Osservatorio Europeo. Gli
abitanti del Belpaese chiedono, più di francesi, tedeschi e spagnoli il
ripristino dei controlli sulla circolazione delle persone. Percentuali
alte nei partiti di destra, ma anche tra i simpatizzanti del Pd dove il
40% è contrario alla libertà di movimento, il doppio rispetto ai
socialisti spagnoli
di ILVO DIAMANTI
Non tira una buona aria in
Europa. Sul progetto e sul soggetto europeo. Sulla moneta unica cui
vengono attribuiti, da ampi settori di cittadini, tutti i mali
dell'economia. La precarietà del lavoro e la disoccupazione, i consumi e
l'aumento dei prezzi. Ma il clima d'opinione appare scuro anche e ancor
più sul trattato di Schengen,
che ha favorito la libertà di movimento fra un Paese e l'altro. Senza
fermarsi alle dogane. Senza dover qualificare – e giustificare – la
nostra provenienza. Senza doversi dichiarare – e sentire – stranieri. Le
frontiere, i confini, infatti, più di ogni altro riferimento, marcano
la differenza e l'appartenenza nazionale. Ci "de-finiscono". Cioè, ci
de-limitano. Perché il finis è il confine ultimo. Invalicabile.
Distingue e distanzia noi dagli altri. Per questo il trattato di
Schengen, più di altri patti e di altre convenzioni "comunitarie", ha
rafforzato al progetto unitario. Anche se non tutti i paesi della Ue
fanno parte dell'area di Schengen. E, d'altra parte, non tutti i paesi
dell'area di Schengen sono membri della Ue. Tuttavia, il trattato
de-limita il territorio sul quale l'istituzione europea può esercitare
la propria autorità. Mentre, parallelamente, presso i cittadini, il
trattato di Schengen ha rafforzato la percezione comunitaria. Cioè: di
comunità. In quanto ha reso possibile muoversi, all'interno dei confini,
con un buon grado di libertà. Ha permesso ai cittadini di sentirsi,
dovunque, "a casa propria". Europei. Almeno: "più" europei. Per questo
le rivendicazioni dei soggetti politici neo-populisti hanno, come primo
bersaglio, l'Europa unita, in nome della difesa degli Stati nazionali. E
dei loro confini. Nazionali. Per la stessa ragione, la "grande
migrazione" che ha investito l'Europa - dall'Africa e dal Medio-Oriente -
ha messo in discussione l'Unione Europea. Perché ha suscitato paure.
Paura. In particolare: la paura del mondo che ci invade ed entra a casa
nostra. La "grande migrazione": ha amplificato la domanda di frontiere.
Di confini. Di muri. Per difenderci dagli altri. In questo modo, però,
si sono acuite anche le tensioni interne. Ad esempio, nei confronti
della Regno Unito. Che non fa parte dell'area di Schengen. Né
d'altronde, dell'Euro. E ha marcato, in questa fase, la propria
distanza. Il proprio isolamento. Dall'Europa dell'Euro. E dall'Europa di
Schengen. Cioè: dalle migrazioni.....
LE TABELLE
Queste tendenze emergono, con particolare evidenza, nel IX Rapporto sulla Sicurezza in Europa (curato da Demos e dall'Osservatorio di Pavia insieme alla Fondazione Unipolis), che verrà presentato a Roma martedì 15 marzo. I sondaggi condotti su campioni rappresentativi di 5 Paesi europei (complessivamente: 5000 interviste) rendono evidente il disagio sollevato dall'Europa senza frontiere. Solo una quota minoritaria della popolazione, in tutti i Paesi "sondati", infatti, continua a credere nel Trattato di Schengen. E si dice convinta a mantenere la libera circolazione delle persone fra gli Stati che vi aderiscono. Senza controlli. Il consenso all'Europa "senza frontiere" viene espresso, comprensibilmente, da una frazione di francesi, di poco inferiore al 10%. D'altronde, l'impatto dei sanguinosi attentati avvenuti nel 2015 ha alimentato il senso di insicurezza. E la domanda di controlli. Anche se la minaccia, spesso, viene "dall'interno". Dell'Europa e della stessa Francia. In Italia, tuttavia, il sostegno al trattato di Schengen appare solo di qualche punto più ampio (13%). Mentre in Germania e in Spagna si allarga, ma non supera il 25%. La maggioranza dei cittadini intervistati, nel corso dell'indagine, la pensa, dunque, in modo molto diverso. Chiede il ritorno della sorveglianza alle frontiere, se non dei muri.
