Intervista a Giulietto Chiesa - La russofobia occidentale non è un fenomeno nuovo. Quali sono le peculiarità della 'Russofobia 2.0' o 'Putinfobia'?
Intervista di Irma Loredana Galgano a Giulietto Chiesa.
Putinfobia di Giulietto Chiesa (edito da Piemme) è un libro che analizza la paura che l'Occidente ha sempre provato nei confronti della seconda potenza mondiale: l'Unione Sovietica, ora diventata Russia.
Come sua
consuetudine, Chiesa presenta dati e fatti secondo un criterio
spazio-temporale che fin da subito lascia intendere al lettore che ben
altro si chiarirà con la lettura del libro.
Si può
essere d'accordo con le posizioni di Giulietto Chiesa o non
condividerle, ma non si può negare che seguire il suo ragionamento
conduce, inevitabilmente, ad allargare il proprio orizzonte, a porsi
delle domande, a cercare delle risposte... come se all'improvviso, dopo
aver sempre osservato il mondo dalla stessa postazione, si venisse
catapultati nello spazio e lo si potesse osservare da lì, il nostro
pianeta. Ogni cosa acquista una prospettiva nuova, differente.
Per
Chiesa, la Russia potrebbe essere uno straordinario ponte di
collegamento dell'Occidente con l'Asia e il resto del mondo ma ciò non
accade perché gli occidentali non vogliono questo.....
Nicolai Lilin, che ha curato la prefazione a Putinfobia, scrive
che: «la politica dell'Occidente, che con tutte le forze cercava di
frantumare il multiculturalismo ereditato dal regime sovietico per poter
manovrare meglio le piccole regioni staccate dal grande polo legato al
Cremlino, da subito ha sfruttato la propaganda russofoba come l'elemento
principale su cui poter costruire i nazionalismi locali».
Perché lo ha fatto? Quali sono i motivi alla base della russofobia 2.0? Ne abbiamo parlato con Giulietto Chiesa nell'intervista che gentilmente ci ha concesso.
La russofobia occidentale non è un fenomeno nuovo. Quali sono le peculiarità della "russofobia 2.0 o Putinfobia"?
La
russofobia risale ad almeno tre secoli fa, da quando esiste la Russia
come grande Paese e questo dice già molte cose. La Russia viene vista
come un avversario. La russofobia 2.0 è qualcosa di nuovo nel senso che è
anche una forma di astio dei gruppi dirigenti europei e occidentali in
genere nei confronti di una Russia che si credeva fosse ormai stata
conquistata definitivamente e invece si rivela altra cosa da quelle che
erano le nostre illusioni o speranze. C'è una sorta di rivincita
dell'Occidente contro questa Russia incomprensibile.
Più che
essere un ragionamento è una malattia. Una sorta di violenta ripulsa di
ciò che è diverso da noi tanto più violenta quanto più i russi, a prima
vista, sembrano uguali a noi. Sono uguali a noi. In questo sta il
paradosso. E scopriamo spesso, in ritardo, con nostro disdoro e
fastidio, che in realtà, sebbene siano così uguali a noi, sono anche
molto diversi. Il tutto confluisce in questa specie di ripulsa che
riguarda però solo i gruppi dirigenti o da quella parte costituita dagli
opinion maker, cioè dai mass media. Non credo che questo sentimento sia
molto diffuso, in Occidente, tra la gente comune, normale, piuttosto
che sia un'operazione politica guidata dai gruppi dirigenti occidentali
che vogliono tenere la Russia diciamo in disparte e usano tutti i mezzi a
disposizione per farlo.
Quali sono i reali motivi alla base della character assassination alla quale la stampa occidentale ormai da anni sottopone Vladimir Putin?
Si usa il
2.0 in quanto qui c'è una differenza rispetto alle altre forme di
russofobia della Storia. Adesso c'è un grande personaggio, di valore
mondiale che può facilmente essere preso a bersaglio nel fuoco dei
riflettori e accusato di tutte le nefandezze che servono per
esemplificare il rifiuto dell'Occidente nei confronti della Russia. È
accaduto altre volte, nel corso della storia, che la Russia schierasse
personalità di grande calibro, ma Putin è questo 2.0, è il ventunesimo
secolo che dimostra, indirettamente e involontariamente, che l'Occidente
non è capace di accettare la Russia quale essa è.
