(Fabio Martini per la Stampa) –
È una curiosa riunione che sfugge a qualsiasi etichettatura. Non è strettamente di «corrente» e tantomeno si può ascrivere al «reggente» del Pd Maurizio Martina. Ma questa mattina, alle 10,30, nell’ attico del Nazereno di solito riservato alla Direzione del Pd, si svolgerà un incontro nel quale alcuni tra i personaggi più influenti che vengono dal mondo Ds (il promotore Gianni Cuperlo, il ministro Andrea Orlando e lo stesso Martina) si confronteranno col ministro dello Sviluppo economico Carlo Calenda, iscritto da pochi giorni al partito e che, col suo profilo liberal e arrembante, si trova già al centro delle attenzioni di tanti.
Nel diluvio di retroscena sui giornali che di solito accompagnano l’ escalation di personalità emergenti, di recente è stata attribuita a Calenda l’ ambizione di correre per la segreteria del Pd, una tentazione palesemente prematura che lui ha prontamente smentito. L’ invito rivolto contemporaneamente a Calenda e a Martina sembra alludere a qualcosa di diverso, ad una possibile futura divisione dei compiti: al partito un segretario più identitario e invece in corsa per Palazzo Chigi un personaggio capace di «parlare» ad un elettorato più largo. Si allude già ad un ticket Martina-Calenda?...
Siamo ancora alla stagione dei preliminari, degli assaggi, delle prime mosse per provare a ricostruire un partito ammaccato e dunque non esistono piani già definiti. E infatti Gianni Cuperlo mette le mani avanti: «Dinanzi alla valanga del 4 marzo ripartire dai nomi non aiuta. Non è quello che i tempi ci chiedono.
Non è ciò che serve per rialzarsi dalla sconfitta peggiore della nostra vita». Eppure è proprio Calenda a proporre un indizio in più: «Non so se questo sistema del segretario candidato leader, che è una cosa molto del maggioritario, proseguirà…».
Ma se questo non è ancora un organigramma, è sicuramente uno schema di gioco. A due punte. Con un sistema elettorale che potrebbe tornare maggioritario e con due leader «tosti» da fronteggiare come Salvini e Di Maio, al Pd servirà un frontman e proprio Calenda sembra avere la taglia giusta per questo tipo di sfida. Certo, proprio lui dice che «il candidato naturale alla presidenza del Consiglio dovrebbe essere Paolo Gentiloni». Ma sarà interessato?
Nelle ore seguite all’ annuncio di Renzi delle dimissioni congelate, anche Gentiloni si è mosso per scongiurare uno scenario che rischiava di paralizzare il Pd, ancorandolo al leader uscente. Ma come Gentiloni intenda muoversi nei prossimi mesi nessuno lo sa, il premier (come Graziano Delrio) non intende ricoprire ruoli operativi. Un primo tornante, nella nuova governance del partito, potrebbe riguardare la presidenza dell’ Assemblea nazionale, o una presidenza onoraria. Ieri ha cominciato a circolare – ma non per iniziativa del diretto interessato – il nome di Walter Veltroni. Per il momento l’ ipotesi di un tridente Martina-Calenda-Veltroni dunque è soltanto una suggestione.
Anche perché il complicato dopo-Renzi procede a tappe.
E la prima riguarderà le presidenze dei gruppi parlamentari. Passaggio che si preannuncia cruento. Per due ragioni.
La prima, squisitamente materiale: con il collasso delle finanze di partito, i gruppi parlamentari rappresentano ancora un canale economico importante. La seconda è politica. La «militarizzazione» delle liste avrebbe dovuto garantire agli amici di Renzi un controllo maggioritario dei Gruppi, ma dopo i primi carotaggi informali è trapelata un’ indiscrezione: i renziani doc non avrebbero la maggioranza in entrambi i rami, una diceria talmente clamorosa da meritare un’ ampia tara.
Per il Pd la tappa decisiva resta quella di metà aprile, quando l’ Assemblea nazionale è chiamata a decidere come avvicinarsi al congresso. Se, come pare probabile, si arriverà ad una cooptazione, Maurizio Martina appare in pole position. Se invece si deciderà per un’ investitura popolare, con annesse Primarie, potrebbe essere della partita anche il segretario dei Radicali italiani Riccardo Magi, che ha annunciato: «Ho deciso di candidarmi alla segreteria del Pd, per renderlo più coraggioso, più liberale, più laico, e democratico».---
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