domenica 28 maggio 2017

MAURIZIO BLONDET - LA BEATA SUPERCLASSE MONDIALE. UN IDENTIKIT. (I)




Avrete letto probabilmente la notizia: “Laura Boldrini alla ricerca di una super-casa nei pressi di Piazza Navona.  […] Si tratta di una abitazione “cinquecentesca molto bella e di valore storico, tra i bugnati che qua e là sorgono nei dintorni di piazza Navona”. L’Espresso osserva che la magione della Boldrini – che nel 2014 ha dichiarato un reddito imponibile di 115.338 euro– ha tutt’altro che l’aspetto di “un appartamento da fine legislatura” ma sembra “la tipica casa di rappresentanza, come non bastassero le sale di Montecitorio per ricevere presidenti e ambasciatori”.
Si ha qui dal vivo un tipico esempio di ciò che in inglese si chiama  self-righteousness; parola   che mal traducono i termini “moralista ipocrita”, “farisaico”. Per il Webster, indica “l’esibizione compiaciuta di superiorità morale, derivante dal sentimento che le proprie convinzioni, azioni o relazioni sono  di più gran valore che di quelle della persona comune.  Gli  individui self-righteous sono spesso intolleranti delle opinioni degli altri”.
Quest’attitudine  spocchiosa è meno personalmente della Boldrini – ancorché ella la esibisca in modo caricaturale – che di una classe. Anzi, di una superclasse: la superclasse mondiale e mondialista. Quella “di sopra”  che governa  attraverso il caos e sta rimpiazzando i popoli europei,  l’oligarchia globalista e globalizzata, che sta assumendo i costumi lussuosi propri delle plutocrazia insindacabili. Poiché ci domina e dominerà sempre più, vale la pena di farne una tipologia. L’analista politico Michel Geoffroy l’ha tentata. Ne riporto i passi salienti....

  La superclasse sta accelerando la sua confisca della sovranità popolare. 

Il forum di Davos è un  noto appuntamento della superclasse. Nel forum del gennaio 2017,   è stato presentato come base delle discussioni il rapporto  Global Risks 2017 :  molto istruttivamente, il rapporto indicava come “rischi” le manifestazione democratiche di volontà popolare degli ultimi mesi: il Brexit, l’elezione di Trump in Usa, e in Italia  il “No” al referendum di Matteo Renzi.
Da  queste  rotture, la superclasse ha dedotto (escritto nero su bianco) “il bisogno di proteggere meglio i nostri sistemi di controllo qualità dell’informazione”: insomma il “nostro” monopolio dell’informazione è  stato minato dalle notizie sul web; questo ha provocato “una fragilizzazione della fiducia della popolazione”, da qui il proposito di censura alle informazioni incontrollate – e  dunque definite “fake news” – di cui la Boldrini è stata in Italia la precursora.
La superclasse si è proposta di “arginare i rischi”  (ossia il voto popolare). Dopo il Brexit, “bisogna smettere di dire che il popolo ha sempre ragione”,  ha sancito Cohn Bendit. “La storia ha mostrato che quando si segue la  volontà dei popoli, soprattutto nei momenti difficili, si sbaglia”, ha rincarato Macron.   La soluzione l’ha prospettata il demiurgo Jacques Attali (j), il creatore in laboratorio di Macron: una riforma costituzionale che determini “i temi che un voto popolare  maggioritario non dovrà decidere”; temi che “saranno santuarizzati iscrivendoli nella Costituzione”.  Già fatto, direte voi:  fin dal 2012  i maggiordomi italioti della superclasse, aspiranti ad essere ammessi alla superclasse mondiale,  hanno inserito l’obbligo di pareggio di bilancio in Costituzione. E’ il nodo scorsoio che ci strangola, ed è stato opera di Mario Monti, per mostrare il suo zelo alle volontà di Schauble e Merkel.  Attali propone di “santuarizzare”, ossia di sottrarre al voto e volontà popolare, molti altri temi  iscrivendoli nel marmo delle costituzioni. Lo chiama “santuarizzare  il Progresso”. La superclasse definisce infatti “progresso”  la propria ideologia liberista-libertaria, e “i nostri valori” le nozze gay,  la vendita di bambini (utero in affitto), il rimpiazzo multiculturale, e l’eutanasia  somministrata dal servizio sanitario nazionale.
Come detta infatti il documento di Davos, “I fattori di rischio [la volontà popolare] possono essere arginati creando società più inclusive  basate sulla cooperazione internazionale”. Al di fuori della neolingua, “società più inclusive” indica  l’utilità di sommergere  la popolazione votante sotto ondate di immigrati estranei,  votanti anch’essi, per lo più secondo i desiderata della superclasse  perché ostili rispetto al popolino  fra cui sono venuti a vivere. L’utilità s’è vista nelle ultime elezioni francesi, dove gli immigrati hanno votato in massa il banchiere d’affari.

