CARO BOERI, GLI IMMIGRATI NON FANNO LAVORI CHE NON VOGLIAMO FARE, FANNO LAVORI CHE "NON VOGLIAMO" FARE A DETERMINATE CONDIZIONI, OVVERO DI SFRUTTAMENTO
(Mirko Celii, ricercatore dell’Università di Udine, sulla sua pagina Facebook)
Sulle pensioni:
– la pensione che riceveremo corrisponderà ai contributi che avremo versato, non a quelli che verseranno gli immigrati “per noi”.
– le pensioni riscosse dai pensionati attuali sono “pagate” dai lavoratori attuali, a prescindere dal loro paese di origine.
– non è detto che il sistema pensionistico debba essere in pareggio, come non è in pareggio quello sanitario o quello dell’istruzione. Si potrebbe benissimo aumentare una tassa sui grandi patrimoni per avere pensioni dignitose per tutti
– il sistema pensionistico italiano non è mai stato in pericolo, né durante la crisi dal 2005 al 2011, né nelle proiezioni future del 2011, prima che arrivasse la Fornero [ fonte: report annuale della commissione europea http://ec.europa.eu/…/european_ec…/2012/pdf/ee-2012-8_en.pdf ]...
E’ diventato sempre meno sostenibile DOPO l’austerità di Monti e Fornero, dato che sono crollati PIL, occupazione, consumi ed entrate.
– avendo un 25-30% di italiani che non lavora o lavora poche ore a settimana, non è necessario importare altra manodopera per sostenere il sistema pensionistico, se non per sottopagarla.
Di fatti abbiamo disoccupati che si suicidano e immigrati che muoiono lavorando in nero 12 ore sotto il sole pagati 3 euro l’ora.
– gli immigrati che contribuiscono al 8-9% del PIL non “ci regalano” un bel niente, versano i contributi ora e li riprenderanno quando sarà il momento, come è giusto che sia.
– se ciò non dovesse accadere, non ci sarebbe un cazzo di cui gioire, gli staremmo rubando la pensione, ci dovremmo anzi vergognare e dovremmo fare in modo che ciò non accada.
– gli immigrati, in particolare quelli provenienti da paesi molto poveri, lavorano spesso per salari inferiori a quelli medi del paese che li accoglie, quindi versano anche meno contributi a parità di lavoro rispetto ad un italiano.
– gli immigrati, ancora più degli italiani, tendono ad essere pagati in nero perché ancora più ricattabili. Ovviamente non è colpa loro, ma nostra, ma anche in questo caso non contribuiscono positivamente al bilancio pensionistico.
– gli immigrati non fanno lavori che non vogliamo fare, fanno lavori che non vogliamo fare a DETERMINATE CONDIZIONI, ovvero di sfruttamento, perché non hanno scelta e perché per loro pochi spiccioli di euro corrispondono a una discreta somma nei loro paesi di origine.
– tutto quello di ciò sopra vale OVVIAMENTE anche per gli italiani che emigravano e che continuano ad emigrare ancora oggi. Di fatti quando andiamo a Londra a lavare i piatti o a Berlino a vendere gelati, non “paghiamo le pensioni” a inglesi e tedeschi.
– il problema dell’Italia non è l’immigrazione come sostengono quelli al governo, ma l’emigrazione. Tuttavia non possiamo pensare di compensare le uscite, di giovani spesso molto qualificati, formati a spese della collettività, semplicemente con le entrate di poveracci molto poco istruiti (non è colpa loro, ovviamente).
– un altro problema dell’Italia è la bassa natalità, che non è dovuta all’infertilità improvvisa degli italiani ma alle condizione incerte su lavoro e futuro. Anche in questo caso, non è pensabile di compensare semplicemente facendo entrare immigrati, che una volta qui, vivendo nelle stesse condizioni, avranno difficoltà a mettere su famiglia come gli italiani e gli immigrati che ci sono già, ed a quel punto avremo bisogno di ancora più immigrati.
Non è ovviamente per me, un problema etnico, ma se il secchio è bucato lasciare il rubinetto aperto non è la soluzione migliore.
A meno che non vogliate davvero 30 anni di Salvini, come a quanto pare sogna Boeri data la quantità di buffonate che dice.
LETTERA APERTA A TITO BOERI DI PAOLO SAVONA
(Pubblicata da ”Milano Finanza” il 22 luglio 2017 e postata dal sito www.scenarieconomici.com)
Caro Boeri,
avevo letto le tue dichiarazioni sul ruolo degli immigrati nel sistema pensionistico italiano e le avevo cercate inutilmente nella Relazione annuale dell’INPS, ma le ho trovate solo negli estratti stampa di un tuo intervento in uno dei tanti inutili e confusionari incontri che si tengono in Italia.
