(pressreader.com) –
Visto com’è finita la sua avventura politica, non c’è dubbio che Matteo Renzi abbia sbagliato mestiere. Un mese fa, intervistato da Maurizio Costanzo, ha confessato: “Da piccolo volevo fare il giornalista, poi il giornalaio, ma pure il camionista e in alcuni momenti il papa”. Poi purtroppo fece il politico.
Non sappiamo quanto avrebbe reso come giornalista, o giornalaio, o camionista o sommo pontefice. Ma ora sappiamo per certo che sarebbe stato un ottimo pm. Come abbiamo scritto ieri, l’unico interrogatorio serio a Tiziano Renzi nell’inchiesta Consip non l’hanno fatto i pm della Procura di Roma: l’ha fatto al telefono il figlio Matteo.
Domande precise e puntute, piena padronanza dei fatti nei minimi particolari, ripetuti ammonimenti a non contar balle (si rischia la falsa testimonianza), puntuali contestazioni a ogni versione contraddittoria e inverosimile, ancoraggio tetragono alla logica stringente degli eventi, assoluta coscienza della gravità giudiziaria, etica e politica dello scandalo Consip e delle bugie paterne, e una buona dose di ironia e sarcasmo (“Tu con Carlo Russo sei andato da Marroni, così, per simpatia, per la Madonnina, e Carlo Russo è un padrino di battesimo? Va tutto bene! E io sono biondo, magro e con un cazzo di 30 centimetri!”).... Un perfetto sostituto procuratore (magari non a Roma, ma altrove). Un inquisitore e un giustizialista modello. Insomma, un socio onorario del Fatto Quotidiano...
Il guaio è che questo Renzi privato i suoi fans e i suoi (ex) elettori non lo conoscono. A loro risulta il Renzi pubblico che dice l’esatto contrario: nega tutto, ci chiama “Falso quotidiano”, strilla al complotto contro di sé e la sua famiglia per far cadere il suo governo (tra l’altro già caduto per il referendum), attacca e fa attaccare i carabinieri del Noe e la Procura di Napoli dai suoi rottweiler, giura che “mio padre non c’entra niente, non ha fatto niente, questa storia puzza”, perché “mio padre è stato indagato solo dopo che io sono entrato in politica” e dunque “è entrato in una storia più grande di lui solo per il cognome che porta” e per “il mio impegno in politica”.
Ora però, nella nuova veste di pm, ha la possibilità di rimediare. Nella memorabile telefonata-interrogatorio del 2 marzo 2017 al babbo Tiziano, di cui il Fatto ha pubblicato prima il brogliaccio e ieri la versione integrale, lo aveva inchiodato su tre punti-chiave.
a) Non era credibile che il padre non ricordasse un incontro con Alfredo Romeo, imprenditore notissimo in tutta Italia.
b) Il padre non aveva “detto tutta la verità in passato a Luca”.
c) Era ridicola la sua versione degli incontri col suo galoppino Carlo Russo per i pellegrinaggi a Medjugorje e con l’ad renziano di Consip Luigi Marroni per parlare di una Madonnina all’ospedale Mayer.
Ora i pur prudentissimi pm di Roma gli danno ragione: il 16 luglio 2015 “probabilmente” babbo Tiziano incontrò Romeo e Russo in un bar di Firenze, dunque ha mentito a lui, ai pm e agli italiani.
Questo e molto altro non basta ai pm per chiedere di processarlo per traffico di influenze (sulla richiesta di archiviazione deciderà il gip). Ma Matteo non può accontentarsi: se il padre incontrò Romeo, ma anche Marroni, e poi Russo continuò a tempestare e a vedere tanto Marroni quanto Romeo, che alla fine promise a Russo 2.500 euro al mese per lui e 30 mila euro al mese per Tiziano, quella descritta dai pm è una situazione in cui “probabilmente” il padre di Renzi è tuttora ricattabile dalle tre persone che sanno di quell’incontro al bar e del suo contenuto. Cioè Russo, Romeo e il consulente di quest’ultimo, Italo Bocchino.
Il quale non spiega ai pm le sue telefonate con Romeo sul punto. Romeo dice di non aver mai visto Tiziano, confermandone la versione ritenuta falsa dai pm (“totale inattendibilità”). E Russo, muto come una sfinge, continua a non rispondere. Ora la ricattabilità riguarda direttamente Matteo e indirettamente quella fetta di Pd che continua a riconoscersi in lui. Perché Matteo ha legato la sua immagine pubblica a quella di Tiziano dopo l’uscita del libro di Marco Lillo Di padre in figlio, quando ha dichiarato di avere alla fine creduto al babbo perché aveva capito che la notizia dell’incontro con Romeo era falsa e gli unici a doversi scusare sono i giornali che l’avevano pubblicata (anzitutto il Fatto). Ora però i pm scrivono che c’è “la ragionevole probabilità” che la notizia fosse vera: cioè che babbo Tiziano mentisse e il Fatto dicesse la verità.