Come è  apparsa la superclasse mondiale?

Il collasso dell’Urss e della possibilità di rivoluzione socialista ha consentito ai più ricchi di applicare con rigore dottrinario   la dogmatica  capitalista,  e insomma di rivoluzionare la società a  loro profitto. Una classe che non teme più la classe operaia  o lavoratrice – marginalizzata dalla migrazione e dalla de-industrializzazione –  applica la sua rivoluzione “dall’alto”. Anche Pietro il Grande fece una rivoluzione dall’alto, ma  con grandi differenze:  la superclasse non punta a rinforzare e modernizzare una nazione, ma ad  un obiettivo mondialista: ossia a dissolvere  ogni Stato nazionale per sostituirli con un “governo mondiale”  (meglio,  in neolingua,  governance mondiale).  La superclasse è cosmopolita. Nel nuovo ordine, l’autorità non emana più dalla sovranità politica, ma dal denaro liberato   da ogni condizionamento legale, dal marketing e “i  nostri sistemi di [controllo] informazione”.
La superclasse mondiale  poggia dunque,  in Occidente,  sull’emancipazione del potere economico-finanziario  dalla sovranità politica:
  • Emancipazione territoriale con la globalizzazione degli scambi e la de-territorializzazione della ricchezza.
  • Emancipazione dalla materialità del denaro, con la finanziarizzazione e la promozione di capitale fittizio.
  • Infine, emancipazione sociale: con l’alleanza della sinistra al neocapitalismo globalista, ormai i super-ricchi non temono più il popolo – un popolo che del resto possono cambiare a volontà con delocalizzazioni e immigrazioni.
Ciò significa che il nuovo potere finanziario mondializzato non riconosce più alcun limite al suo sviluppo. Il suo strumento, il neo-capitalismo, si basa su una fuga in avanti con la creazione continua di nuovi desideri  sempre riaccesi, estesa a tutto il pianeta, poi alla natura stessa dell’uomo.
Come è stato già notato, è la “rivoluzione del 68” ad aver congiunto il neo-capitalismo alla “sinistra” libertaria ed edonista.  Gli slogan sessantottini, “Vietato vietare”, “Godere Operaio”, “Dopo Marx, Aprile”, “Chiediamo l’impossibile, Vogliamo Tutto” erano indicativi di questa alleanza. Hanno aperto al “consumare senza limiti” grazie al credito e alla pubblicità totale, ma soprattutto grazie alla metodica cancellazione degli ostacoli culturali al dominio del denaro –  la famiglia, il risparmio, la frugalità  come valore, lo spirito di sacrificio per la nazione, le “virtù” cristiane e quelle borghesi – variamente bollate come: clerico-fasciste, reazionarie,  maschiliste, eccetera. L’estrema sinistra utile idiota dell’oligarchia,  per questo compito è stata compensata:  ma ovviamente solo nei suoi capi. Paolo Mieli, Giuliano Ferrara, Gentiloni, la Boldrini sono stati ammessi nella superclasse mondializzata (molti di loro lo erano per diritto, come figli di papà) in qualità di maggiordomi di lusso del Sistema, direttori di media, cooptati agli alti livelli transnazionali (UE, ONU,  ONG) .
Si tratta in effetti di una classe – ossia di un gruppo sociale che presenta caratteri particolari e costanti, che la distinguono dalle altre classi.
Questa classe  si pone non solo al disopra delle vecchie elites nazionali,  ma fuori dalla portata, e persino dalla vista, dei popoli. Questa superclasse è transnazionale e il suo campo d’azione è mondiale, come il suo progetto è cosmopolita.
Il saggista Geoffroy vi distingue quattro cerchie. Cerchie   concentriche, che hanno la ricchezza finanziaria come denominatore comune dei loro privilegi, derivante essenzialmente dalla de-regolamentazione mondiale.

