Da un post provocatorio a un dibattito TV: metamorfosi di una polemica sul giornalismo di fronte al sovversivismo dall'alto e le stragi nelle capitali europee
[Pino Cabras] 31.marzo 2016
di Pino
Cabras.
In questi giorni si è molto parlato di
giornalismo, nel corso della polemica fra Peter Gomez e Giulietto Chiesa, dopo
l'iperbolica provocazione di quest'ultimo in un post sul suo blog del Fatto
Quotidiano, a proposito della strage di Bruxelles. La polemica ha avuto un
doppio effetto su Giulietto. Da un lato, in una delle tante piccole nicchie del
web in cui si discute di queste cose, si è consolidato il solito "frame" fra
chi è a caccia di conferme e vede in lui il "complottista". Dall'altro è
diventato indispensabile invitarlo in TV. Chi non capisce questo, non capisce
la TV.
E infatti Gianluigi Paragone, che di TV ne
capisce, invita Giulietto Chiesa e anche Peter Gomez.
Gomez
conferma che lui ci
tiene a rimarcare le distanze dal complottismo e che una volta che
Giulietto
gli presenterà i fatti, ne parlerà. Ma Chiesa in TV non sta più giocando
quella
partita di domande strane con cui aveva stuzzicato un piccolo segmento
del web,
scoperchiando il consueto vespaio. No, in TV gioca una partita diversa,
si
rivolge a un'audience di gran lunga più vasta, alla quale gli argomenti
arrivano
dritti senza le curve. E allora il fondatore di Pandora TV fa una sola
domanda molto precisa al direttore della versione on line del Fatto
Quotidiano, che
reclamava i fatti, e all'intera categoria dei giornalisti italioti.
Chiede a
Gomez e colleghi: come mai non avete mai raccontato questo fatto enorme,
cioè
che l'inchiesta sulla strage di Charlie Hebdo è stata bloccata con il
segreto
di Stato per decisione del ministro dell'interno francese Cazeneuve?
Panico. Il pubblico televisivo vede Gomez,
che ha fama di giornalista d'inchiesta, mentre arrossisce, farfuglia e,....
in un impeto di sincerità, ammette: "nessuno dei nostri corrispondenti me ne ha mai parlato". Ecco, bravo Gomez. Questo è il vero giornalismo italiano. Che non ha nessuno che sappia né voglia raccontare un fatto di capitale importanza che riguarda una delle più importanti inchieste europee sul terrorismo degli ultimi dieci anni: mentre i giudici indagavano su chi aveva dato le armi al defunto terrorista Coulibaly, l'inchiesta è stata fermata d'imperio là dove emergevano i rapporti tra i terroristi e i servizi segreti francesi. Manco fossimo negli anni settanta italiani.
in un impeto di sincerità, ammette: "nessuno dei nostri corrispondenti me ne ha mai parlato". Ecco, bravo Gomez. Questo è il vero giornalismo italiano. Che non ha nessuno che sappia né voglia raccontare un fatto di capitale importanza che riguarda una delle più importanti inchieste europee sul terrorismo degli ultimi dieci anni: mentre i giudici indagavano su chi aveva dato le armi al defunto terrorista Coulibaly, l'inchiesta è stata fermata d'imperio là dove emergevano i rapporti tra i terroristi e i servizi segreti francesi. Manco fossimo negli anni settanta italiani.
Cioè:
centinaia di redazioni non hanno dedicato alcun approfondimento a un
fatto che ridisegna il quadro del terrorismo europeo e mondiale. Mica è
un complotto. In fondo è
solo la vecchia storia di settori opachi dello Stato in costanti
rapporti con
la manovalanza paramilitare del jihadismo, il solito gioco di sponda di
governanti ricattati e ricattatori nell'incomprensibile biliardo degli
eccidi
terroristici. Un tavolo di gioco controllato da menti raffinate e
occulte, le
cui alleanze sono inconfessabili, gli scenari sono internazionali e le
affiliazioni sono inquietanti, strage dopo strage, guerra dopo guerra.
Il "sovversivismo dall'alto" è
implacabile, mentre il giornalismo si placa, e non sa riconoscere le
notizie. Così, perfino Il Fatto Quotidiano, che pure aveva stampato una
versione italiana di Charlie Hebdo per tenere in alto l'argomento, non
ha saputo di dove l'indagine sulla strage si sia insabbiata.
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