Dunque non si scappa: Renzi deve indossare la toga e interrogare anzitutto se stesso, con la stessa foga con cui torchiò il babbo.
1) Matteo, chi è il “Luca” a cui tu stesso accusasti il babbo di non aver “detto la verità in passato”? E quale verità gli aveva raccontato? E tu come facevi a saperlo? E a che titolo questo Luca interrogava tuo padre (a meno che non fosse Lotti, e allora sarebbe tutto chiaro, essendo indagato per la fuga di notizie ai vertici Consip che favorì gli indagati)?
2) Matteo, se tuo padre non c’entrava nulla con Consip perché Russo millantava credito – come sostenete tu, lui e anche i pm –, chi volevano salvare Lotti, Del Sette, Saltalamacchia e Vannoni, accusati dai pm di Roma della fuga di notizie su Consip? Mica sarai così ingenuo da credere che si siano rovinati la carriera per salvare Carletto Russo da Scandicci?
3) Matteo, tu hai detto di non conoscere Russo, il cui figlioletto tuo padre tenne a battesimo: ma allora come mai Lotti lo conosce benissimo, al punto di raccomandarlo al governatore pugliese Emiliano?
4) Matteo, è vero che – come disse il tuo amico e consulente Vannoni ai pm di Napoli – anche tu avvertivi gli amici di “stare attenti? a Consip”? Cosa volevi dire? Te ne aveva parlato qualcuno?
Poi, finito con se stesso, Renzi dovrebbe reinterrogare il babbo, ponendogli tutte le domande che i pm di Roma si sono scordati di porgli.
1) Babbo, per caso il 16 luglio 2015 indossavi una polo slabbrata, i sandali e i bermuda, come Romeo descrive un tizio incontrato in quei giorni?
2) Babbo, cosa facevi alle 15 in zona viale Matteotti, dove risulta la presenza del tuo cellulare e di quelli di Russo e di Romeo?
3) Babbo, perché l’8 luglio 2015 Bocchino dice a Romeo che “il ragazzo” (com’è solito chiamare Russo) gli presenterà un tal “papà”? Babbo, non sarai mica tu quel “papà”? E, se sei tu, di cos’hai parlato con Romeo e Russo?
4) Babbo, Romeo dice a Bocchino che con quello scostumato malvestito “abbiamo parlato simpaticamente, insomma è andata bene, secondo me… quanto questo qui sia una persona credibile non ti so dire” e lui gli ha detto “sento sento”, poi parla di un “percorso ipotizzato positivo”, anche a proposito del “parente” del suo interlocutore: che percorso avete ipotizzato? E il “parente” da attivare o da “sentire” nel “percorso” non sarò mica io?
5) Babbo, risulta che alle 15.27 di quel giorno Romeo chiama la segretaria e si fa dare i dettagli dell’appalto per le pulizie nelle Grandi Stazioni: mica avrete parlato di quello? Non raccontarmi altre balle perché, se quel giorno fosse andata così, tu saresti ricattabile e, da quando ho avuto la sciagurata idea di dire che ti credevo e difenderti in pubblico, lo sarei politicamente, anch’io.
Se Tiziano fa come Russo, cioè scena muta, il figlio deve chiedere ai pm di approfondire meglio (dopo 20 mesi di indagini), passando dalla “ragionevole probabilità” a una certezza sull’incontro o sul non-incontro.
Come si fa? Si ascolta la segretaria di Romeo, Paola Grittani, sulla telefonata del 16 luglio 2015 e su eventuali interventi di Russo su quella gara. Si convocano i manager e funzionari di Grandi Stazioni per capire se l’appalto poteva ancora andare a Romeo o, come sostengono i pm, era ormai irrimediabilmente compromesso. Si sentono il dirigente del Comune di Napoli Giovanni Annunziata e il suo amico fiorentino Carlo Vadorini che, in un’intercettazione, Bocchino e Romeo temono sapessero di un certo incontro dell’imprenditore in un bar di Firenze. Insomma l’inchiesta, appena conclusa, è come se fosse appena cominciata.
C’è ancora molto da fare. E noi ci aspettiamo moltissimo dal nuovo pm Matteo. Sicuri che non ci deluderà. A meno che, nell’ultimo anno, non si sia davvero convinto di essere biondo, magro e superdotato.
IL PM MATTEO di Marco Travaglio sul Fatto Quotidiano del 8 novembre 2018
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