La cerchia della  elite finanziaria mondiale.

Qui si raggruppano e si ritrovano i responsabili delle istituzioni finanziarie internazionali e delle banche centrali, i dirigenti delle cosmo-multinazionali quotate, a fianco dei grandi speculatori ricchissimi.
Secondo i dati ONU, il 10 % della popolazione mondiale controlla l’85% delle ricchezze, e l’1 per cento ne controlla il 40%.  I grand commis di questa super-elites (Draghi, Christine Lagarde,  Padoa Schioppa,  Janet Yellen)  vi sono cooptati in quanto aderenti agli interessi della finanza.  Occorre che parlino inglese. Non occorre  che   siano intelligenti, come dimostrano Mario Monti e  Jean-Claude Trichet, le cui scelte economiche sono state rovinose e sbagliate persino secondo la dogmatica oligarchica.  Trichet che aumentò i tassi dell’euro quando  avrebbe dovuto calarli – un errore che precipitò e rese durevole la crisi 2008-2017 – aveva dichiarato, nel   prendere le sue funzioni  alla massima poltrona della BCE nel 2003: “I am not a Frenchman”: non sono francese, e lo disse in inglese. Ecco tutto ciò che serve.  Una ottima introduzione agli occhi della superclasse.

La cerchia (o meglio  il circo) mediatico.

Si parta dalla constatazione che la elite di cui sopra possiede  sostanzialmente tutti i media mainstream in Occidente, quelli che “contano”. Spesso sono  imprese in perdita secca, ma servono alle elites per influenzare i decisori,  i politici nazionali e la popolazione votante. Udo Ufkotte, il giornalista della FAZ che ha  ammesso di essere nel libro-paga Cia come  tutti gli altri colleghi (ed è morto a 57 anni), ha spiegato l’essenziale: «Prima di tutto è necessario rendere autorevole il giornalista a libro paga, facendo riportare i suoi articoli, dandogli copertura internazionale e premiando i suoi libri. Molti premi letterari non sono che premi alla fedeltà  propagandistica [..] In occasione della crisi libica del 2011, ha raccontato di come fu  imbeccato dai servizi germanici perché annunciasse sul suo giornale, come fosse un fatto assodato, che Gheddafi era in possesso di armi chimiche ed era pronto ad usarle contro il suo popolo inerme. […] Se invece si trasgredisce la linea filoatlantica le conseguenze sono altrettanto note: la perdita del lavoro, il triste isolamento professionale, persecuzioni”  giudiziarie.
I media hanno anche un’altra funzione importante: comandano l’accesso alla cultura, creando le reputazioni culturali.   Promuovono le rinomanze degli intellettuali   mediatici per farne dei “maitres à penser” di successo: tipicamente, in Francia,  i veri e propri direttori di opinione (Alain Minc e  Jacques Attali, che è anche banchiere), i reduci  come Cohn_Bendit ,   Bernard-Henry Lévy ed altri “nouveaux philosophes”  post-sessantottini,, nonché auguste banalità come Edgar Morin e Alain Touraine. In Italia, per la generazione precedente si pensi A  Elio Vittorini e Alberto Moravia (che nessuno ha letto più appena scomparsi, essendo venuta meno la pompa pubblicitaria che li indicava come genii),  per l’attuale Baricco e Saviano, singolari “maitres à penser”   palesemente a disagio con l’attività di pensare.   Il sistema mediatico che li incensa  fa  anche (soprattutto) da filtro contro l’emergere di intellettuali non-organici al sistema, bloccare l’originalità e le soluzioni intellettuali avanzati essenziale, ed è visibilissimo nel fatto che, sotto la superclasse, la cultura è stagnante, ripetitiva,  immobile;  praticamente contigua allo spettacolo, alla pornografia e alla pubblicità.
I divi  dello show business e le star di Hollywood costituiscono un prezioso mezzo di diffusione  prestigiosa dell’ideologia della superclasse, a cui del resto appartengono.  Lo si è visto chiaramente durante la campagna elettorale in Usa, quando  quasi l’intero star-system si è schierato  esplicitamente contro il Tycoon “populista” (o creduto tale).

