venerdì 7 novembre 2014

Musicachip Wagner e il velo di Maya del capitalismo occidentale


PS: Questo saggio non solo... "si deve leggere"..."si deve studiare"..."si deve copiare"... per non perderne la conoscenza nel futuro.
Per adesso, dopo averlo letto e guardato e sentito(i video)c'ho capito poco o niente...ma io ho sempre capito poco!
umberto marabese
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Vi regaliamo un saggio sorprendente di Piero Pagliani. Attraverso l'opera di Wagner, un'analisi sulle origini della crisi sistemica, ideologie e teorie in gioco. 


Attraverso l'opera di Wagner, un'analisi sorprendente sulle origini della crisi sistemica, 

delle ideologie e delle teorie in gioco. Il mito come mezzo di comprensione della Civiltà 

e delle sue contraddizioni. Dal Valhalla di Wagner all'Overlook Hotel di Kubrik, dalla 

coscienza infelice borghese alla presa del Palazzo d'Inverno, dalla tragedia di Tristano 

Isotta alle false soluzioni nichilistiche. Le nostre scelte.

Un saggio da leggere per capire i motivi e i meccanismi profondi di ciò che sta 

accadendo.

di Piero Pagliani.


And Now for something completely different1

Dalle dissonanze armoniche alle dissonanze sociali. Dalla discesa di Wotan nel Regno dei 

Nibelunghi, all'assalto del bolscevicobohémien Vladimir Antonov-Ovseyenko al Palazzo 

d'Inverno. Dal velo di Maya allo svelamento dei meccanismi dello sfruttamento. L'origine 

sociale e politica della coscienza infelice. La coscienza infelice positiva di Verdi e la coscienza 

infelice negativa di Wagner. Il mito come mezzo d'indagine del nucleo più interno del 

capitalismo. Dagli oscuri misteri della Civiltà all'illuminazione del Nulla. Dall'antisemitismo alla 

cattiva coscienza della modernità. Dal Valhalla all'Overlook Hotel: Schein e shining. Le 

critiche di Nietzsche e l'ammirazione di Baudelaire. L'opera d'arte totale di Wagner come 

autoassoluzione. L'utopia come rimedio al nichilismo. Andare oltre le apparenze o vivere 

dentro Matrix. Le nostre scelte.

... è stato necessario in Francia l'ordine di un despota per far eseguire l'opera di un rivoluzionario
Charles Baudelaire, "Su Wagner"2.


1. Premessa. L'accordo del Tristano.......continua leggere...


NOTE:

