mercoledì 12 agosto 2020

By Gabriella Cerami x HuffPost - Addio Movimento, nasce il Partito 5 Stelle

 Screenshot post di Stefano

In pieno agosto Crimi chiama il popolo di Rousseau al voto per abbattere gli ultimi due bastioni del grillismo: doppio mandato e alleanze con i partiti tradizionali. Primi malumori, Buffagni posta Casaleggio.


Screenshot post di Stefano Buffagni

La trasformazione di Ferragosto. Nella settimana più calda dell’estate, quando gli italiani si concedono quei pochi giorni di vacanza nonostante il Covid e la crisi economica, ecco che il Blog delle Stelle pubblica il post dei post. Quello che cambia la natura del Movimento 5 Stelle e che lo rende definitivamente partito. Si voterà giovedì e venerdì. Il responso arriverà il 14 sera. Nell’afa agostana, quasi di soppiatto, il capo politico Vito Crimi chiede agli iscritti non solo di votare per derogare al limite dei due mandati per quanto riguarda i consiglieri comunali ma autorizza un consigliere anche a dimettersi per candidarsi altrove. Inoltre si chiede di dare il via libera alle alleanze con i partiti tradizionali nelle elezioni amministrative. In pratica accanto al simbolo M5s ci sarà a tutti gli effetti quello di altri partiti, si inizia con la Liguria e con il Pd. Si tratta ancora sulla regione Marche per trovare un’intesa con i dem....

Le regole cardine su cui il grillismo si è basato in tutti questi anni potrebbero essere spazzate via con un clic. Le battaglie contro la cosiddetta “casta che vive di politica” si infrangono contro il muro della tradizione partitica per eccellenza. Chi doveva cambiare il Parlamento alla fine è stato cambiato nel profondo.

Per quando il capo politico si sforzi a dire che “un eventuale cambiamento non è da intendersi come una deroga o passo indietro sui nostri principi (per noi la politica sarà sempre essere al servizio dei cittadini e del Paese e non per se stessi), ma il riconoscimento di una realtà di fatto, che può aiutarci a crescere, maturare e migliorarci”, il Movimento è comunque in subbuglio. La deroga studiata ad hoc per Virginia Raggi, all’indomani del ‘Daje’ di Beppe Grillo alla ricandidatura del sindaco di Roma, viene visto come un escamotage. E questo spiega il malcontento diffuso di queste ore. “Mandato zero? Pura ipocrisia. Il limite del secondo mandato muore con la ricandidatura di Virginia Raggi”, lo sfogo affidato all’Adnkronos da fonti pentastellate, che attaccano: “La si smetta con queste prese in giro degli elettori: dopo il mandato zero, si inventeranno il mandato meno uno?”. Molto più diretto Stefano Buffagni. “Ogni volta che deroghi ad una regola praticamente la cancelli”. Così il vice ministro M5s allo Sviluppo economico ha commentato la vicenda su Facebook, citando una frase di Gianroberto Casaleggio (di cui allega un vecchia foto insieme all’altro fondatore del Movimento 5 stelle Beppe Grillo). E ancora: “Tema mandati o alleanze con i partiti non sono un argomento da votazione a Ferragosto, ma da Stati Generali!”.

Crimi la spiega così: “Il limite dei due mandati era stato introdotto per evitare che la politica diventasse una professione, ma con il tempo ci si è resi conto di quanto fosse difficile paragonare l’attività politica che si svolge in Parlamento e nei consigli regionali, a quella che si realizza in un consiglio comunale: qui il professionismo della politica è quasi inesistente e senza un puro, sincero, spirito di servizio, è difficile andare avanti”. Perché il malcontento dei parlamentari? Perché sperano nei fatti che la deroga arrivi presto anche per loro.

E poi ancora: “Il Comitato di Garanzia – scrive Crimi - audito in merito, ha valutato le richieste provenienti dai territori e le ha ritenute meritevoli di attenzione, sia per il complesso e articolato percorso intrapreso che per la modalità partecipata con cui è stato realizzato. Tuttavia, il Comitato ritiene necessario sottoporre questa scelta al voto degli iscritti. Pertanto gli iscritti saranno chiamati a decidere sulla proposta di autorizzare il Capo Politico, sentito il Comitato di Garanzia, a valutare la possibilità di alleanze per le elezioni amministrative oltre che con le liste civiche anche con i partiti tradizionali”. Le urla “fuori i partiti dai Palazzi” sono solo un lontano ricordo. Ora i partiti sono gli alleati in campagna elettorale. Stessa coalizione, stesso palco.


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