La cerchia delle entità non governative.

Fondazioni “culturali”, think tanks (“Serbatoi di pensiero”) sono centinaia, impossibile elencarle tutte. Dalle antiche Brookings Institution alla Rockefeller Foundations alla britannica Chatam House (Royal Institute  of International Affairs), dalla Bill & Melinda Gates Foundation, alla notoria Open Society di George Soros,  sono importantissimi centri-studi privati attraverso cui i miliardari influiscono sulla politica estera degli Stati Uniti e dell’Occidente.  Sono anche dette fondazioni senza scopo di lucro,  perché esentasse nel diritto anglosassone:  Rockefeller destina alla sua Rockefeller Foundation parte dei suoi profitti, che può quindi detrarre alla tassazione: un doppio vantaggio.   Solo per fare qualche caso: il Council on Foreign Relations,  pensatoio privato fondato nel 1921 dai Rockefeller e dai Warburg,  che unisce centinaia di esponenti del businesss americano, negli anni ’30 fu la centrale intellettuale che  portò Roosevelt ad entrare in guerra contro l’Asse. Più recentemente, le ebraicissime American Enterprise, il JINSA (Jewish Institute for National Security Affairs) e il PNAC (Project for a New American Century)  hanno   concretamente  preso il comando del governo Bush jr.,  preparato l’11 Settembre, elaborato la “dottrina Wolfowitz” e scatenato la superpotenza nella destabilizzazione  di tutti i paesi islamici potenzialmente ostili ad Israele, passata mediaticamente come “guerra al terrorismo globale”.  Dal Council on Foreign Relations  dei Rockefeller sono filiati il Bilderberg  (una “bilaterale” che lega i  paesi europei alla NATO) e la Trilateral Commission (che unisce nei suoi consessi anche gli interessi privati giapponesi, oltre a quelli euro-americani).
La Open Society  Fundations di Soros è addirittura una rete di fondazioni “senza scopo di lucro” (dove il miliardario può investire parte dei suoi  profitti  sottraendoli al prelievo  fiscale)  che il  nostro eroe ha fondato nel 1976, con il dichiarato scopo di “favorire la transizione alla democrazia” dei paesi dell’ex Patto di Varsavia. Di fatto è stata istigatrice  di primavere colorate, e  promotrice di  legislazioni “avanzate” (aborti, eutanasia,  droga depenalizzata) e sempre  per l’immigrazione senza limiti,  la fine  delle sovranità nazionali,  l’abolizione delle frontiere, il globalismo e i diritti omosessuali, insomma “i nostri valori”  (quando parla dei “nostri valori occidentali”,  la superclasse intende ovviamente i suoi).
Se le suddette Fondazioni operano  influenze “dall’alto”,  le ONG –  Organizzazioni Non Governative – fingono di agire “dal basso”, come create da  gruppi di cittadini normali che  vogliono  promuovere cause ecologiste (Greenpeace), umanitarie (Medecins sans Frontières),  animaliste, contro il riscaldamento globale, contro il nucleare ,  cause sempre altamente morali;   sono difenditrici dei diritti umani – e  con ciò,   giustificano, e a volte consigliano volentieri gli interventi umanitari armati.  Sostanzialmente, chiedono dal basso le stesse “conquiste di civiltà” che le fondazioni esigono dall’alto, e che sono sempre i valori della superclasse: no  alle frontiere, mescolamento di popolazioni, libera circolazione di uomini e capitali, “diritti umani” conculcati  dalle sovranità  nazionali, eccetera.
L’Onu riconosce  almeno 1300 ONG: di fatto, l’ONU si fa suggerire da queste “formazioni di base”, questi comitati di cittadini disinteressati  che spontaneamente si uniscono,  le politiche globaliste che esso stesso vuol promuovere , e che sono la sua  ragion d’essere: Le Nazioni Unite  furono storicamente il primo organo per l’attuazione del governo mondiale.
Magari aiuterebbe porsi  la domanda: queste spontanee associazioni di cittadini  disinteressati, chi le paga? Lo scandalo (subito sepolto) delle ONG che affittano navi per portarci immigrati in Italia,  hanno  dato un inizio di risposta persino al grande pubblico.
Nel 2015,  il 56 per cento  gli investimenti “liberi” dei miliardari della superclasse sono stati destinati a quello che nella neolingua orwelliana si chiama “filantropia”, ossia a queste ONG umanitarie-ecologiche. Come mai? Perché le ONG sono un efficacissimo strumento per aggirare e scavalcare  la sovranità degli Stati, far avanzare la loro agenda globalista (con annesso diritto di ingerenza) e smantellare la regolamentazione politica degli Stati,  per così dire ‘a furor di popolo’; diciamo meglio, nella neolingua orwelliana, su richiesta “della società civile”. Concetto  più   politicamente corretto  (non evoca il “popolo”) e più utile.  Esempio: è  la “società civile” che chiede alla Boldrini di  mettere fine alle “fake news” sul web.

