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Elezioni in Emilia-Romagna, quanto vale l’effetto Sardine? Ecco perché il centro-sinistra non deve esultare...
I dati dicono che fino al 2010, ovvero fino alla terza elezione di Vasco Errani, il candidato del centrosinistra é riuscto a mantenere un distacco di almeno 15 punti percentuali sullo sfidante del centrodestra. Risultati che si inseriscono pienamente nel solco della tradizione politica dell’Emilia-Romagna.
Ora, anche in occasione della prima elezione di Bonaccini, il vantaggio sullo sfidante dell’epoca Alan Fabbri superò i 19 punti percentuali. Ma alle urne, in quell’occasione, si recò solamente il 37,71% degli elettori.
Una scarsa affluenza probabilmente legata anche al fatto che si votò a novembre, periodo non consueto per le consultazioni elettorali. Un voto anticipato a seguito delle dimissioni di Errani dopo la sua condanna ad un anno per falso ideologico, nell’ambito di un procedimento da cui poi sarebbe uscito assolto nel 2016. E che vide una partecipazione molto bassa.
Quando gli emiliano-romagnoli sono tornati a votare in maniera più massiccia, domenica é andato alle urne il 67,67% degli aventi diritto, il distacco nei confronti della candidata di centrodestra si é ridotto a poco meno dell’8%.
Scongiurato o meno che sia, questo dipende dai punti di vista, il sorpasso sovranista nella regione rossa per eccellenza potrebbe essere solamente rimandato . Certo, le variabili in gioco sono molte e non riguardano solo dinamiche locali. Ma il fatto che le distanze si siano ridotte é certamente un elemento da tenere in considerazione nell’analisi della vittoria. Di sicuro lo farà chi invece oggi é chiamato ad analizzare la sconfitta.
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