di
Sergio Rizzo
Il giallo dei gettoni d’oro alla Rai: «In ogni chilo 5 grammi in meno»
L’inchiesta
sui premi dei giochi in tv. Il fornitore? Banca Etruria. Tutto inizia
con la signora Maria nel 2013: ha vinto 100 mila euro e ne incassa poco
più di 64 mila...
Dove
vanno a finire quei cinque grammi spariti da ogni chilo d’oro fino che
la Rai compra per distribuire fin dal lontano 1955 gettoni di metallo
prezioso ai concorrenti dei giochi a premi, è mistero. Non meno
misterioso è il modo in cui spariscono. Ma che qualche vincitore si sia
ritrovato in mano gettoni d’oro taroccati, e che lui e la Rai abbiano
subito una frode bella e buona, è fuor di dubbio. La sconcertante
vicenda l’ha scoperta Sigfrido Ranucci, autore di un servizio televisivo
che Report di Milena Gabanelli manda in onda stasera su Raitre.
---------------------------------------------------------------------------------------------------
Guarda il Video:
----------------------------------------------------------------------------------------------------
Tutto comincia quando alla signora Maria Cristina Sparanide, che nel 2013 ha vinto 100 mila euro alla trasmissione Red or Black
su Raiuno arriva una lettera della Zecca, incaricata dalla Rai di
coniare quattro gettoni d’oro del valore unitario di 20 mila euro per
saldare il conto. Perché 80 mila euro e non 100 mila? Semplice: ci sono
le tasse, ma questo il concorrente lo sa. Quello che invece apprende
solo quando legge la lettera del Poligrafico dello Stato è che deve
pagare pure l’Iva sebbene, spiega il servizio di Ranucci, l’imposta non
sia dovuta sull’oro per investimento, cioè quello definito da una
direttiva comunitaria come «lingotto o placca». E non ha ragione forse
la Treccani a definire il gettone d’oro una «placca»? A questa domanda,
però, a quanto pare nessuno sa, può o vuole rispondere. Non il ministero
dello Sviluppo. Non le Finanze. Né l’Agenzia delle Entrate.
Oltre alle tasse
Oltre
alle tasse, all’Iva e al costo del conio del gettone c’è poi un’altra
voce a carico del vincitore: il calo del 2 per cento dovuto alla
fusione. Come se su un chilo d’oro si perdessero 20 grammi ogni volta
che si fonde il metallo. Decisamente curioso. A conti fatti, la vincita
di 100 mila euro si riduce così a poco più di 64 mila. Ma se l’Iva e
quel fantomatico calo, sono questioni legate a interpretazioni astruse
di norme astruse, ben altra storia è quella della qualità del metallo. I
gettoni che escono dalla Zecca sono marcati come oro fino: 999,9.
Quando però la signora Sparanide li porta a un’azienda orafa per farli
valutare, il risultato la lascia di stucco: non è oro purissimo. Lo
conferma anche un laboratorio specializzato accreditato dal ministero
per le analisi legali. Il risultato è identico: si tratta di oro 995.
Significa che per ogni chilo ci sono 5 grammi di altro metallo non
prezioso. Il bello è che la Rai, c’è scritto nero su bianco nel
contratto, l’ha acquistato (e pagato) come oro 999,9. Dunque, in questa
incredibile vicenda, è chiaramente parte lesa.
Banca Etruria
La
faccenda è pelosissima. Milena Gabanelli precisa che la Rai compra ogni
anno dai 6 ai 10 milioni di euro di gettoni d’oro dalla Zecca, che a
sua volta si rifornisce del metallo in lingotti sul mercato. Da chi? Da
Banca Etruria, fornitore storico degli orafi di Arezzo. Da
quell’istituto travolto da una bufera nei mesi scorsi per le
obbligazioni subordinate la Zecca ha acquistato «milioni di euro in
lingotti d’oro per trasformarli in gettoni della Rai», dice Ranucci,
«per anni e senza bando di gara». Perché «è la banca che ci fa il prezzo
più basso», replica la Zecca. Aggiungendo che dei lingotti forniti da
Banca Etruria «il 20 per cento è stato controllato in ingresso, secondo
le nostre procedure di qualità, ed è risultato oro 999». Saranno dunque
le procedure, ma resta il fatto che l’80 per cento non è stato
controllato. A scanso di equivoci la Zecca si è premurata di presentare
un esposto alla procura. E la cosa non finirà qui.
Nessun commento:
Posta un commento