In Italia, in particolare, quasi 6 cittadini su 10 approvano l'idea che occorra ripristinare i controlli. Sempre. In Germania, Spagna e, in misura più ridotta, in Francia: solo in determinate occasioni. Nell'insieme, quindi, all'Europa "senza confini" crede solo una minoranza di cittadini. Coerentemente, il consenso per l'Unione Europea si riduce tanto più dove più cresce la domanda di marcare i confini tra gli Stati. Infatti, fra coloro che vorrebbero ripristinare i controlli alle frontiere "nazionali", la fiducia nella UE scende ai minimi livelli. In tutti i Paesi. In particolare in Germania: dal 53 al 44%. Mentre in Italia e in Francia la domanda di tornare ai confini nazionali abbassa la confidenza nella UE di 5-6 punti. Solo in Spagna, il disincanto europeo dei delusi di Schengen aumenta in misura meno elevata (3 punti). D'altronde, rispetto al passato, la Spagna risulta esterna ai principali flussi migratori. Quindi la preoccupazione delle frontiere aperte è meno diffusa, fra i suoi cittadini. Per questi motivi, non sorprende che il trattato di Schengen susciti reazioni particolarmente ostili negli ambienti sociali più vicini ai soggetti politici neo-populisti o, comunque, anti-politici. Che hanno fatto dell'Unione Europea un bersaglio polemico, talora un "nemico". Contro cui "lottare".
La richiesta di ripristinare i controlli alle frontiere risulta, dunque, molto estesa fra gli elettori che vedono con favore la Lega di Salvini (ma anche il M5s) in Italia; il Front National di Marine Le Pen in Francia, i Ciudadanos in Spagna. L'AfD in Germania. Ma il ritorno delle frontiere e dei confini riscuote favore anche fra i sostenitori dei partiti di Destra e di Centro-Destra. Perché risponde alla "paura degli altri", degli immigrati. E suscita domanda d'ordine. Questo sentimento è particolarmente esteso nella base di Forza Italia, dell'UMP, del PP, del CDU-CSU. Per la stessa ragione, nel Regno Unito la fiducia nell' UE risulta molto bassa fra gli elettori dell'Ukip e fra i Conservatori. Tuttavia, alla fine, si ripropone, in modo piuttosto clamoroso, l'eccezionalità – non l'eccezione – italiana. Il Paese d'Europa dove la fiducia nell'Europa – unita – è più bassa. Dove non solo i populisti e la destra, ma perfino il 40% degli elettori vicini al PD vorrebbero ripristinare i controlli alle frontiere. Chiudersi. Quasi il doppio rispetto alla base del PSOE. Comunque, molto più rispetto ai simpatizzanti degli altri partiti socialisti europei. Il "laboratorio politico italiano" (come l'ha definito Marc Lazar) non smette mai di sorprendere. Di sollevare inquietudi.
Perché se la costruzione europea, se il futuro dell'Unione si appoggiano sul trattato di Schengen, sulla libertà di circolazione "oltre" i confini nazionali e dentro i confini comuni(tari), allora c'è fondato motivo di temere. Per la costruzione europea. Per il futuro dell'Unione. Ma questa, per quel che mi riguarda, è una buona ragione. Per difendere le buone ragioni del trattato di Schengen.
In Italia, più che altrove.