Conclusi che la lettura delle tue dichiarazioni poteva essere oggetto di interpretazioni positive e ho lasciato perdere. Sei tornato sul tema e ho sentito ripetere nuovamente i concetti nel corso di una trasmissione radio nella quale sostieni che il tuo ruolo all’INPS è di fornire informazioni statistiche sullo stato del sistema pensionistico; sarebbe cosa meritevole, perché quelle che fornisci non sono sufficienti e sono devianti perché le accompagni con interpretazioni che inducono a una valutazione distorta della realtà.
Tu dici che gli immigrati che hanno trovato un lavoro hanno versato oneri sociali di rilevante entità che servono per pagare le pensioni degli italiani e concludi che sono perciò indispensabili. Così presentata l’informazione induce a ritenere che ogni opposizione all’accoglienza di immigrati che non tiene conto di questo vantaggio è errata, accreditando la politica fallimentare finora seguita in materia.
La prima obiezione, che conferma la natura di interpretazione delle statistiche che rendi pubbliche, è che, se al posto degli immigrati ci fossero stati italiani, il gettito contributivo sarebbe stato lo stesso perché il sistema pensionistico italiano è basato sul metodo distributivo: i giovani lavoratori pagano per gli anziani andati in pensione e se tra essi vi sono immigrati non è la loro nazionalità a dare un carattere particolare al contributo che essi danno al sistema.
Potresti tutt’al più obiettare che le nuove assunzioni avvengono sovente in deroga al versamento degli oneri sociali e, quindi, in prospettiva il sistema pensionistico peggiora. Questo sarebbe assolvere al proprio dovere.
Non so se i giornali abbiano riferito una tua frase dove sostieni che non tutti gli immigrati finiranno con beneficiare di una pensione, ma questa è stata l’interpretazione. Se l’andazzo del bilancio e del debito pubblico continua, probabilmente tutti gli immigrati, non solo gli italiani, non beneficeranno della pensione attesa.
Mi indigna il solo pensare alla possibilità di un’espoliazione o decurtazione di valore della pensione che gli immigrati attendono. Se l’affermazione fosse tua, ha tutti i tratti del colonialismo d’antan. Sono favorevole all’inclusione di immigrati regolari nel mondo del lavoro, ma sono contrario che essi provengano dall’immigrazione irregolare, la cui numerosità è enormemente sproporzionata rispetto a quella del suo assorbimento da parte dell’attività produttiva, creando ben altri problemi sociali.
Trovo inoltre giuridicamente devastante che, se l’immigrato trova lavoro regolare, il suo illecito diventi lecito, perché induce scontento nel migliore dei casi e scarso rispetto della legge da parte di chi quotidianamente lotta per adempiere alle incombenze di cittadino; esse sono piene di scadenze che, se solo vengono saltate di un giorno, generano ammende. Anche all’INPS. Si introduce nel corpo delle leggi il concetto di violazioni sanabili e non sanabili.
Ritengo inoltre socialmente ingiusto che un immigrante illecito venga preferito a un giovane italiano perché disposto a lavorare a un salario inferiore; ancor più considero economicamente errato che si assista l’immigrante illecito a condizione che non lavori. I giovani italiani costretti a emigrare pur essendo preparati, di cui parli nelle tue dichiarazioni, sono il risultato di questo stesso modo di intendere la cittadinanza ed essendo tu equiparato a un funzionario dello Stato devi rispettare il dettato costituzionale e le leggi ordinarie, non “interpretarle” come fanno in troppi.
Se vuoi combattere per un’idea che ritieni giusta, devi lasciare l’INPS ed entrare nella tenzone politica o metterti a predicare come faccio io, rifiutandomi di conformarmi alla volontà dei gruppi dirigenti.
Credo che il risanamento del sistema pensionistico passi attraverso la trasformazione del metodo per ripartizione in metodo per accumulazione. Il primo passo è il ricalcolo del valore della pensione sulla base dei contributi versati, per poter comunicare a ciascun cittadino quale sia la quota di cui ha diritto e quale l’assistenza pubblica che riceve. Non per tagliare l’assistenza, ma per chiarire i rapporti tra cittadino e Stato.
Il secondo passo è una buona legge di tutela del risparmio pensionistico, che oggi manca. Spero che lo farai, risparmiandoci in futuro altri giudizi equivoci.
Grato per l’attenzione.
Paolo Savona
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