La cerchia di Stato

Pensiamo a Mario Draghi, prima   funzionario al Tesoro, poi  – dopo la visita sul Britannia per la svendita dei gioielli IRI – promosso a Goldman Sachs e poi alla Banca Centrale:  è un esempio preclaro di grand commis, tecnocrati dell’apparato pubblico  e altissimi funzionari dello Stato – o  prestati alla politica –   che hanno tradito lo Stato di provenienza per operare a favore dei miliardari privati, e quindi entrare nella superclasse, accedere ai suoi emolumenti e ai suoi privilegi e al suo potere.  Pensiamo a Prodi, a Ciampi,  Beniamino Andreatta, a Enrico Letta,  a Padoa Schioppa: storie simili.
Dovunque sono stati questi tecnocrati, magari prestati alla politica temporaneamente  con la scusa di una crisi finanziaria che giustificava l’emergenza, a operare  in ogni Stato  il “divorzio fra Tesoro e Banca centrale” –  ossia il calmiere sui tassi sul debito pubblico –  che ha gettato il debito pubblico sui “mercati”,   abbandonandoli cioè alla speculazione selvaggia, facendo salire  i tassi  secondo il giudizio  che “i mercati” (ossia la superclasse finanziaria) dava delle politiche   di un certo stato: la massima privatizzazione dei profitti da interessi usurari che sia mai stata osata nella storia.
In Francia  naturalmente, dove nacque Jean Monnet,   questo tipo di cooptazione è più antico.  La rottura dell’identità nazionale  dei grand commis  risale addirittura al 1972, quando una legge (Legge Pleven) assimilò  il tenere in conto l’identità  nazionale ad una discriminazione comparabile al razzismo…
Ne sono seguite:
la rottura della sovranità nazionale col trasferimento della sovranità monetaria, e poi di bilancio, prima ai ”mercati”  poi   alla BCE e alla UE. Rottura col consenso popolare: nonostante il NO francese per referendum al trattato di Costituzione Europea nel 2005,   è stato imposto il Trattato di Lisbona nel 2009,  che   ha liquidato ogni “preferenza europea” e  disciolto una potenza industriale di 500 milioni di  cittadini alla concorrenza   coi salari mondiali, la devastazione chiama de-industrializzaizone. Ormai abituata a dominare   in questo modo, la superclasse nel 2015,  provocata artificialmente la “crisi migratoria”, ha imposto  ad ogni paese  – per diktat germanico – quote di clandestini da ammettere, senza mai consultare le cittadinanze autonome. D’altra parte,  tenere  in conto della  nazionalità d’origine, come del sesso e genere (LGBT)  è  già diventato un crimine di discriminazione razziale, sessuale, religiosa..Guai, come ha fatto Orban, a   dirsi disposto ad accogliere  cristiani siriani..
(continua)..

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