1 Il presente scritto è il testo ampliato di una conferenza-lezione tenuta presso l'Istituto di Storia della Musica della Sapienza di Roma, il 28 ottobre 2014. Nota: nel corso del testo userò gli adattamenti italiani dei nomi tedeschi usati da Wagner, qualora tali adattamenti siano consuetudine (quindi "Isotta" al posto di "Isolde", "Brunilde" invece di "Brünnhilde", "Sigfrido" per "Siegfried", ma "Elisabeth", "Ortrud", e così via).
2 Se non altrimenti specificato, le citazioni da Baudelaire sono tratte dal suo "Su Wagner", Feltrinelli, 1983.
3 C'è chi sostiene che invece consumino nella famosa notte d'amore, la Liebesnacht (o Liebesszene) di cui parleremo tra poco. Ma è un'ipotesi che a mio avviso non è sostenuta dalla musica......
4 "Zwitter" sarebbe "ermafrodita", ma come mi ha ricordato Antonio Rostagno, il brillante semiologo della musica Jean-Jacques Nattiez utilizza invece il termine "androgino" (si veda J-J. Nattiez, "Wagner androgino. Saggio sull'interpretazione", Einaudi, 1997). Ad ogni modo, nel grande duetto del secondo atto, Tristano dirà "Io sono Isotta" e Isotta "Io sono Tristano", il lato sessuale dell'ewig ein.
5 Anticipo subito quel che ognuno capirà: non sono un musicologo. Ho studiato diversi anni chitarra classica con un maestro d'eccezione, Ernesto Minella, ma con suo grande dispiacere e disappunto non sostenni mai nessun esame al Conservatorio, come invece desiderava che io facessi. Mi diceva con amarezza: "Sei molto abile con la chitarra. Peccato che tu non sia un chitarrista". E aveva ragione, non lo ero perché mi impuntavo a essere un dilettante. La dannata politica anche allora mi assorbiva tutto il tempo che non dedicavo allo studio dello strumento (molto) e a quello degli studi classici (poco). Per questo motivo non citerò direttamente nulla della critica wagneriana, spesso straordinaria, perché non ne sono degno: dovrei far finta di capire di musicologia mentre non ne so quasi nulla. In secondo luogo non lo farò perché o metto in campo la farina del mio sacco, per buona o cattiva che possa essere, oppure è del tutto inutile che scriva. Ad ogni buon conto chiedo ai musicologi una discreta dose d'indulgenza.
6 Karl Marx, "Il Capitale", Libro I.
7 Giustamente Antonio Rostagno durante la lezione-conferenza ha fatto notare con un brillante ragionamento musicale che papà Germont non è, diciamo così, un funzionario dell'ipocrisia borghese ma in qualche misura ne è invece una vittima, quasi quanto Violetta. Faccio mio questo appunto che mi ha indotto a riflettere sul fatto che in realtà questo personaggio nel suo incontro-scontro con Violetta mette in campo non un unico registro ma molti registri differenti, da quello più esecrabile ("Un dì quando le veneri"), alla vergogna di dover chiedere a Violetta il sacrificio di abbandonare Alfredo ("Pura siccome un angelo"), alla quasi identificazione di Violetta con la propria figlia ("Piangi, piangi o misera"), identificazione intesa e accettata da Violetta stessa ("Qual figlia m'abbracciate").
8 Così si sentiva in dovere di scrivere Charles Baudelaire nella sua celebre lettera a Wagner del 1860: «[...] un grido di riconoscenza ... da parte di un Francese, cioè di un uomo ... nato in un paese dove non si sa di poesia e di pittura più di quanto non si sappia di musica. [...] Mi son detto: non voglio essere confuso con questa pletora di imbecilli».
9 «Checché [i gerarchi nazisti] facessero e tentassero, la decisione ricadeva su di loro: se impedire cioè davanti al mondo intero al loro decano, al quale avevano affidato lo stendardo della musica nazista, l'esecuzione della sua opera o se invece permettere - giorno della vergogna nazionale! - che il nome di Stefan Zweig, la cui omissione quale librettista non era tollerata da Richard Strauss, dovesse contaminare ancora una volta, come tanto sovente in passato, i manifesti teatrali germanici. Fra me e me godevo delle loro preoccupazioni e del loro rompicapo [...]». (Stefan Zweig, "R. Strauss e il Terzo Reich").
10 E' chiaro che tutto si svolgeva in un gioco ambiguo da entrambe le parti. Infatti Hitler presenziò alla prima dell'opera determinandone un successo-omicida: dopo pochissimi giorni l'opera fu tolta dal cartellone.
