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martedì 26 novembre 2013

Gideon Levy: guerra e verità. La retorica di Israele(Net5anyahu) sull'Iran lo isola nel mondo

L'accordo con l'Iran non è un "errore storico", come dice Netanyahu: porta il disgelo con Teheran e toglie dal tavolo l'opzione attacchi militari. [Intervista a Gideon Levy].

Intervista di RT a Gideon Levy.

L'accordo con l'Iran non è un "errore storico", come sostiene Benjamin Netanyahu, ma porta il disgelo con l'Iran e toglie dal tavolo l'opzione degli attacchi militari. Lo dichiara a RT Gideon Levy, giornalista ed editorialista per il quotidiano Haaretz.
Israele e soprattutto Netanyahu si trovano ora sempre più isolati, e poiché i colloqui di pace con i palestinesi non vanno da nessuna parte, dipende da Washington se l'atteggiamento di Israele sarà tollerato o se gli USA spingeranno Gerusalemme a porre fine all'occupazione, ha aggiunto.....continua
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RT: Cosa ne pensa dei commenti di Israele per bocca del Primo Ministro? Lui sostiene che questo sia un errore storico, lei è d'accordo con questo?
Gideon Levy: No, non sono affatto d'accordo, ma non sono sicuro che la mia opinione conti. Ritengo che se si giudicano le cose con grande freddezza, la sicurezza di Israele oggi sia in una posizione migliore rispetto a due giorni fa, poiché questo accordo come qualsiasi altro compromesso è stato a vantaggio di tutte le parti. Prima di tutto è stata impedita una guerra assieme al potenziale bombardamento degli impianti iraniani, sia da parte degli Stati Uniti sia da parte di Israele; tutto ciò non si trova più fra le scelte sul tavolo e questo gioca per il bene della pace, senza alcun dubbio. In secondo luogo c'è la corsa agli armamenti: lo sviluppo del potenziale nucleare in Iran sarà ora controllato, e questo è un bel risultato ottenuto e, soprattutto, credo che sia molto positivo che l'Iran sia tornato nell'alveo della comunità internazionale e non resti isolato. Un Iran isolato è sempre più pericoloso di un Iran che sia parte occidentale, parte orientale e parte del mondo.

RT: A suo avviso ritiene che il primo ministro israeliano rifletta lo stato d'animo del paese oppure da quel che lei ha appena affermato le appare che i sentimenti diffusi per strada in realtà possano essere alquanto diversi?
GL: Penso che per come la questione sia diventata una fissa di Netanyahu ormai da anni, qui ed ora lui si trova ad affrontare ciò che ai suoi occhi risulta un fallimento, perfino un fallimento personale e un fallimento storico, e io gli credo sul fatto che lui sia totalmente sincero a questo proposito, perché crede davvero che si tratti di una situazione pericolosa. Penso che le sue critiche continueranno a essere ascoltate, piuttosto aggressive, piuttosto amare, ma non credo che l'opzione militare sia davvero sul tavolo quando il mondo intero ha dato la sua parola.

RT: Lei crede che gli Stati Uniti ora potrebbero tentare di convincere Netanyahu a smorzare un po' la sua retorica?
GL: Tenteranno, ma non sono sicuro che lui ascolterà. E si sa che gli Stati Uniti possono vivere anche con un cane che abbaia. Netanyahu continuerà con i suoi attacchi, ma Israele è davvero isolato su questo. Il mondo ha dato la sua parola, come ho detto. Non credo che questo creerà troppi problemi , persino se viene da Gerusalemme.

RT: Ritiene che sarà fatto ogni tentativo per una riconciliazione tra gli Stati Uniti e Israele su questo?
GL: In termini personali ora si ha un bel po' di tensione per mesi tra i due leader, il presidente Obama e il Primo Ministro Netanyahu; sul tavolo ci sono i negoziati israelo-palestinesi, che sono totalmente bloccati, e qui Netanyahu è in una posizione ancora peggiore, perché è direttamente responsabile del fatto che questi negoziati non portano da nessuna parte. E l'unica domanda ora è: che cosa deciderà di fare Washington? Se decidono di andare avanti con l'atteggiamento israeliano, vale a dire solo prendere tempo e non andare da nessuna parte nel processo di pace o se gli americani diventeranno più decisi e allora potrà davvero crearsi una grave crisi tra i due paesi. Se il presidente americano negli ultimi anni del suo secondo mandato davvero cercasse di spingere Israele a porre fine all'occupazione, stavolta non solo a parole ma nei fatti, se questo accadesse staremmo per fronteggiare una grave crisi tra i due paesi, ma in realtà dipende da Washington molto più che da Gerusalemme.

Le dichiarazioni e le opinioni espresse in questo articolo appartengono esclusivamente all'autore e non rappresentano necessariamente quelle di RT.

Traduzione per Megachip a cura di Angela Turusele.

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