Per Conte non c'è l'incarico di un ter: dalle consultazioni esce ancora più indebolito.
Aveva chiesto, come condizione per uscire dalla crisi, una “maggioranza ampia, coesa e politicamente definita”. Ed evidentemente i tre giorni di consultazioni non sono stati sufficienti a vederne le condizioni. Per questo il capo dello Stato ha ritenuto opportuno un supplemento di “verifica”, affidata all’esplorazione del presidente della Camera. Supplemento nient’affatto breve, altri tre giorni, in cui “l’esploratore” dovrà sondare la convergenza sul nome di Conte, ma anche la compatibilità programmatica e la tenuta dei gruppi su questa ipotesi.
Proprio il tempo e la modalità scelta rivelano una non banale contraddizione entro cui Mattarella si è trovato costretto a muoversi. La contraddizione tra l’urgenza della situazione che richiede un governo in tempi brevi e la necessità di tempi lunghi per “l’esploratore”, a cui è affidato sostanzialmente quel compito che le forze politiche non sono state in grado di assolvere: arrivare a un patto di legislatura, nei contenuti e nell’assetto. La maggioranza cioè è così slabbrata da necessitare di essere sottoposta a un surplus di lavoro per verificarne la possibilità di una ricomposizione.
Ricapitolando: tre forze politiche – Pd, Cinque Stelle e Leu – hanno manifestato l’intenzione di andare avanti con Conte, senza veti sulla presenza di Renzi in maggioranza, resa necessaria dopo la Caporetto dei Responsabili; una, Italia Viva, non ha posto veti sul premier uscente, subordinandolo a una “verifica” sull’assenza di veti su di sé. In teoria, nessuno si sarebbe potuto stupire più di tanto se il capo dello Stato avesse conferito un pre-incarico a Conte, che l’incaricato avrebbe potuto accettare con “riserva” per incontrare i gruppi, in particolare Renzi, per poi tornare al Colle sciogliere la riserva in un verso o nell’altro. E ha optato per una strada che è proprio quella indicata dal leader di Italia Viva nel corso delle consultazioni, quella del partiamo dai contenuti e arriviamo ai nomi. Segno questo che non sono bastati tre giorni a diradare le nubi sulle reali intenzioni dei partiti. C’è in questo un senso profondo di sfiducia del Capo dello Stato verso le parole pronunciate a mezza bocca, i retropensieri mostrati, la capacità di tenuta su una linea. Insomma, la convinzione.
Del resto, è anche comprensibile, a vedere quel che è successo. È vero, è caduto il veto dei Cinque stelle su Renzi, e questa e una novità. Ma si può considerare una prospettiva solida il come è caduto, ovvero con una dichiarazione a mezza bocca di Crimi tutta in negativo “non è il momento di veti e di personalismi” senza neanche nominare il potenziale alleato? E che garanzie ci sono in riferimento alla tenuta dei Cinque stelle al Senato se, il minuto dopo che il reggente pentastellato è sceso dal Colle, Alessandro Di Battista ha praticamente annunciato una scissione, proprio in relazione all’alleanza con Renzi? È legittimo interrogarsi sui numeri, sulla tenuta, sulla convinzione. Ed è legittimo nutrire delle perplessità sull’automatismo del sì a Conte da parte di Renzi, una volta caduti i veti.
Si dice, è una delle interpretazioni che vengono date nel Palazzo: in fondo così il capo dello Stato “preserva” Conte, evitando di mandarlo allo sbaraglio con un incarico senza un ulteriore passaggio che porti allo scoperto le reali intenzioni di Renzi. Che a Fico dovrà dire un “sì o un no”. Il che è anche vero. Tuttavia, stando all’oggi, il dato politico segna un franco successo proprio di Renzi se andiamo all’essenziale che si vede a occhio nudo: non voleva Conte e Conte, dopo il primo giro di consultazioni, non c’è; voleva un “esploratore” e un esploratore c’è.
I prossimi giorni diranno se il tentativo messo in campo lo preserva o si creano le condizioni per superarlo. Per ora per Conte non c’è l’incarico di un ter, e ne esce ulteriormente indebolito, nella misura in cui il patto di legislatura necessita di un notaio che non sia il premier uscente. Il che dà ancora, in questi giorni, ampi margini di gioco politico. E se, ad esempio, alla fine di questo confronto il leader di Italia Viva dicesse “bene, sui contenuti siamo d’accordo, quale figura migliore di Fico per guidare dopo che ci ha messo tutti d’accordo”?
È presto, siamo solo all’inizio di un’altra fase della partita, in cui è chiaro solo lo schema di gioco: più ci si addentra nella crisi, più ce l’ha in mano Renzi. Che, nell’ordine: ha ottenuto le dimissioni di Conte, ha ottenuto l’esploratore, se tiene il punto Conte non c’è più, se sceglie di acconciarsi sul ter rientra in carrozza magari con la Boschi al governo. Solo una settimana fa, quando era in Arabia, tutti dicevano “mai più con lui”. Voi capite…
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