sabato 8 luglio 2017

Il DucettoRenziPd "stroncato" dal fedelissimo renziano Claudio Velardi : “Non ti reggo più, calembour e banalità. Sei fermo al 4 dicembre”

Renzi, anche il fedelissimo Claudio Velardi lo stronca: “Non ti reggo più, calembour e banalità. Sei fermo al 4 dicembre”

Lo spin doctor ed ex consigliere di Massimo D'Alema, molto vicino al segretario dem, scrive due post nei quali si dice "infastidito" da linguaggio e la comunicazione, "sermoncini da renzismo depresso", usati negli ultimi sei mesi. "Devi cambiare dentro - ammonisce - altrimenti all’appuntamento con il 2018 ci arriverai sfiancato come un vecchio ronzino".

“Matteo, non ti si può più ascoltare”. Alla fine anche il fedelissimo Claudio Velardi, mestiere spin doctor e politologo, ha ‘spento’ il pc. Come se non bastassero i fuorisciti dal Pd, i leader della minoranza interna, il risveglio di Dario Franceschini e i distinguo dei padri fondatori dem Walter Veltroni e Romano Prodi. Adesso anche gli esperti di marketing politico – che lo hanno sempre sostenuto e difeso – sotterrano il linguaggio usato dall’ex premier, gli esempi, i giochini di parole, l’eterno rivendicare i successi e derubricare le sconfitte.
Con un post sul suo blog – poi duplicato per chiarire e approfondire il suo pensiero – Velardi, tra l’altro ex consulente di Massimo D’Alema, ha demolito “perché gli voglio bene” la comunicazione del segretario del Pd risalendo fino all’origine di tutti i mali: l’orologio biologico “drammaticamente bloccato al 4 dicembre 2016“, giorno del Referendum costituzionale e un modo di parlare che non funziona più. Ma per cambiarlo, ammonisce Velardi, “devi cambiare testa”...

E scatta l’istantanea degli ultimi sette mesi, nitida. Perché mentre dopo il referendum costituzionale tutti pensavano che Renzi si sarebbe inabissato per poi tornare, è di fatto rimasto in sella. Rilancio dopo rilancio. Invece, consiglia lo spin doctor, “devi metterti a studiare invece di agitarti freneticamente pensando solo a giornali e colleghi di partito (perché sei tu che pensi ossessivamente solo a loro!), devi riflettere sul mondo che continua a cambiare”. Il problema, però è che l’orologio biologico di Renzi è “drammaticamente bloccato al 4 dicembre 2016 (e non voglio pensare alla discussione che si aprirà sul tuo libro, e sulle polemiche tutte rivolte all’indietro che dovremo sorbirci)”. Altrimenti, la sconfitta è dietro l’angolo: “All’appuntamento con il 2018 ci arriverai sfiancato come un vecchio ronzino“. Per questo “devi cambiare dentro, e rapidissimamente”.
E come può avvenire questo cambiamento? “Se metabolizza la grande sconfitta del 4 dicembre, capisce razionalmente che è cambiato tutto da allora, e si colloca – emotivamente, umanamente – su una nuova lunghezza d’onda”, spiega Velardi nel secondo post. Ma può accadere solo se è “pacificato” con sé stesso e “questo non so dire quanto lo sia”. Quindi Velardi entra nel merito: “Che lui torni compulsivamente sulle cose buone fatte dal suo governo non serve. Il giudizio è consegnato inesorabilmente al passato. Avrebbe potuto giocarsi la carta solo legando fortemente i suoi tre anni con il governo Gentiloni, per poter dire a fine legislatura: ecco che cosa abbiamo fatto insieme in  quattro anni. Non lo ha fatto dopo il 4 dicembre, ora i mille giorni – come dire – restano agli atti. Quelli che ne pensano bene, manterranno la loro opinione. Pure gli altri, purtroppo”, aggiunge.
Per questo “dovrebbe contribuire con lealtà a concludere al meglio il lavoro di Gentiloni” e allo stesso tempo “mettere su un nuovo programma” che dovrebbe essere “totalmente nuovo”, perché “da sei mesi a questa parte molto è cambiato, nel mondo, in Europa e – naturalmente – in Italia, con il fallimento delle riforme”. Ci vorrebbero una nuova agenda, nuove parole d’ordine – la prima (salviniana) è arrivata poche ore dopo, sui migranti e non è piaciuta alla base del Pd – ma per riuscire a metterle insieme e a trovarne di giuste, insiste Velardi, Renzi dovrebbe “dedicare molto tempo allo studio, per mettere a punto nuove idee” e nel frattempo “costruire – questione cruciale – la classe dirigente da presentare all’appuntamento elettorale”. Di conseguenza, è la stoccata finale, “tacere”, ovvero “parlare solo quando ha da dire cose nuove, e di peso”.-----

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