Dalla rivoluzione popolare per
rovesciare la dittatura di Bashar Assad alla lotta partigiana contro
l’occupazione della Siria da parte dei russi assieme all’Iran e alle
milizie sciite. Differiscono per enfasi e dettagli le reazioni
dell’opposizione siriana all’intensificarsi delle operazioni militari
russe delle ultime settimane, ma nella sostanza concordano su di un
punto: la superiorità bellica degli avversari è divenuta tale che
occorre passare dalla guerra aperta alla guerriglia; non più pretendere
di controllare il territorio, bensì organizzarsi in cellule pronte a
colpire e sparire tra una popolazione che in larga maggioranza resta
ostile al regime di Damasco.
Speranze negate
«Siamo
stati abbandonati dai nostri alleati. Gli aiuti forniti dagli Stati
Uniti, la Nato e in generale il fronte anti-Assad, sono irrisori
rispetto al sostegno che Mosca, Teheran e le milizie sciite regionali
garantiscono alla dittatura criminale che domina a Damasco. È una
situazione ben triste....
Noi, che incarnavamo le speranze per una Siria
democratica, siamo stati accusati di simpatizzare per Isis e il
terrorismo jihadista. Vince la dittatura contro la democrazia e voi
occidentali ne siete complici. A parole l’Occidente e il mondo libero ci
hanno incoraggiato. Salvo alla prova dei fatti lasciarci soli. Oggi le
poche armi e munizioni che arrivano ai nostri gruppi sono nulla rispetto
a ciò che invia Mosca», sostiene il 50enne ex alto ufficiale
dell’esercito siriano Abdul Jabbar Akidi incontrato sabato sera nel suo
ufficio a Gaziantep. Una figura nota. Akidi era colonnello nelle prime
fasi delle rivolte cinque anni fa, quando decise di disertare per unirsi
a coloro che «volevano portare la libertà nel nostro Paese». Per due
anni ha comandato con il grado di generale il nuovo Esercito Siriano
Libero, sino al novembre 2013, quando si è dimesso «per protesta contro
le troppe divisioni interne». Da allora resta però uno dei militanti più
attivi e molto consultato degli esperti militari. «Ovvio che i nostri
uomini non hanno la capacità di fronteggiare sul campo i jet russi e
neppure le addestrate e ben equipaggiate formazioni di Guardie della
Rivoluzione iraniana o di Hezbollah libanesi e sciiti iracheni. Però
possono darsi alla macchia, colpire e dileguarsi. La stragrande
maggioranza dei siriani è con noi. I russi e gli iraniani non potranno
restare nel Paese per sempre. Dalla rivoluzione alla lotta di
liberazione: faremo in modo di rendere la loro permanenza difficile. E
alla fine Assad si rivelerà per quello che è: un burattino a capo di una
struttura dissanguata, minoritaria».
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