Essere
“responsabili” significa essere consci di dovere rendere ragione delle
proprie azioni. Essere responsabili significa anche essere consapevoli
delle conseguenze della propria condotta. Perché la responsabilità è
l’esatto contrario del disinteresse.
Oggi viviamo in un mondo in cui la responsabilità viene vissuta come una
fatica. Una fatica della quale ben volentieri cerchiamo di liberarci.
Pur di sentirci liberi, spesso, quando proprio non possiamo fare a meno
di assumerci una responsabilità, preferiamo delegare agli altri proprio
quella responsabilità che noi stessi dovremmo avere: deleghiamo alla
scuola l’educazione completa dei nostri figli, deleghiamo alle
assicurazioni la nostra sicurezza, deleghiamo allo Stato la garanzia del
nostro vivere civile. E il compito di trovarci un lavoro, un reddito
che ci consenta di vivere, di non avere pensieri, di guardare la
televisione la sera, di divertirci. E deleghiamo totalmente ai politici
il compito di rappresentarci. Anche se, a proposito dei politici “è
meglio assumere un sottosegretario che una responsabilità” avvertiva
Longanesi nell’ormai lontano 1944.
Così, in questo lento ma inarrestabile processo di disinteresse, non ci
ha mai sfiorato il dubbio che responsabilità significa anche “potere di
decidere”. E che la immediata conseguenza della rinuncia a questo potere
comporta per noi l’obbligo di sottostare alle decisioni prese da
altri.......
Ad esempio, lo stesso attuale sistema elettorale (il “porcellum”) è la
clamorosa conseguenza di questo disinteresse. Infatti, al fine di
evitarci la “fatica” di scegliere i nostri rappresentanti in Parlamento,
oggi basta mettere una croce sul simbolo del nostro partito preferito:
questo perché qualcuno ha già scelto per noi chi ci dovrà rappresentare.
Evitandoci tutta quella perdita di tempo che avremmo speso per
conoscerli o per informarci su di loro. Allo stesso modo, diventano
inutili le sedi di partito nelle quali andare a discutere e argomentare:
qualcuno in versione star televisiva, mentre noi stiamo comodamente
seduti in casa davanti allo schermo, come leggendoci nel pensiero
scioglierà ogni nostro dubbio (se lo abbiamo) circa le cose più
importanti da fare. Basterà votare il suo simbolo.
Sentirci costantemente rassicurati è importante. Perché ci solleva dal
rimorso di avere scelto il disinteresse alla assunzione di
responsabilità: in ogni campo e ogni atto della nostra vita. E poco
importa se noi stessi insieme ai nostri figli, finiamo col vivere la
finzione come se fosse realtà e viceversa. Tanto che quando un figlio
commette un crimine odioso e finisce nella cronaca televisiva, i
genitori sono pronti a spiegare che il loro figlio “è un bravo ragazzo”,
che “ ha mai fatto qualcosa di male”, che “ si tratta di una
ragazzata”. Mai uno che dica: “ha sbagliato, ora è giusto che paghi”. E
tutto questo avviene perché, se ci pensiamo bene, chi non conosce la
responsabilità è sempre pronto ad assolvere e perdonare. Pretendendo che
anche gli altri facciano altrettanto.
Tutto questo ricorda la narcosi. La narcosi è “il quadro clinico
provocato da alcune sostanze (narcotici) nel quale vengono sospese tutte
le funzioni che riguardano la vita di relazione, senza che vengano
interrotte quelle della vita vegetativa” (Enciclopedia Zanichelli). Su
questa definizione possiamo convenire che siamo “un popolo
narcotizzato”: incapace di rendersi conto di quanto gli avviene intorno
perché privo di una vita di relazione costruita sulla responsabilità del
singolo nei confronti degli altri suoi simili.
Temo che la nostra vita vegetativa sia destinata a continuare nel tempo.
Almeno fino a quando non riusciremo ad aprire gli occhi e a decidere
noi: rifiutando di delegare ad altri e riappropriandoci del nostro
futuro. |
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