Intervista
di RT a Gideon Levy.
L'accordo
con l'Iran non è un "errore storico", come sostiene
Benjamin Netanyahu, ma porta il disgelo con l'Iran e toglie dal
tavolo l'opzione degli attacchi militari. Lo dichiara a RT
Gideon Levy, giornalista ed editorialista per il quotidiano Haaretz.
Israele
e soprattutto Netanyahu si trovano ora sempre più isolati, e poiché
i colloqui di pace con i palestinesi non vanno da nessuna parte,
dipende da Washington se l'atteggiamento di Israele sarà tollerato o
se gli USA spingeranno Gerusalemme a porre fine all'occupazione, ha
aggiunto.....continua
Leggi anche:
Francois Hollande, il sionista di sempre.
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La Francia ha progressivamente abbandonato la sua politica d'indipendenza per stare a fianco degli USA e dell'ultimo stato coloniale. [Thierry Meyssan].......
La Francia ha progressivamente abbandonato la sua politica d'indipendenza per stare a fianco degli USA e dell'ultimo stato coloniale. [Thierry Meyssan].......
RT:
Cosa ne pensa dei commenti di Israele per bocca del Primo Ministro?
Lui sostiene che questo sia un errore storico, lei è d'accordo con
questo?
Gideon
Levy: No,
non sono affatto d'accordo, ma non sono sicuro che la mia opinione
conti. Ritengo che se si giudicano le cose con grande freddezza, la
sicurezza di Israele oggi sia in una posizione migliore rispetto a
due giorni fa, poiché questo accordo come qualsiasi altro
compromesso è stato a vantaggio di tutte le parti. Prima di tutto è
stata impedita una guerra assieme al potenziale bombardamento degli
impianti iraniani, sia da parte degli Stati Uniti sia da parte di
Israele; tutto ciò non si trova più fra le scelte sul tavolo e
questo gioca per il bene della pace, senza alcun dubbio. In secondo
luogo c'è la corsa agli armamenti: lo sviluppo del potenziale
nucleare in Iran sarà ora controllato, e questo è un bel risultato
ottenuto e, soprattutto, credo che sia molto positivo che l'Iran sia
tornato nell'alveo della comunità internazionale e non resti
isolato. Un Iran isolato è sempre più pericoloso di un Iran che sia
parte occidentale, parte orientale e parte del mondo.
RT:
A
suo avviso ritiene che il primo ministro israeliano rifletta lo stato
d'animo del paese oppure da quel che lei ha appena affermato le
appare che i sentimenti diffusi per strada in realtà possano essere
alquanto diversi?
GL:
Penso che per come la questione sia diventata una fissa
di
Netanyahu ormai da anni, qui ed ora lui si trova ad affrontare ciò
che ai suoi occhi risulta un fallimento, perfino un fallimento
personale e un fallimento storico, e io gli credo sul fatto che lui
sia totalmente sincero a questo proposito, perché crede davvero che
si tratti di una situazione pericolosa. Penso che le sue critiche
continueranno a essere ascoltate, piuttosto aggressive, piuttosto
amare, ma non credo che l'opzione militare sia davvero sul tavolo
quando il mondo intero ha dato la sua parola.
RT:
Lei
crede che gli Stati Uniti ora potrebbero tentare di convincere
Netanyahu a smorzare un po' la sua retorica?
GL:
Tenteranno,
ma non sono sicuro che lui ascolterà. E si sa che gli Stati Uniti
possono vivere anche con un cane che abbaia. Netanyahu continuerà
con i suoi attacchi, ma Israele è davvero isolato su questo. Il
mondo ha dato la sua parola, come ho detto. Non credo che questo
creerà troppi problemi , persino se viene da Gerusalemme.
RT:
Ritiene
che sarà fatto ogni tentativo per una riconciliazione tra gli Stati
Uniti e Israele su questo?
GL:
In termini personali ora si ha un bel po' di tensione per mesi tra i
due leader, il presidente Obama e il Primo Ministro Netanyahu; sul
tavolo ci sono i negoziati israelo-palestinesi, che sono totalmente
bloccati, e qui Netanyahu è in una posizione ancora peggiore, perché
è direttamente responsabile del fatto che questi negoziati non
portano da nessuna parte. E l'unica domanda ora è: che cosa deciderà
di fare Washington? Se decidono di andare avanti con l'atteggiamento
israeliano, vale a dire solo prendere tempo e non andare da nessuna
parte nel processo di pace o se gli americani diventeranno più
decisi e allora potrà davvero crearsi una grave crisi tra i due
paesi. Se il presidente americano negli ultimi anni del suo secondo
mandato davvero cercasse di spingere Israele a porre fine
all'occupazione, stavolta non solo a parole ma nei fatti, se questo
accadesse staremmo per fronteggiare una grave crisi tra i due paesi,
ma in realtà dipende da Washington molto più che da Gerusalemme.
Le
dichiarazioni e le opinioni espresse in questo articolo
appartengono esclusivamente all'autore e non rappresentano
necessariamente quelle di RT.
Traduzione
per Megachip a cura di Angela
Turusele.
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