Nell'introduzione a Putinfobia Roberto
Quaglia afferma che di solito i russofobi non sono consapevoli di
essere tali. Da dove deriva questa fobia inconsapevole per la Russia?
In parte
deriva dal fatto che l'Occidente non riesce a capire dove sta il
problema, nel senso che guarda i russi e li vede uguali a sé stesso. Qui
sta parte della verità. La loro cultura, come anche la letteratura, ha
impregnato la nostra. Basti pensare a Tolstoj, a Dostoevskij...
Quando si
va poi al contatto diretto di questo Paese, nella vita quotidiana, nel
modo di pensare, di sentire il tempo e lo spazio, le dimensioni del
pianeta... lo spirito dei russi è diverso da quello occidentale. E qui
si arriva alla contraddizione. L'Occidente non capisce dove sta la
differenza, che invece è molto semplice: la Russia non è solo Europa.
La Russia
non è né prevalentemente europea né prevalentemente asiatica. Nel corso
della storia è stata a volte più europea altre più asiatica. Ogni volta
che diventa più asiatica l'Occidente inizia a perdere il controllo dei
nervi.
Se
la russofobia attuale è «una lente di ingrandimento» sulla nostra
civiltà, lei che ci ha guardato profondamente attraverso cosa ha visto?
Ho visto
che la Russia, se noi fossimo in grado di capirla, sarebbe uno
straordinario ponte di comunicazione proprio per questa sua duplice
essenza, europea e asiatica. È l'unico strumento che abbiamo noi europei
per capire un po' meglio l'Asia e il resto del mondo, che abbiamo
colonizzato, ma ciò non vuol dire che lo abbiamo capito. Vuol dire solo
che lo abbiamo vinto, conquistato, soggiogato.
La Russia
può essere il tramite attraverso il quale l'Occidente può capire il
resto il mondo. Ma l'Occidente questo non lo vuole, lo ha scartato da
principio.
E io qui ho ampiamente attinto alla riflessione che faceva Arnold Toynbee nel suo purtroppo non molto famoso libro intitolato Il mondo e l'Occidente (Sellerio, 1992). Già il titolo è pieno di significati.
L'Occidente
si è contrapposto a tutto il resto il mondo da quando è diventato
"occidente". Questo è il problema: l'Occidente sta aggredendo il resto
del mondo. Non è capace di fare altro che aggredire anche la Russia. Per
tre secoli, come dice Toynbee, l'Occidente ha potuto giovare di questa
sua caratteristica, ma oggi, nel ventunesimo secolo, la tattica
aggressiva non funziona più.
Stiamo
assistendo all'inizio della fine di questi dominatori occidentali. Il
che è molto grave, perché l'Occidente è anche il più armato. La
tentazione di utilizzare la propria forza per continuare la dominazione
diventerà sempre più concreta finché non vi sarà una riflessione di
grande respiro culturale. Riflessione che, in verità, non vedo
all'orizzonte.
Con
il Madison Valleywood Project il governo americano vuole unire le forze
di Hollywood e Silicon Valley per attuare una strategia contro l'Isis o
per portare avanti la propaganda contro il nemico designato, in maniera
analoga alle numerose azioni di cui si parla nel libro e messe in campo
contro i russi?
Sarò più
brutale. L'Occidente che si propone di fare ciò che dice lei è un sogno.
Ignora il fatto l'Isis e il terrorismo islamico sono il prodotto dello
stesso Occidente. Quindi tutte le strategie che vengono elencate per
spiegare come questo è contro il terrorismo islamico sono in realtà
delle fantasie che servono a manipolare l'opinione pubblica.
Il
terrorismo islamico è un prodotto diretto dell'azione coordinata degli
occidentali che usa semplicemente i terroristi, che pure esistono, come
manodopera che spesso non riesce a capire neanche per chi sta lavorando.
È un
sistema largamente sperimentato nella storia di questo ultimo secolo e
che ha sempre funzionato. Si usano, di volta in volta, dei capri
espiatori che credono di lavorare per i propri interessi ma in realtà
lavorano per "il re di Prussia".
