Marco Tosatti
Cari amici e nemici di Stilum Curiae, ecco la seconda parte dello studio che Arrendersi All’Evidenza – che ringraziamo di cuore – ha compiuto e offre alla vostra attenzione sugli aspetti biologici di quanto stiamo vivendo in questi anni. La prima parte è stata pubblicata ieri. Buona lettura.
Seconda parte (come finisce la partita? Soprattutto: come andrà il campionato, a lungo termine?)
VIRUS E VACCINO: LORO IMPATTO ALLA LUCE DELLE VIE METABOLICHE INTERESSATE
Lo sviluppo virale normalmente avviene inizialmente nella mucosa delle vie aeree superiori, per proseguire nelle vie aeree inferiori e nella mucosa gastrointestinale. Nel caso del coronavirus la proteina S (spike) consta di due subunità: la S1 aggancia i recettori ACE2 determinando una modificazione nella S2 che può fondersi nella membrana cellulare e determinare, attraverso due specifiche proteinasi, l’entrata del virus nella cellula. Nel citoplasma l’mRNA virale fa riprodurre il virus alla nostra cellula, moltiplicando l’infezione.
Il nostro organismo è un meraviglioso ed integratissimo sistema di acceleratori, frizioni e freni, perfettamente funzionante finché non intervengono squilibri che spingono troppo su un pedale piuttosto che un altro, specie se accade a sproposito. Ognuna delle sostanze descritte ha un’emivita, cioè una durata, durante la quale il suo effetto prevale sulla sostanza complementare prima che il tempo rovesci lo sbilanciamento.
E’ stato dimostrato che chi ha il Covid-19 presenta un’aumentata espressione dei recettori ACE2 a livello endoteliale e polmonare. L’effetto del legame tra il virus e il recettore ACE2 della cellula umana consiste in una sottoregolazione o downgrading dei recettori ACE2.
Nelle mucose respiratorie i bambini e i giovani hanno meno ACE2 degli adulti e questo spiega perché il Covid-19 sia poco pericoloso a quell’età, mentre il vaccino lo resta per tutte le altre interazioni in altre parti del corpo. Anche la donna (tranne in gravidanza) ha meno ACE2 dell’uomo (la mortalità femminile è più bassa).
Il downgrading dell’ACE2 compromette l’inattivazione della bradichinina, il neurotrasmettitore nonapeptidico naturale che agisce anche nella regolazione della pressione del sangue (aumenta la vasodilatazione arteriolare, incrementando il flusso ematico locale; aumenta la permeabilità vascolare, a livello dei capillari; favorisce la formazione di edemi e l’ipotensione) ed è sintetizzato localmente in grandi quantità durante i processi flogistici. La bradichinina e il suo derivato des-Arg9-bradichinina (il DABK), il cui precursore è il bradichininogeno, sono diffusamente presenti nel sangue e in vari tessuti. Il bradichininogeno è precursore anche della callidina, dagli effetti simili alla bradichinina.
Lo squilibrio nella regolazione del sistema a cascata biochimica della bradichinina inizialmente era stato tra i meno indagati nel cercare di capire la patogenesi da Covid-19. L’interazione con i recettori ACE2 nel senso di sottoregolarli è comune a molte vie biochimiche che conducono a fenomeni infiammatori di elevata entità.
L’inibizione dei recettori ACE è nota come via per regolare la pressione sanguigna, agendo sul sistema renina/angiotensina. L’inibizione del recettore ACE provoca un microangioedema per eccessiva attivazione del recettore 2 della bradichinina. Invece il recettore ACE2 ha effetto sull’inattivazione della des-Arg9-bradichinina (DABK) proteggendo il polmone dall’edema specialmente quando è compresente uno stato infiammatorio. L’inattivazione dell’ACE2 comporta ancora un peggioramento del quadro dovuto al sistema bradichininico. Una persona positiva al virus può trasmettere il contagio in dipendenza di alcune circostanze:
-l’entità elevata della carica virale e il tempo/tipo di contatto.
Il contagio naturale attraverso la proteina spike (S) del virus (soggetta a mutazioni) può determinare uno stato di malattia di gravità variabile in funzione di fattori quali:
-la situazione immunitaria e le caratteristiche genetiche dell’organismo ricevente.
Tralasciamo ogni polemica sull’origine del virus, sull’esistenza di cure alternative al vaccino per gli effetti patologici e le perplessità su tempi e modi attraverso i quali i vaccini sono stati realizzati, testati ed approvati.
Il vaccino mRNA ripropone la presenza della proteina S anche in distretti dove il virus farebbe fatica ad arrivare. La proteina S però viene codifica attraverso un’istruzione modificata (metilpseudouridina invece dell’uracile) e veicolata da nanolipidi cationici per impedirne l’immediata distruzione immunitaria. La scelta di puntare sui vaccini pone una serie di questioni alle quali i virologi non hanno dedicato molta attenzione. Quanta proteina spike facciamo produrre con una dose? Quanto tempo dura la produzione indotta dall’istruzione genica? Dove avviene? Per quanto tempo avremo anticorpi efficaci contro il Covid-19? Chi garantisce che non ci sia una retrotrascrizione nel DNA? Che cosa provoca la spike vaccinale non naturale?
