha messo a segno un rialzo del 19%, facendo meglio delle altre Borse europee e di Wall Street, pure in doppia cifra.
«Il parallelo con il 2015 emerge chiaramente considerando l'indice azionario dell’area euro con performance molto simili al FTSE MIB- spiega Antonio Cesarano, chief global strategist di Intermonte sim -. Tutto ciò a indicazione di come l'intervento delle banche centrali tenda a omogeneizzare l'andamento dei mercati, riducendo o annullando la tipica decorrelazione equity/bond. Nel primo trimestre hanno corso sia azioni che bond».
Ad aprile invece il rialzo riguarda solo le azioni, ma anche per un “effetto cosmesi” da parte dei fondi che non hanno creduto al rally del primo trimestre, come dimostra il dato dei deflussi, per circa 42 miliardi, dei fondi azionari europei. «L’azionario sta ignorando per ora il segnale di vendite lanciato dal mercato obbligazionario - prosegue l’esperto -. Questo perché molti gestori non hanno partecipato al rialzo delle azioni e ora sono quasi costretti ad entrare per correre ai ripari sulle performance».
Quindi il rialzo delle Borse di aprile, in controtendenza rispetto al ritracciamento/stabilizzazione del mercato delle obbligazioni (caratterizzato invece da afflussi dei fondi nel primo quarto del 2019) è originato anche da fattori tecnici, quale a punto il tardivo ingresso di molti fondi.
Se però il 2019 dovesse continuare a replicare la traiettoria del 2015 è probabile che maggio e giugno possano essere dei mesi più difficili. «Ci potrà essere una presa di profitto come nel 2015 - continua Cesarano -. In particolare nel mese di maggio perché giugno potrà essere dominato nuovamente dalla retorica delle banche centrali dato che il 6 giugno si riunisce la Bce (si attendono dettagli sul T-Ltro III, ndr) e poi il 19 la Fed (si attendono dettagli su tassi e intenzioni di ridurre/ampliare il bilancio, ndr)».
Senza dimenticare altri rischi esogeni, quale fu nel 2015 la svalutazione shock dello yuan annunciata dalla People’s Bank of China ad agosto che espose le Borse mondiali a una forte correzione.
«Il 2019 potrebbe concludersi con una performance positiva per le Borse ma, come nel 2015, difficilmente il rialzo finale sarà pari o superiore a quello accumulato nella prima parte dell’anno - conclude Cesarano -. Allo stesso tempo il ritracciamento che prevedo a maggio/giugno potrebbe essere una buona occasione per rientrare a prezzi più bassi. Va detto che alla correzione per ora gli operatori sono poco preparati. La maggior parte dei dati indica che gli investitori sono posizionati in attacco, dimenticando di poter subire un gol in contropiede. Stanno scontando su più fronti, dai dazi (si veda il rialzo del settore auto nell’ultimo mese, ndr) alla Brexit uno scenario positivo. Quest’ottimismo si vede anche dalle posizioni corte sul Vix che sono tornate sui massimi degli ultimi due anni».
Le posizioni short sul Vix, l’indice che misura la volatilità attesa per l’indice S&P 500, sono in forte crescita. Essendo il Vix un indice negativo (nel senso che quando sale vuol dire che le Borse scendono) assumere posizioni al ribasso su questo indicatore vuol dire che gli investitori si aspettano che le quotazioni del Vix, e di conseguenza la volatilità, rimangano basse. È evidente che anche in questo caso c’è troppo ottimismo - ancora una volta guidato dalla retorica delle banche centrali - e il rischio di esporsi al contropiede delle vendite, se non altro nella forma di uno storno momentaneo, non viene valutato in questo momento dagli investitori con la dovuta prudenza.
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