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L'Occidente ha sempre
avuto bisogno di un nemico. L'Unione Sovietica del ventesimo secolo era
perfetto in questo senso. Era il Comunismo sovietico il nemico mortale
da combattere. Una volta abbattuto o suicidatosi, a seconda delle
interpretazioni, l'Occidente è rimasto senza nemico. Ha proceduto per
circa un decennio non solo senza nemici ma con un nuovo gigantesco
alleato e vassallo e in pratica non è riuscito a spiegare, al resto del
mondo, come mai l'economia mondiale andava comunque a rotoli.
Ha mostrato che il
problema non è esterno all'Occidente, è interno, nel modello di
sviluppo. Così nell'anno 2001 i dominatori dell'Occidente, gli Stati
Uniti d'America, hanno prodotto il mutamento di rotta della storia
politica del mondo.
Hanno
creato l'11 settembre del 2001 per mettere dinanzi agli occhi di tre
miliardi di persone il nuovo nemico, cioè l'estremismo islamico.
Così è
iniziata la guerra contro il terrorismo islamico che dura ormai da
quindici anni. Sia il Presidente di allora, George Bush jr, sia il suo
Ministro della Difesa, Donald Rumsfeld, affermarono: «comincia una
guerra che durerà 50 anni» e l'altro «durerà un'intera generazione».
Questo era il piano: sostituire il terrore rosso con il terrore verde.
Il terrore rosso non era
un'invenzione, era un antagonista serio. Il terrore verde non è un
antagonista, è stato inventato dall'Occidente. È un'ipostasi messa
davanti agli occhi della gente per terrorizzarla e costringerla a
rifugiarsi sotto l'ala protettrice degli Stati Uniti d'America.
Papa
Francesco, e con lui tanti analisti, hanno parlato di una terza guerra
mondiale combattuta in tutto il mondo senza un focolaio preciso. Siamo
anche in una nuova versione della Guerra Fredda?
Io non
parlo per conto terzi. Parlo per me stesso. Sono stato uno dei primi
analisti al mondo a dire apertamente che stiamo entrando nella terza
guerra mondiale. Quando si parla di questo non si può che riferirsi a
una guerra atomica. Una guerra mondiale fatta a pezzettini non ha alcun
senso, c'è sempre stata.
Durante la
Guerra Fredda si sono combattute, per conto terzi, decine e decine di
guerre locali che servivano per mantenere l'equilibrio tra le due
potenze. Nel momento in cui è finito il bipolarismo ed è finita la
Guerra Fredda, queste sono continuate ma non sono conflitti mondiali.
Una guerra mondiale è lo
scontro tra l'Occidente (Stati Uniti, Europa, Canada, Australia e pochi
altri) e l'Asia. In questo senso l'Asia è tutto il resto il mondo. Solo
che tutto il resto del mondo è impreparato a questo conflitto, lo sono
solo gli Stati Uniti d'America e la Russia che dispongono del potenziale
nucleare necessario.
Quando si scontreranno
questi due Stati sarà lo scoppio della terza guerra mondiale. Ritengo
sarà anche la fine dell'attuale civiltà umana. Ma molti non lo vedono
perché non capiscono o non sanno qual è il carattere della guerra
moderna, se lo sapessero non direbbero le sciocchezze prive di
fondamento che dicono quando si parla di guerra diffusa e via
discorrendo.
Il
primo segnale di non-democrazia è il tentativo di ostacolare le opinioni
divergenti. Possibile che gran parte della "massa democratica
occidentale" non riesca a cogliere questo segnale nell'informazione
dominante?
Purtroppo è possibile e reale. Nel libro precedente a questo, intitolato È arrivata la bufera (Piemme, 2015), spiego nel capitolo dedicato a Matrix cosa è già accaduto da quaranta-cinquanta anni a questa parte.
L'Occidente
ha forgiato un apparato di comunicazione, attraverso il suo
meraviglioso sistema dell'immagine gradevole e dell'immagine in
movimento in generale, che è riuscito a modificare profondamente la
psicologia della gente. Ha lavorato in tutti i modi possibili e
immaginabili alla penetrazione cognitiva nel cervello degli uomini,
delle donne e dei bambini soprattutto, modificando la loro percezione
del mondo.
