domenica 27 agosto 2017

Maurizio Blondet - CATTOLICI FRANCESI SU PAPA FRANCESCO E IL SUO IMMIGRAZIONISMO



  

“Becchino dell’Europa?”

“Nel nome di una sua propria concezione  del dogma ma senza dubbio chiaramente destinata a sedurre il pubblico del terzo mondo, specie africano, che ormai  costituisce il grosso dei suoi fedeli, il Papa si arroga il diritto di intimare all’Europa una sorta di  ordine “morale” di  apertura totale e senza condizioni delle sue frontiere e delle sue nazionalità a chiunque voglia venire a installarvisi.   E ciò, quali che siano le conseguenze sociali, economiche e di sicurezza d’una immigrazione di massa fuori controllo. Ci si domanda se questo Papa argentino vuol salvare  la Chiesa in Africa o in Sudamerica facendosi il becchino dell’Europa” 
(Pierre Lellouche)

“Questo papa ci mette in pericolo”...

“…Egli abolisce ogni possibilità di regolazione dei flussi migratori. Francesco inaugura così una nuova teologia mondialista mortifera per l’Europa. Il primo elemento evidente del suo discorso,  è il fatto che gli Stati sarebbero illegittimi di fronte ai migranti. Alludo a quella  frase incomprensibile che dà il primato alla “sicurezza individuale” sulla “sicurezza nazionale”.  Ma è la sicurezza nazionale che garantisce la sicurezza personale. Il papa opera dunque un rovesciamento completo che sembra un premio all’anarchia.
Questo  discorso posiziona  la Chiesa in una vicinanza dubbia ai mondialisti del transumanismo  e la mercatizzazione del mondo, che vogliono anch’essi la soppressione delle sovranità, dei confini e degli Stati (…). Egli  sembra confondere l’universalismo cattolico con il mundialismo più sfrenato. Papa Francesco propone di annullare ogni differenza tra i clandestini, gli immigrati  legali e i cittadini. Risultato: la cittadinanza appare come un concetto obsoleto di fronte al “diritto assoluto d’installazione  per i migranti”. Il multiculturalismo promosso da Francesco diverrebbe secondo lui il solo modello conforme al Vangelo. Il Migrante, con la M maiuscola,  appare  in una visione quasi cristica. Il patriottismo  diventa un peccato. Non si potrebbe essere cattolico  e patriota: è la doxa dei mondialisti.
Mai, in nessun momento, il papa  parla dell’immensa angosciamateriale, morale e spirituale dei cittadini dei paesi d’accoglienza, della loro insicurezza e del loro confronto tanto doloroso su base quotidiana con un’altra società dai costumi incompatibili.
La sollecitudine di papa Francesco è emiplegica:  anzitutto per i paesi d’accoglienza inondati, poi per  i paesi d’Africa  –  Nel suo libro “Dio o Niente” il cardinal Sarah chiede agli africani di sviluppare l’Africa e non sradicarsi.  Altrimenti saranno infelici, perché un uomo sradicato è un uomo impoverito, tagliato via dalla sua linfa e dalla sua memoria.
…Un certo capitalismo cerca braccia che siano le meno care del mondo, e il papa Francesco se n’è fatto eco. La sua posizione è incomprensibile. I secoli a venire giudicheranno molto severamente tutte le elites mondialiste che hanno sradicato popolazioni intere dopo averle ridotto in miseria.  Cosa sarà Roma domani in una Europa che non sarà più niente di quel che  costituisce la sua ricchezza? Un’Europa abbandonata alla concorrenza di  due mundialismi: il mondialismo islamico e il mondialismo edonista, che si nutrono l’un l’altro.  Oggi la questione d’Europa è elementare, e supplico il papa di guardarla in faccia: è la questione della sopravvivenza della cristianità”.
(Philippe De Villiers)

“E la ‘centralità della persona umana’ non vale   anche per i  poveri nostri?”

“Francesco scrive che  “il principio della centralità della persona umana ci obbliga a  far sempre passare la sicurezza personale sulla sicurezza nazionale”, perché “è un comandamento  della Bibbia”.  Il punto è  che non esiste alcuna sicurezza personale se le nazioni occidentali, causa terrorismo o immigrazione controllata, cadono nell’anarchia.
“Del resto la centralità della persona umana obbliga a considerar anche che i cittadini delle nazioni occidentale   hanno un diritto evidente alla sicurezza. SI aspetta invano, in tutto lo scritto papale una presa in considerazione degli interessi delle popolazioni d’accoglienza che hanno anch’esse diritto alla sollecitudine della Chiesa – e di cui gran parte vive anch’essa situazioni di grande privazione e precarietà, materiale, spirituale e morale.
L’ultimo saggio di Laurent Dandrieu
“Il papa prende posizione per la difesa dei diritti e dignità dei migranti, indipendentemente dal loro statuto immigratorio”: insomma reclama diritti uguali per i legali e gli illegali. E tra questi diritti mette “la libertà di movimento nel paese d’accoglienza, la possibilità di lavorare e l’accesso ai mezzi di telecomunicazione”:  è un premio all’illegalità. Un  attentato fortissimo ai diritti delle nazioni e della cittadinanza. Perché la cittadinanza non esiste che per consenso sulla legittimità della legge. Se si postula che la legge è fatta per essere aggirata, non c’è più bene comune possibile”:
“San Tommaso d’Aquino scrive: “è proprio della pietà rendere culto ai genitori e alla patria” e , seguendo Sant’Agostino, sancisce che si deve la carità in priorità  a coloro che ci sono prossimi per legami di snague e di cittadinanza. Leone XIII scrive che “la legge naturale ci ordina di amare di un amore di predilezione e di dedizione il paese in cui siamo nati e cresciuti”. Pio XII insegna che “nell’esercizio della carità  esiste un ordine stabilito da Dio,  per cui si deve portare un amore più intenso e fare del  bene di  preferenza a coloro cui siamo uniti da legami speciali. Lo stesso Divin Maestro diede l’esempio di questa preferenza verso la sua terra ed il suo popolo  quando pianse per l’imminente distruzione della Città santa”.
Giovanni Paolo II ha molto sviluppato questa “teologia  delle nazioni”,  nazioni che egli non vede solo come un bene politico e uno strumento al sevizio del bene  comune, ma a cui riconosce una dignità spirituale  eminente: la nazione, spiega, di tutte le comunità umane, è “la più importante per la storia spirituale dell’uomo” . Va fino ad affermare che “la fedeltà all’identità nazionale possiede anche un valore religioso”.
…Papa Francesco scrive  anche: “L’integrazione non è un’assimilazione che porta a sopprimere o dimenticare la propria identità culturale”. Il problema è che questo multiculturalismo sbocca di fatto in un rifiuto di considerare la cultura del paese d’accoglienza come una cultura di riferimento, ciò  che rende de facto l’integrazione illusoria.
Sotto la pressione dell’immigrazione di massa e l’ideologia multiculturalista, le società occidentali si riducono sempre più a una giustapposizione di comunità d’origine, di culture e religioni differenti  che si guardano in cagnesco perché mancano di un  riferimento comune,  –  parte che i vaghi sismi principi astratti, come questa “cultura dell’incontro” a  cui secondo Francesco si riduce l’identità europea. In mancanza di valori condivisi, il bene comune si riduce sempre più a  un “vivere insieme”  che è un apartheid di fatto. Ossia il contrario dello scopo cercato, ed  una catastrofe di civiltà, in preparazione tanto per i popoli europei che per le popolazioni immigrate”.

 

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