Fino a pochi mesi fa i tamponi nasofaringei, cioè i test PCR, erano una sorta di “feticcio” incontestabile, sulla cui base venivano conteggiati i casi di positivi al Sar CoV2.
Nei numeri erano inclusi anche i test positivi di persone asintomatiche, che notoriamente hanno una carica virale molto più bassa rispetto ai sintomatici. Sulla base di questo sistema di dubbia attendibilità, visto che i test PCR danno spesso falsi risultati, sono stati giustificati i continui lockdown.
Adesso che i tamponi costituiscono un’alternativa al siero sperimentale Covid per ottenere il green pass, c’è qualcuno che vuole toglierli e lasciare il vaccino come opzione unica per avere il lasciapassare verde.
La proposta è arrivata da Guido Rasi, professore di Microbiologia all’Università Tor Vergata di Roma, nel corso della trasmissione televisiva Otto e mezzo.Insomma il siero deve essere l’unica soluzione: questo il mantra che ripetono nelle televisioni mainstream, tacendo sempre sulle cure precoci contro il Covid.
Il punto è che sappiamo che anche i vaccinati possono contagiare e contagiarsi e i dati ufficiali italiani pongono dubbi sull’efficacia della campagna di vaccinazione di massa.
Prendiamo i bollettini ufficiali pubblicati su google: il 21 settembre 2020, senza i vaccini, il numero dei nuovi casi giornalieri era di 1350, al 20 settembre 2021 ne abbiamo 2405.
I vaccini Covid non assicurano l’immunità. L’obiezione che viene avanzata è che però consentono di contrarre in forma più lieve la malattia, ma se fosse così non dovremmo avere meno decessi giornalieri?
Il 21 settembre 2020 le morti erano 17, al 20 settembre 2021 ne sono state registrate 44.
Questa tendenza è presente anche in altri Paesi in cui la campagna di vaccinazione è in stato avanzato come Israele e Gran Bretagna. Come mai? Sarebbe stato interessante chiederlo al professor Rasi.
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