(Maurizio Belpietro – la Verità) –
Che all’ Italia non convenga andare alla guerra con l’ Europa e subire come conseguenza l’ effetto di una crescita dello spread, lo capisce anche un bambino. Anzi, lo capisce perfino Gianni Riotta, quello che non sa che la sovranità appartiene al popolo.
Lo scontro in atto non è gratis e alla lunga è pagato con fior di interessi sul nostro debito.
Tuttavia, quale altra strada è consentita all’ Italia? Il rigore che per anni è stato imposto da Bruxelles, come cura di tutti i nostri mali? Beh, dal novembre 2011 a oggi ci siamo attenuti alle direttive dell’ Ue, la quale ha approvato e condiviso tutte le decisioni dei governi di sinistra, senza respingere mai il Documento di economia e finanza. Risultato: in sette anni abbiamo accumulato circa 200 miliardi di euro di debito in più, vale a dire oltre il 10 per cento di quello che detenevamo all’ inizio della medicina che ci è stata somministrata, cioè quando fu fatto fuori Silvio Berlusconi....
Colpa della mancata crescita o per lo meno di una crescita troppo bassa, spiegano i cervelloni che a giorni alterni si affannano in tv a illustrare le ragioni della crisi. Ma se tartassi di imposte un Paese e lo costringi a tirare la cinghia all’ infinito che crescita ci può essere? Se tu un debitore lo strozzi, in breve lo porti al fallimento...
E se per grazia non fallisce, riesce al massimo a tirare a campare. Se poi lo costringi a versare il 4 per cento del Pil, cioè 70 miliardi, per salvare altri Paesi, come può finire? È quel che ci è capitato in questi anni. Infatti, insieme ai 200 miliardi di debito in più, abbiamo 6 milioni di persone che non hanno un lavoro (è la somma dei disoccupati e degli inattivi, ovvero di coloro che un posto neppure lo cercano) e oltre 5 milioni di poveri. La cura ha insomma dispiegato i propri effetti e insistendo nella profilassi esiste la concreta possibilità che la prossima statistica ci dica che il numero di chi non ha mezzi per vivere è in aumento.
Che si fa a questo punto? Se una pillola non funziona, ma anzi provoca danni collaterali quando non aggrava la malattia, di solito si cambia medicina. Io non so se quella prescritta da Luigi Di Maio e Matteo Salvini sia davvero la ricetta giusta per risolvere i nostri mali. Come ho detto ci sono cose che mi convincono e altre che mi lasciano più che perplesso. In particolare temo che il reddito di cittadinanza rischi di produrre danni invece che sollievo, mentre fosse stato per me avrei ampliato i tagli alle tasse. Tuttavia mi rendo conto che i grillini hanno il doppio dei voti dei leghisti, oltre che il doppio dei parlamentari, e lasciarli a bocca asciutta non si può, pena la caduta del governo.
Dunque bisogna fare buon viso a cattivo gioco, cercando di portare a casa ciò che si riesce. O pensate che per tranquillizzare i mercati e i parrucconi di Bruxelles sia preferibile una bella crisi politica nel bel mezzo della riscrittura della manovra? Credete che indire nuove elezioni per stabilire se dare la maggioranza al Movimento 5 stelle oppure alla Lega (il Pd e Forza Italia a guardare i sondaggi al momento li lascerei in panchina) sia la cosa saggia da farsi per attirare dall’ estero gente pronta a comprare i nostri titoli di Stato? Ovvio che no. E allora che altro si può fare se non andare avanti, negoziando una soluzione?
Dicono i soliti intelligentoni: le regole sono regole e si devono rispettare, altrimenti si è fuori. A parte che le regole prevedono il 3 per cento di deficit e non l’ 1,6, ma siamo sicuri che la guerra all’ Italia convenga all’ Europa? Già, perché se è vero che noi abbiamo da rimetterci, anche Bruxelles corre seri rischi.
Nella peggiore delle ipotesi un nostro crac travolgerebbe l’ euro e contagerebbe probabilmente anche altri Paesi, aprendo la strada a una situazione incontrollabile. Ma anche senza immaginare scenari nefasti, dallo scontro emergerebbe l’ impotenza a governare casi come quello che stiamo vivendo. Di fatto si scoprirebbe che l’ Ue è stata fondata senza prevedere meccanismi sanzionatori per chi non si adegua e senza neppure la possibilità di espellere il reprobo dal consesso di Paesi virtuosi. Insomma, l’ architettura europea ballerebbe un po’, rischiando di venir giù in un colpo.
Traduzione, andare alla guerra vera e propria non conviene a nessuno: a noi, ma nemmeno a Jean-Claude Juncker e compagni, perché altrimenti si scoprirebbe che il re è nudo. Che i mandarini di Bruxelles debbano riflettere un po’ di più alla ricerca di un’ intesa lo ha lasciato capire il governatore della Bce, Mario Draghi, il quale, al di là delle critiche, ha dichiarato di essere fiducioso nella possibilità di un’ intesa.
Ma soprattutto, a cominciare a dubitare della strategia arrogante dei burocrati europei, sono i principali organi di stampa stranieri, dal Wall Street Journal al Financial Times, per finire a Bloomberg.
Quest’ ultima agenzia ha pubblicato un commento dal titolo: «La manovra non è così folle come potrebbe sembrare». E se il principale quotidiano economico americano spiega che i vertici Ue stanno facendo la guerra sbagliata, quello britannico, pur criticando il governo italiano, si spinge a scrivere che non tutta la manovra è da buttare.
Insomma, qualcuno comincia a tirare il freno, perché nello showdown in tanti potrebbero farsi male.
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