Ritengo realistico affermare che gran parte della popolazione vive dentro Matrix,
dentro una prigione virtuale nella quale crede di essere libera, come
accade appunto nel film, ma che è un universo irreale. Il mondo reale è
altrove, fatto in un altro modo, è furibondo, feroce, senza tregua.
L'importante
è non far capire alla gente in che situazione vive, lo capirà soltanto
quando sarà il momento di finire tutti abbrustoliti. A quel punto molti
se ne renderanno conto ma sarà un po' tardi.
La grande
massa della gente non sa nulla di ciò che la circonda. È stata
bombardata da una miriade di proiettili che attraversano ogni secondo,
ogni attimo della nostra vita e sono spesso non solo non percepiti e
indolori ma addirittura piacevoli. Siamo sistematicamente mitragliati da
una sterminata quantità di messaggi gradevoli che uccidono la nostra
capacità critica di sentire, di percepire e di conoscere.
La più
grande arma costruita dall'Occidente per annichilire il senso comune, il
buon senso, la razionalità, la solidarietà, la cooperazione, la
consapevolezza della limitatezza delle risorse... tutto questo è stato
cancellato dalla visione di miliardi di persone.
Parliamo di
un'arma che spegne l'intelligenza e quindi, alla lunga, non potrà che
produrre mostri. Come ci indica l'acquaforte di Francisco Goya: «il
sonno della ragione genera mostri». L'Occidente è stato trasformato in
un gigantesco formicaio di persone la cui ragione è stata addormentata.
Lei
paragona le inquietanti sensazioni che proviamo noi oggi, che viviamo
un'epoca di grande cambiamento, a quanto devono aver provato i
dinosauri. Siamo destinati all'estinzione?
Destinati
no. Non credo in un qualche destino preordinato, è un qualcosa che
forgiamo noi sempre, in un modo o nell'altro. Devo questa mia
convinzione guarda caso alla lettura di uno straordinario romanzo
russo, Guerra e Pace di Tolstoj, citato più volte inPutinfobia.
Noi popolo
siamo protagonisti e, quando siamo in tanti, produciamo un movimento, un
muoversi delle idee, delle correnti profonde della storia. Non
esistiamo inutilmente. Esistiamo con la nostra forza fisica, con la
presenza fisica e intellettuale.
Non credo
ai complotti. La trasformazione in automi sta avvenendo ma non è il
risultato di un complotto bensì della commistione tra l'informazione
manipolata e il potere. E avviene in modo quasi automatico ormai. Il
coordinamento dei nostri movimenti dall'esterno è avvenuto su un sesto
della popolazione, che è l'Occidente. Il resto del mondo, secondo me,
non è stato neanche minimamente scalfito da questo meccanismo.
Non credo
che l'Occidente arriverà a dominare il mondo al punto che non ci possa
più essere speranza. C'è ancora un grande movimento nel mondo. Non
esiste un Nuovo Ordine Mondiale, non è mai esistito, esiste invece un
"piccolo disordine occidentale".
Riusciranno i popoli a organizzarsi e fermare la follia omicida e suicida dell'Occidente? Beh, la questione è aperta.
L'Occidente
pensa di essere invincibile e questo è il suo tallone d'Achille. Se
tale consapevolezza si farà strada in importanti settori intellettuali e
dirigenti, sulla spinta di altri popoli non occidentali, noi potremo
salvarci.
Noi europei
non troveremo la soluzione del problema. Noi abbiamo creato il
problema. Noi siamo il problema. Non credo potremo comprendere quanto
sto dicendo in termini tali da modificare il corso delle cose che
precipita verso lo scontro e cioè verso la terza guerra mondiale. Lo
potremo fare solamente insieme agli altri popoli, alle altre culture,
alle altre civiltà, alle altre religioni, alle altre tradizioni...
La
soluzione la possiamo trovare solo tutti insieme. Chiunque progetti
l'uscita da questa crisi, che è mondiale ed epocale, da solo, qui in
Europa... beh si fa una grande illusione.
Se dovessi riassumere in poche parole, che restassero impresse nel lettore che legge Putinfobia,
il senso di questo libro, direi: smettiamola di ritenere l'Occidente il
centro del mondo. Non lo è più. Non perché sia buono o cattivo.
Semplicemente non lo è più. Quanto più riusciranno a liberarci da questa
idea tanto più potremo salvarci e preservare la nostra civiltà.
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