Gli anticorpi prodotti verso la proteina S vaccinale non sono più aggiornati alle proteine S delle varianti virali esistenti: alla ovvia perdita di efficacia nel tempo si assomma una minor specificità per il virus ora circolante.
Mentre il virus naturale ha una proteina S che va sui recettori ACE2 mediando sia l’infezione, sia la risposta anticorpale immunitaria, sia gli altri effetti (per lo più negativi) sui vari recettori, il vaccino mRNA determina la produzione di una proteina S che origina:
-da un lato gli anticorpi per impedire un’infezione la cui pericolosità dipende essenzialmente dal mancato controllo terapeutico dei vari sbilanciamenti ora noti
-dall’altro purtroppo anche un rischio di avere gli effetti collaterali negativi dovuti alla spike stessa.
L’asserita efficacia vaccinale presta il fianco all’evoluzione del virus, alla dannosità della proteina S con l’effetto di downgrading sul recettore ACE2 e sui meccanismi biosintetici descritti ad esso correlati.
Tutto questo anche in coloro che non si sarebbero contagiati o avrebbero tranquillamente fatto fronte al contagio con l’immunità naturale, più durevole ed efficace ( http://www.opensourcetruth.com/natural-immunity-97-effective-against-severe-covid-19-after-14-months-study/ )
Un aumentato rapporto tra ACE e ACE2 (ACE/ACE2 ratio) ha un ruolo determinante nella differente gravità della sindrome e anche negli effetti collaterali dei vaccini mRNA sperimentali. Un aumento del rapporto (riduzione ACE2) può dare anche danni renali in chi era già predisposto: molti anziani con altre comorbilità sono morti per insufficienza renale.
L’espressione genetica individuale gioca un ruolo importantissimo, vista la vastità dei meccanismi coinvolti. Somministrare a tutti la stessa cura, senza prevedere cautele, è assurdo e pericoloso. Lo studio citato (Oak Bridge con Summit IBM) ha svelato il ruolo della bradichinina dall’incrocio dei dati individuali. La maggior mortalità per cause vascolari è presente in chi mostra una maggior attivazione dei recettori B1 e B2 sensibili alla bradichinina e suoi derivati. Il microangioedema provocato dalla risposta localizzata nei distretti con più alta espressione dei recettori ACE2 dipende dalla loro sottoregolazione: negli alveoli genera una sorta di annegamento del malato nei liquidi riversatisi a causa di questi processi, rendendo inutile l’apporto di ossigeno in tali condizioni; nel cuore e nei vasi si hanno lesioni e trombi; la pancreatite dà iperglicemia etc.
L’errore principale, scoperto con ritardo anche per l’iniziale mancanza di autopsie, è dipeso dal considerare la sindrome da Covid-19 una patologia respiratoria pur non essendolo. Si tratta di un danno multiorgano, basato su fenomeni infiammatori, colpevolmente trattati in ritardo e consigliando la tachipirina, che è debolmente antinfiammatoria e consuma il GSH (il glutatione), un potente antiossidante.
I medici che hanno curato la prima ondata di malati si sono concentrati su un’apparente sindrome respiratoria per accorgersi solo dopo qualche tempo dell’impatto sul cuore e gli arti inferiori. Intubare non sarebbe stata la miglior scelta nella stragrande maggioranza dei casi: il paziente non migliorava, non reagiva ai protocolli per il trattamento delle crisi respiratorie; paradossalmente, fra chi era rimasto a casa senza ricovero ospedaliero, gli esiti erano persino migliori. Dopo l’infezione da Covid-19 gli ACE2 si internalizzano nella membrana cellulare, e quindi la bradichinina si degrada di meno, aumentando i suoi effetti.
L’esito dell’infezione virale, in particolare dell’azione sui recettori ACE2 (presenti in gran numero sulle mucose del naso e della bocca, ma anche nell’intestino, nel cuore e nei polmoni) è quello di causare una dilatazione locale (una sorta di shock come quando si è punti da una vespa) e un edema che fa “annegare” il paziente nei propri alveoli che si riempiono di un gel: somministrare ossigeno e sedativi per intubare ha solo peggiorato le cose. Il terrore seminato dalla strage degli intubati ha spostato tutta l’attenzione sulla paura di un contagio virale ritenuto mortale e non sul controllo del meccanismo che porta questo contagio a trasformarsi in un pericolo. Ad uccidere è la degenerazione dei sintomi, tanto più nei soggetti che sono a rischio di vederli sviluppare con la maggior gravità. Non siamo tutti uguali: differenze geniche individuali spiegano i diversi esiti in situazioni apparentemente simili, ma non equiparabili.
Il vaccino sperimentale mRNA, rivelatosi inefficace e pericoloso, si sta rivelando un approccio forzato che mette a repentaglio la salute di persone che non avrebbero assolutamente avuto problemi dal contagio e che invece possono scontare effetti collaterali dati da circostanze geniche specifiche. Curare inizia dal capire.
Arrendersi All’Evidenza
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