umberto marabese
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Per carità, sappiamo che le cariche sono valide, tecnicamente, ma il senso di ciò che è accaduto agli occhi dell’opinione pubblica è che, con la sentenza di oggi, le istituzioni hanno perso, e non poco, la loro legittimità istituzionale. E quindi la loro credibilità (agli occhi dell’opinione pubblica). E, da luoghi di tutti, diventano carne da macello della propaganda populista. Di chi, come Forza Italia e Grillo, ha già urlato: “Il Parlamento è illegittimo, subito al voto”.......
Siamo cioè, sia perdonata l’enfasi, non di fronte a una crisi del sistema politico, come nel ’92, quando partiti che avevano perso la loro funzione storica caddero a pezzi e il cambio di legge elettorale favorì l’esplosione del sistema. Siamo di fronte a qualcosa, al tempo stesso, di inedito e di più inquietante nella storia Repubblicana: una crisi di legittimità costituzionale. In questo momento non c’è una legge elettorale legittima. E poco importa che, nelle pieghe della sentenza della Corte, si intravede la via d’uscita di un proporzionale con preferenze che fa gioire gli ultras delle larghe intese. E poco importa pure che il primo effetto della sentenza sia quello di “blindare il governo”, come emerge dall’entusiastica reazione di Alfano e dalla rabbia di Berlusconi. Perché, in una situazione del genere – col Parlamento eletto con una legge anticostituzionale – anche il governo è azzoppato come credibilità e legittimazione.
Ecco il punto, quello storico. Con la sentenza non è più forte questo o quello; l’effetto non è il presunto vantaggio tattico di questa o quella corrente. La sentenza è la certificazione del default della politica della Seconda Repubblica. Ed è la certificazione, se ce ne fosse stato bisogno, del carattere barbaro della destra berlusconiana che si inventò la “Porcata” per azzoppare Prodi. E ha prodotto l’effetto di azzoppare non l’avversario di turno ma le istituzioni repubblicane, ovvero la tutela di tutti.
È la destra della “catastrofe” nazionale quella che mostra oggi il suo volto autentico. Nel novembre del 2011 condusse il paese a un passo dal default economico e ai minimi storici della sua credibilità internazionale. A dicembre del 2013 emerge l’altra parte delle macerie, di cui si erano intravisti tutti i presupposti: il blocco della democrazia prodotto dal Porcellum. Ogni velo è caduto: il berlusconismo è stato – e lo è stato consapevolmente – il grande nemico della Costituzione repubblicana, che per servire interessi di parte, ha danneggiato il bene di tutti.
È così che si chiude la Seconda Repubblica. E francamente, nelle reazione della politica che ha appena vissuto il suo fallimento, c’è tutta l’inadeguatezza, la mancanza di coraggio e di pensieri lunghi che spiega come si è arrivati fin qui. Alfano gioisce pensando che il governo è più forte. Berlusconi vede nella sentenza l’ennesima tappa del complotto di Napolitano per farlo fuori. Il Pd discetta sulle ricadute congressuali, con i renziani preoccupati e Fioroni che stappa il vino buono sognando la legge elettorale – proporzionale con preferenze – che portò l’Italia nel baratro alla fine della Prima Repubblica. Di fronte alla certificazione dell’impotenza della politica da parte della Corte, la classe dirigente repubblicana discute su quale musica ballare sul ponte del Titanic senza vedere l’iceberg.
E invece l’icesberg si vede. Si vede nella campagna sfascista di Berlusconi e Grillo, i grandi difensori del Porcellum, che invocano elezioni di fronte a un Parlamento “delegittimato”. E che continueranno nelle prossime settimane contro un capo dello Stato delegittimato e contro le istituzioni delegittimate a loro volta. Si vede nei rigurgiti passatisti di chi è già impegnato a uscire dalla crisi con la “restaurazione”, come Pier Ferdinando Casini e i democristiani nostalgici di quelle preferenze e di quel proporzionale che fece sprofondare il sistema politico di allora nella corruzione. Si vede anche nella mancanza di coraggio di chi, a sinistra, di fronte alla Consulta invoca una legge elettorale. Ma in questi mesi ha preferito galleggiare evitando di affrontare il tema e giocando con gli accrocchi costituzionali del Professor Quagliariello, con l’obiettivo di blindare il governo e di tirare a campare.
Ecco, ora il tempo dei tentennamenti è finito. Di fronte all’umiliazione, il Parlamento – anzi la sinistra – è ancora in tempo per evitare soluzioni mediocri. Con una proposta. Subito. Prima ancora delle faide interne al Pd c’è il paese e le sue istituzioni.
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