I media internazionali pullulano di notizie e analisi sull’inchiesta “Midas” che sta travolgendo il cerchio magico di Zelensky: il suo finanziatore Tymur Mindich e Oleksander Tsukerman sono fuggiti all’estero, con tutta probabilità a Tel Aviv (“sono cittadini israeliani” specifica il decreto firmato da Zelensky che vara sanzioni “per tre anni” contro i due). Due figure chiave del governo di Kiev si sono dimesse: Svitlana Grynchuk e Herman Galushchenko, ministri dell’energia e della giustizia.
Ma tra fotonotizie dei gabinetti d’oro e delle pile di banconote trovate a casa di Mindich, reazioni dei leader internazionali (ieri Merz ha chiamato Zelensky chiedendo “determinazione nella lotta alla corruzione e riforme dello stato di diritto”), previsioni sulle prossime teste che l’inchiesta potrebbe far saltare (ci sarà anche quella di Zelensky?), manca un aspetto cruciale: chi controlla le agenzie Sabu e Sapo che stanno terremotando l’establishment ucraino?
“C’è un solo potere che può decidere se giustiziare o perdonare i suoi bastardi. E quello è a Washington, DC. Da lì soffia il vento gelido”, ha scritto in uno dei suoi caustici post Dmitry Medvedev. Si tratta solo di una delle affermazioni al vetriolo a cui ci ha abituato l’ex presidente russo oppure c’è un fondo di verità? Le due agenzie anti-corruzione ucraine, come dichiarato sul loro stesso sito, vennero fondate su richiesta della Commissione UE e del FMI nel 2015 (subito dopo i fatti di piazza Maidan) dall’allora presidente Petro Poroschenko. Nel 2016 hanno ratificato un memorandum di collaborazione con l’FBI. Un post pubblicato su Facebook nel 2023 dal profilo ufficiale dell’agenzia NABU lo afferma esplicitamente.
Gli attuali sviluppi dell’inchiesta Midas sono stati anticipati dal quotidiano Ukrainska Pravda lo scorso 6 novembre. In un articolo incentrato sull’ormai ex sodale di Zelensky, pubblicato prima delle perquisizioni nei suoi appartamenti e della fuga in Israele, il quotidiano ucraino ha scritto: “secondo le fonti dell’Ukrainska Pravda nell’establishment politico degli Stati Uniti, l’FBI ha iniziato a interessarsi alle attività di Mindich”. Sui rapporti tra le agenzie anti-corruzione e l’FBI è recentemente intervenuta un’altra testata ucraina considerata molto informata, la ZN.UA. In un articolo apparso lo scorso 12 novembre si legge: “ieri i detective della NABU hanno tenuto una riunione con un nuovo ufficiale dell’FBI che coordina la cooperazione in tutte le indagini della NABU, l’incontro ha riguardato il caso di Timur Mindich, imputato nell’operazione Midas”. Lo stesso articolo prosegue specificando che un ufficiale dell’FBI lavora in pianta stabile “nell’edificio NABU e comunica quotidianamente con gli investigatori”. “Dopo l’arrivo dell’amministrazione di Donald Trump, c’è stata una breve pausa tecnica”, nella collaborazione tra NABU e FBI “ma dopo la visita del direttore della NABU Semen Kryvonos negli Stati Uniti e il suo incontro con il vice direttore dell’Fbi, il documento [memorandum di collaborazione] è stato ri-firmato”.
Ce n’è abbastanza non solo per affermare che l’FBI era a conoscenza in anticipo dell’inchiesta delle agenzie anti-corruzione, ma che possa aver svolto un ruolo anche nel promuoverla. L’attuale direttore dell’FBI Kash Patel, durante la prima presidenza Trump è stato assistente parlamentare alla Commissione Intelligence della Camera dei rappresentati, svolgendo un ruolo chiave nello smontare l’inchiesta sul RussiaGate, poi rivelatasi falsa. Lo stesso Kash Patel ha criticato più volte il coinvolgimento statunitense nella guerra in Ucraina: lo scorso 2 marzo si è rivolto al Congresso invocando un’indagine su dove fossero finiti i “soldi dei contribuenti americani inviati in Ucraina”. In quella stessa occasione ha inoltre criticato Volodymyr Zelensky per essere salito “sul palcoscenico mondiale dichiarando che la Russia aveva lanciato un missile sulla Polonia, il che avrebbe costituito un atto di guerra. È poi emerso che la Russia non ha lanciato alcun missile”.
E’ un’ipotesi plausibile che dietro le inchieste che stanno facendo tremare Zelensky ci sia proprio la Casa Bianca: dalla prima visita del presidente ucraino a Washington, avvenuta lo scorso 28 febbraio e finita con un clamoroso scontro di fronte ai media di tutto il mondo, fino all’ultima del 17 ottobre, durante la quale Donald Trump ha negato l’invio dei missili Tomhawk in Ucraina, i rapporti tra l’attuale amministrazione USA e il presidente ucraino sono stati tutt’altro che idilliaci, e un’inchiesta per corruzione potrebbe essere il modo più indolore per sbarazzarsi dell’attuale presidente ucraino.--
Nessun commento:
Posta un commento