11 «Quando venne il momento di pronunziarsi tacque e velò la sua posizione assolutamente antinazista, che pur continuava inalterata ed era documentata». (Otto Erhardt, "Richard Strauss. L'uomo e la personalità").
12 Il corteo trionfale interrotto da ostacoli che si riveleranno infine insuperabili è un vero topos della poetica di Wagner. Si pensi alla clamorosa interruzione del corteo nuziale di Lohengrin ed Elsa di Brabante da parte dell'insidiosa Ortrud, ma anche alla già citata Liebesnacht dove il crescente trionfo dell'amore tra Tristano e Isotta è interrotto dal riapparire, con la luce dell'alba, di un'insostenibile realtà.
13 Non sta forse qui il senso della parola d'ordine "Riportare l'economia sotto il governo della politica?".
14 Baudelaire, ragionando sul "caso Wagner", coglie con precisione il rischio di un sorpasso delle istanze reazionarie su quelle progressiste dovuto all'incapacità delle seconde di andare oltre l'apparato concettuale che le avevano fatte inizialmente prevalere: «Così abbiamo potuto vedere a Parigi il movimento romantico appoggiato dalla monarchia, mentre i liberali e i repubblicani restavano legati ostinatamente all'estenuante ripetizione della letteratura cosiddetta classica».
15 La descrizione di Wagner della scena finale in realtà è ambigua: «Dalle macerie della reggia crollata, uomini e donne, al colmo dell'angoscia, guardano il bagliore del fuoco che va crescendo sul cielo». Perché quell'enorme angoscia? Non è chiaro se degli uomini e delle donne sopravvivranno alla distruzione dell'ordine rappresentato dagli Dei. Senza di esso resisterà la loro configurazione in comunità umana, comeGemeinswesen?
16 Sul rapporto tra linguaggio e Storia si veda Giorgio Agamben, "Infanzia e Storia". Einaudi, 1981.
17 Tutte le citazioni da Friedrich Nietzsche sono dal suo "Il caso Wagner".
18 Il testo del Ring fu composto tra il 1848 e il 1853, quindi era fortemente influenzato dai moti europei e di Dresda. L'origine delle "primitive intenzioni" non sono dunque un mistero. Ma il finale della Tetralogia non poteva non subire revisioni man mano che Wagner revisionava il suo essere sociale. Il Wagner del 1872, anno dell'ultima revisione, protetto da Ludwig II di Baviera, non poteva rimanere fedele alle "primitive intenzioni".
19 Giovanni Arrighi, opera citata.
20 Wagner, "Lettera sulla musica".
21 Karl Marx, "Introduzione a Per la Critica dell'Economia Politica".
22 E chissà che cosa vuol dire quel viaggio dal castello di Wartburg, dove trovò rifugio Lutero, alla Roma dei papi.
23 Come è noto, fu Stanley Kubrick, a scegliere per la versione italiana di "Shining" il proverbio in questione (su suggerimento di Riccardo Aragno). Nella versione originale il riferimento alla fase fanciullesca era: "All work and no play makes jack a dull boy".
24 Sul concetto di "scoria della Civiltà" si veda Giancarlo Quaranta, "L'era dello sviluppo". Franco Angeli, 1985.
25 Le traduzioni sono mie.
26 Sarò ingenuo, ma non ho mai associato Alberich e suo fratello Mime a figure di ebrei. Se quella era l'intenzione di Wagner, con me e con moltissima altra gente quell'intenzione è miseramente fallita. Avendo visto allignare e prosperare meschinità, ingordigia e cinismo dappertutto, non capisco perché dovrei proprio pensare a degli ebrei. Non credo inoltre a un collegamento tra l'ideologia di Wagner e lo pseudo-concetto nazista di "complotto demo-pluto-giudaico", che ha un (malsano) senso solo nel contesto di dominio della finanza anglosassone esistente ai tempi di Weimar, ma non a quelli di Wagner. Infatti nell'attuale periodo di finanziarizzazione è rispuntato sotto le spoglie di "complotto massonico" o ancora peggio "giudaico-massonico" (idiozia che purtroppo non ha risparmiato alcune frange di sinistra alle quali il concetto di "contraddizioni capitalistiche" è evidentemente del tutto ignoto). Certo, ci sono apparati simbolici che si tramandano da un contesto ad un altro, ma bisogna andarci cauti altrimenti si fonde tutto in un grumo di confusione. Infine che Kundry rappresenti qualcosa di ebraico me lo devono proprio spiegare.




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