LE TABELLE
Queste tendenze emergono, con particolare evidenza, nel IX Rapporto sulla Sicurezza in Europa (curato da Demos e dall'Osservatorio di Pavia insieme alla Fondazione Unipolis), che verrà presentato a Roma martedì 15 marzo. I sondaggi condotti su campioni rappresentativi di 5 Paesi europei (complessivamente: 5000 interviste) rendono evidente il disagio sollevato dall'Europa senza frontiere. Solo una quota minoritaria della popolazione, in tutti i Paesi "sondati", infatti, continua a credere nel Trattato di Schengen. E si dice convinta a mantenere la libera circolazione delle persone fra gli Stati che vi aderiscono. Senza controlli. Il consenso all'Europa "senza frontiere" viene espresso, comprensibilmente, da una frazione di francesi, di poco inferiore al 10%. D'altronde, l'impatto dei sanguinosi attentati avvenuti nel 2015 ha alimentato il senso di insicurezza. E la domanda di controlli. Anche se la minaccia, spesso, viene "dall'interno". Dell'Europa e della stessa Francia. In Italia, tuttavia, il sostegno al trattato di Schengen appare solo di qualche punto più ampio (13%). Mentre in Germania e in Spagna si allarga, ma non supera il 25%. La maggioranza dei cittadini intervistati, nel corso dell'indagine, la pensa, dunque, in modo molto diverso. Chiede il ritorno della sorveglianza alle frontiere, se non dei muri.
In Italia, in particolare, quasi 6 cittadini su 10 approvano l'idea che occorra ripristinare i controlli. Sempre. In Germania, Spagna e, in misura più ridotta, in Francia: solo in determinate occasioni. Nell'insieme, quindi, all'Europa "senza confini" crede solo una minoranza di cittadini. Coerentemente, il consenso per l'Unione Europea si riduce tanto più dove più cresce la domanda di marcare i confini tra gli Stati. Infatti, fra coloro che vorrebbero ripristinare i controlli alle frontiere "nazionali", la fiducia nella UE scende ai minimi livelli. In tutti i Paesi. In particolare in Germania: dal 53 al 44%. Mentre in Italia e in Francia la domanda di tornare ai confini nazionali abbassa la confidenza nella UE di 5-6 punti. Solo in Spagna, il disincanto europeo dei delusi di Schengen aumenta in misura meno elevata (3 punti). D'altronde, rispetto al passato, la Spagna risulta esterna ai principali flussi migratori. Quindi la preoccupazione delle frontiere aperte è meno diffusa, fra i suoi cittadini. Per questi motivi, non sorprende che il trattato di Schengen susciti reazioni particolarmente ostili negli ambienti sociali più vicini ai soggetti politici neo-populisti o, comunque, anti-politici. Che hanno fatto dell'Unione Europea un bersaglio polemico, talora un "nemico". Contro cui "lottare".
La richiesta di ripristinare i controlli alle frontiere risulta, dunque, molto estesa fra gli elettori che vedono con favore la Lega di Salvini (ma anche il M5s) in Italia; il Front National di Marine Le Pen in Francia, i Ciudadanos in Spagna. L'AfD in Germania. Ma il ritorno delle frontiere e dei confini riscuote favore anche fra i sostenitori dei partiti di Destra e di Centro-Destra. Perché risponde alla "paura degli altri", degli immigrati. E suscita domanda d'ordine. Questo sentimento è particolarmente esteso nella base di Forza Italia, dell'UMP, del PP, del CDU-CSU. Per la stessa ragione, nel Regno Unito la fiducia nell' UE risulta molto bassa fra gli elettori dell'Ukip e fra i Conservatori. Tuttavia, alla fine, si ripropone, in modo piuttosto clamoroso, l'eccezionalità – non l'eccezione – italiana. Il Paese d'Europa dove la fiducia nell'Europa – unita – è più bassa. Dove non solo i populisti e la destra, ma perfino il 40% degli elettori vicini al PD vorrebbero ripristinare i controlli alle frontiere. Chiudersi. Quasi il doppio rispetto alla base del PSOE. Comunque, molto più rispetto ai simpatizzanti degli altri partiti socialisti europei. Il "laboratorio politico italiano" (come l'ha definito Marc Lazar) non smette mai di sorprendere. Di sollevare inquietudi.
Perché se la costruzione europea, se il futuro dell'Unione si appoggiano sul trattato di Schengen, sulla libertà di circolazione "oltre" i confini nazionali e dentro i confini comuni(tari), allora c'è fondato motivo di temere. Per la costruzione europea. Per il futuro dell'Unione. Ma questa, per quel che mi riguarda, è una buona ragione. Per difendere le buone ragioni del trattato di Schengen.
In Italia, più che altrove.
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