sabato 16 luglio 2016

Simone santini - Lo 'Stato profondo' attacca la Francia



Perché la Francia? Quale sentimento profondo radicato nella psicologia delle masse si vuole aggredire e far reagire? Quale dinamica socio-politica si vuole sfruttare?
di Simone Santini.

All'indomani del massacro di Nizza è ancora più necessario comprendere quali siano gli obiettivi e le strategie di lungo termine delle centrali del terrore. Il terrorismo non si muove mai lungo direttrici irrazionali. Categorie come"vendetta" o "odio" possono essere necessarie a mobilitare o convincere singoli individui al martirio, ma non fanno parte, se non in maniera molto limitata, della forma mentale di chi tali strategie pianifica e porta avanti con archi temporali di anni o addirittura decenni.

Si può fare l'esempio del terrorismo politico degli anni '70 in Italia. La stagione conosciuta come "strategia della tensione", con i suoi vari addentellati, fu la risposta alle istanze di cambiamento sociale e politico che venivano da ampi settori della società italiana, potenzialmente rivoluzionarie, per renderle inerti e inglobarle nel sistema.
Così, attraverso l'innesco degli "opposti estremismi", si ottenne il risultato di terrorizzare e compattare verso una sorta di centro governativo i ceti medi e popolari; siistituzionalizzava il Partito comunista fino a farlo diventare il più insormontabile bastione della tenuta "democratica" del sistema stesso, scacciando appunto fuori da esso tutte le possibili tentazioni anti-sistema; si spingevano ai margini estremi le istanze considerate più pericolose lasciandole a gruppi fanatici e irrilevanti....
Sullo sfondo la necessità ultima di consolidare e preservare un impianto di potere nazionale e, soprattutto, internazionale (la divisione in blocchi della guerra fredda) che proprio in Italia, per la sua straordinaria e peculiare composizione sociopolitica, aveva un possibile punto di rottura.

Le centrali terroristiche che pianificano tali strategie di amplissimo respiro, composte da "menti raffinatissime", si annidano nei gangli fondamentali degli Stati, vi lavorano nell'ombra e quasi mai sono composte da quella nomenclatura politica, più o meno transitoria, che sta in superficie (con essa può entrare anzi in conflitto, specie nelle fasi di transizione).
Non a caso si è elaborata la definizione, per queste centrali, di "Stato profondo", uno Stato non legato a dinamiche democratiche, che occupa stabilmente le sue posizioni di potere attraverso modelli di cooptazione, autosufficiente per mezzi e conoscenze, capace di influenzare, intimidire, ricattare il ceto politico ed economico, e che risponde e si confronta con logiche di potere internazionale e sovranazionale. 

Tali strutture, attraverso i servizi di sicurezza statali, riescono a infiltrare e utilizzare gruppi militari ideologizzati o criminali. I servizi ufficiali possono essere "deviati" nella loro azione, si possono creare organismi paralleli o occulti,"zone grigie" in cui diventa indistinguibile l'azione legittima di intelligence da quella antidemocratica.
Gli stessi rapporti tra le centrali e i gruppi terroristici avvengono soprattutto con il metodo della "etero-direzione" per cui tali gruppi, quanto meno ai livelli operativi, non hanno mai la percezione di un controllo.
Agenti provocatori, infiltrati, catene di comando sufficientemente lunghe affinché si perda il contatto tra chi concepisce una azione e chi la esegue. Non sempre si ha, poi, un ordine diretto. Molto più spesso si creano condizioni favorevoli, si suggeriscono obiettivi, finché cellule di fatto autonome o addirittura "lupi solitari" non passano all'azione.
Nel caso francese, dagli attentati di Tolosa di Mohammed Merah nel 2012, attraverso Charlie Hebdo, il Bataclan, fino agli attentati di Bruxelles, si sono avuti bagliori di questi contatti, di diversa entità, tra gli attentatori e livelli di direzione superiori, collegati più o meno direttamente con apparati di sicurezza ufficiali. Non sappiamo ancora molto sull'esecutore dell'eccidio di Nizza, ma non ci sarà da stupirsi se, nei prossimi giorni, emergeranno "stranezze" sul suo conto.

Per raggiungere al meglio i loro scopi, queste centrali non creano mai dal nulla tendenze politiche o sociali, ma sfruttano quelle già esistenti nelle società di riferimento. Le amplificano o le mortificano, a seconda delle convenienze. Creano le condizioni favorevoli affinché tali tendenze, del tutto spontanee e spesso sostanzialmente autonome, si consolidino e si affermino, oppure vengano ostacolate e respinte. Tali centrali maneggiano perfettamente la psicologia delle masse. La plasmano e la dominano.

Oggi la prima domanda da porsi è la seguente: perché la Francia?
E poi: quale sentimento profondo radicato nella psicologia delle masse si vuole aggredire e per ottenere quale reazione?
E quindi: quale dinamica socio-politica in corso in Francia si intende sfruttare e quali risultati si vogliono raggiungere?

