«Il mantra del no-euro, che si pretende suffragato da infinite e cogenti
riflessioni economiche, non mi ha mai convinto ...» [Paolo Bartolini]
Ho già scritto in passato sull'UE e sulle pretese di chi, sentendo di
appartenere all'area cosiddetta "antagonista", sostiene con convinzione
che il meccanismo di sfruttamento instaurato dalla finanza globale e dai
suoi centri di potere, possa essere frenato e contrastato efficacemente
mediante la fuoriuscita di singoli Paesi dall'Unione Europea e dalla
moneta unica.
Il mantra del no-euro, che si pretende suffragato da infinite e cogenti
riflessioni economiche, non mi ha mai convinto e, a dirla tutta, in esso
ravvedo l'apice di un'inconsapevolezza sistemica mascherata da
brillante coscienza di classe. Il pericolo già visibile di nuovi
fascismi - e credo sia utile che i detrattori di questa lettura delle
cose pongano attenzione non solo al sostantivo ma anche all'aggettivo
che lo precede - nonché di forme di isolamento crescenti sul piano
collettivo e individuale, mi sembra radicalmente inscritto nelle
premesse psico-sociologiche di questi ultimi trent'anni........
La globalizzazione economica, condotta in nome di una crescita
quantitativa dei profitti e dei consumi che serve solo a mascherare
l'impossibilità di uno sviluppo infinito del sistema e della sua
sostenibilità sociale e ambientale, ha intorpidito gli animi e lo
spirito critico di milioni di persone. Mentre si profilano all'orizzonte
sfide mondiali prima impensabili, soprattutto sul versante dei
cambiamenti climatici e della ridefinizione delle sfere di influenza
geopolitiche, c'è chi propone di tirarci fuori dal circolo perverso di
questa Europa e di questo euro senza tener conto delle conseguenze che
una rottura unilaterale sortirebbe nella vita concreta delle popolazioni
europee.
E se, invece, a uscire dall'Unione fossero più Stati, non si spiega
allora perché non combattere da subito per modificare insieme i trattati
e mettere sotto controllo democratico i politici mai eletti che
legiferano a Bruxelles e, soprattutto, gli istituti bancari che ci
stanno togliendo il sangue in nome di un debito impossibile da ripagare.
Più volte mi sono domandato come potessi spiegare, in pochi punti
sintetici, perché le proposte di uscita dall'Unione/Euro mi sembrano
poco convincenti e altrettanto rischiose quanto lo sarebbe una resa
incondizionata all'attuale architettura dell'UE.
È chiaro, tuttavia, che queste sono soprattutto le miemotivazioni
"profonde" (coinvolgono infatti il cuore e la mente senza che io debba
appellarmi alle pretese scientifiche di un qualunque scuola di
pensiero), ma qualcosa mi dice che non sono minoritarie tra quei
cittadini che desiderano difendere l'Europa - ovviamente non la sua
attuale conformazione politica, finanziaria ed economica, che reputo
semplicemente criminale - e il ruolo di mediatrice globale che le
compete. Ecco cinque affermazioni dirette e senza fronzoli:
1) La frammentazione sociale, morale e psichica generata nei singoli
individui e nel loro campo di relazioni quotidiane da alcuni decenni di
neoliberismo non lascia alcuna speranza all'utopia di un nuovo
patriottismo esente dagli orrori dei trascorsi nazionalismi.
2) Le condizioni di vita dei ceti popolari e medi sarebbero, quantomeno
nel breve periodo, sconvolte da un cambiamento così radicale. Aggiungere
alla crisi attuale un altro carico di tensioni e di incertezze verso il
futuro, mi sembra inaccettabile e fuori luogo.
3) La necessità di un segnale in direzione di una decrescita guidata
degli aspetti insostenibili dell'economia globale, non può essere
impostata a livello nazionale e locale, bensì richiede accordi e
prospettive politiche di più ampio respiro. Oggi tali politiche sono
difficilmente pensabili, ma nel caso di un'esplosione dell'Unione
Europea la loro stessa possibilità verrebbe a naufragare.
4) La speranza di dare nuove regole alla finanza globale (che così com'è
continuerebbe a dominare l'esistenza dei Paesi svincolati
dall'appartenenza all'Unione Europea) franerebbe in assenza di attori
mondiali capaci di portare avanti progetti di revisione radicale
dell'assetto odierno.
5) L'obiettivo di garantire la pace e di evitare la collisione violenta
tra i protagonisti emergenti e quelli in declino sul piano
internazionale, può essere perseguito solo in presenza di soggetti
ampiamente rappresentativi e capaci di negoziare.
In conclusionenon penso che questa Europa, già ferita e offesa, meriti
di essere uccisa in un letto d'ospedale. Con lei morirebbe l'ultima
speranza di una politica capace di deviare la rotta suicida del
capitalismo globale.
Che a questo non pensino le numerose forze di estrema destra che inneggiano all'uscita dall'euro non mi stupisce affatto.
Che anche a sinistra comincino a maturare posizioni simili mi sorprende
poco di più. In fondo, come dice un vecchio adagio sempre efficace, gli
estremi si toccano.
http://megachip.globalist.it/Detail_News_Display?ID=91558&typeb=0&Questa-Europa-ferita-e-offesa
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