In Francia lo "Stato profondo" ha a disposizione un piccolo esercito di islamisti fanatizzati. Non sono fondamentalisti islamici in senso classico, ma, piuttosto, dei balordi, dei disadattati sociali o piccoli criminali, cittadini francesi di seconda o terza generazione di origine araba che assumono gli stilemi dell'Islam più retrivo e feroce come riscatto esistenziale.

Lo Stato profondo consente agli ascari jihadisti di attaccare la Francia. Il bersaglio è la coscienza del popolo francese. Si intende sollevare un moto di reazione furente contro il mondo "altro", in questo caso musulmano, aizzare l'odio che fa da contraltare a paura e impotenza. Allo stesso tempo si vuole determinare una reazione contro l'establishment. La coscienza dell'uomo medio, specie se così fortemente sollecitata, non percepisce le sfumature ma solo il bianco e il nero. Scatta una potente dinamica identitaria di "noi" e "loro". Si mescolano razzismo etnico o religioso-culturale, xenofobia, sciovinismo, recriminazione verso le istituzioni per non avere garantito la sicurezza, ribellione al potere costituito (le caste dei politici parassiti e affini). È una manipolazione sociale che non attecchisce su ogni strato della popolazione, ma solo su alcuni ben determinati, quelli che servono al progetto.

Qui si inserisce l'ulteriore elemento, la dinamica politica in atto in Francia, che può ben essere, di per sé, del tutto spontanea, indipendente, ed estranea all'azione dello Stato profondo. Il Front National di Marine Le Pen sta dilagando nelle fasce popolari, anche in quelle che furono storicamente di "sinistra", ma anche nei ceti medi conservatori impoveriti dalla crisi e dalla globalizzazione.Lo Stato profondo prende a schiaffi questo "popolo", lo scuote e minaccia e lo spinge in braccio al Front National, senza che il partito debba necessariamente avere un ruolo nella regia o nella attuazione di questa "strategia della tensione" transalpina.
Si entra così in una nuova fase, in un nuovo ordine, o, meglio, in un caos da riordinare. Ciò che era impensabile fino a qualche anno fa ora diventa possibile. Non è più vergognoso votare il Front National, non è più scandaloso che Marine Le Pen diventi presidente.

L'Unione europea ha fatto il suo tempo, non serve più. Le élite sovranazionali "imperiali" (a cui gli Stati profondi rispondono) hanno come architrave strutturale del proprio potere la divisione politica ed economica dell'Europa continentale (cioè da Lisbona a Mosca). Nell'età contemporanea a tale scopo è servita, per quasi mezzo secolo, la "cortina di ferro".
Poi, durante un ventennio di transizione, l'Unione europea con il suo allargamento verso oriente, è stata la gabbia dorata (per la Vecchia Europa) o l'illusione (per la Nuova Europa) dentro cui neutralizzare le istanze di autodeterminazione, sovranità e indipendenza dei popoli europei. Ma il laboratorio non ha tenuto.
La convergenza naturale dovuta alla strutturale e straordinaria complementarità fra mondo germanico e mondo russo porta ad un'inarrestabile e fatale (dal punto di vista imperiale) ricerca di coesione. Non sono sufficienti le transitorie turbolenze politiche artatamente create (come in Ucraina) a scongiurare il pericolo. Serve una nuova fase, epocale.

Il programma elettorale di Marine Le Pen prevede la fine dell'euro e l'uscita della Francia dall'Unione. Un minuto dopo l'Unione europea sarebbe dissolta. La Francia avrebbe anche una nuova collocazione geopolitica, più vicina alla Russia e molto meno atlantica.  Si andrebbe a porre in netta contrapposizione con il mondo germanico anche dal punto di vista economico e ricreerebbe quelsolco storico che è esistito nei secoli e che nel corso del XX ha provocato anche due guerre mondiali. L'Europa tornerebbe a spezzarsi e dividersi nel suo stesso cuore.La Germania per non perdere posizioni verso l'asse franco-russo non potrebbe che rispondere alle sirene dell'Impero atlantico, dismettendo completamente le sue ambizioni di autonomia.

Sono scenari che potranno avere accelerazioni o sommovimenti carsici, che potremo vedere realizzarsi compiutamente, nei loro vari aspetti, in pochi anni come in decenni. Ma se è proprio questa la direzione che è stata impressa alla storia, allora i popoli europei sono destinati ad essere solo ignari strumenti nelle mani di élite ferocissime? No, in realtà. Dalla consapevolezza possono scaturire opportunità inaspettate.

Stiamo certamente assistendo ad una transizione epocale che coinvolgerà e sconvolgerà l'Europa. La dissoluzione dell'Unione europea, che qui abbiamo vaticinato, può anche essere volta a un percorso di autodeterminazione e nuovo rinascimento. Lo Stato profondo e le élite sovranazionali non sono infallibili e possono anche essere, al loro interno, divise. Dinamiche possono sfuggire al controllo e ritorcersi loro contro.
Che il popolo francese voti pure Marine Le Pen, se vorrà farlo. E i francesi escano pure dall'Unione, decretandone la fine, se vogliono. Ma non lo facciano in preda alla paura, lo facciano con consapevole, fiera, onesta determinazione. Solo in questo modo i popoli possono sconfiggere lo Stato profondo.---------



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