PS: Mentre il "MarcoPolofiorentino" fa il turista in Perù, pagato come viaggio di stato dai cittadini italiani...
umberto marabese
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«Oggi abbiamo una giunta molto importante» L'arrivo del sindaco Ignazio Marino in Campidoglio: al termine della riunione con gli assessori annuncerà la sua decisione sulle dimissioni.
Marino, il ritiro delle dimissioni, «Non andrò via nell’ignominia»
Appuntamento in giunta: un provvedimento importante, la pedonalizzazione integrale dei Fori, punta a sancire la retromarcia. Verso la battaglia in aula. Il Pd pensa di sfilarsi in blocco
Alle otto del mattino su uno dei gruppi che sui social sostengono Ignazio Marino il post era inequivocabile: «Dimissioni ritirate»; alle otto della sera è un’agenzia a scrivere che «al più tardi domani (oggi, ndr) Marino le ritirerà». È una guerra di nervi quella che il sindaco dimissionario e il Pd stanno combattendo da giorni: ma è ormai evidente che il primo cittadino di Roma — ghiacciato dal silenzio di Matteo Renzi alle sue continue richieste di ottenere «l’onore delle armi», perché «non posso essere cacciato con ignominia», ha più volte detto ai suoi collaboratori — sia sull’orlo del colpo di scena. La giunta convocata alle undici di questa mattina sembra essere l’appuntamento ideale: pedonalizzazione integrale dei Fori Imperiali — provvedimento che ha creato non poche polemiche in città — e, appunto, il ritiro delle dimissioni. Per dirla in poche parole: il ritorno del marziano....
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«Ritiro tecnico»
Secondo la voce che si è diffusa ieri si tratterebbe di una sorta di «ritiro tecnico» delle dimissioni firmate il 12 ottobre: quindi non per continuare fino al 2018 — o «fino al 2023» come ha più volte annunciato Marino anche di fronte alle platee pd — ma intanto per presentarsi in aula Giulio Cesare, sia pure senza la certezza (anzi, forse il contrario) di avere con sé una maggioranza in grado di sostenerlo. «Lui ha intenzione di portare in Aula la discussione, perché è incomprensibile che un sindaco venga deposto attraverso interviste e comunicati stampa», dice su Radio2 l’amico Guido Filippi.
La strategia in aula
La strategia del chirurgo, adesso, affonda nella carne del Pd: parlare in Aula, davanti alla città, e raccontare quanto fatto per sottolineare che la vicenda degli scontrini per la quale s’era dimesso è chiusa, e che l’eventuale scelta di farlo cadere è da ritenersi esclusivamente politica. Cioè, detto senza metafore: una precisa volontà del Partito democratico che pure lo ha eletto. Evidente, quindi, che la mossa di Marino metterebbe il Pd di fronte a uno scenario non semplice da affrontare: perché, certo, il partito è convinto del fatto che la vicenda scontrini (la storia dei rimborsi per le cene ancora al vaglio della Procura) sia solamente «l’ultimo di una serie infinita di errori», che «si è rotto — per dirla con il segretario Renzi — il rapporto di fiducia con la città», ma al tempo stesso è altrettanto evidente che, dopo il ritiro delle dimissioni, si tratterà di contrastare il «racconto» che lo stesso Marino farà dell’accaduto. Certo il sindaco, anche nel raduno di sostenitori di domenica scorsa in Campidoglio, non ha «attaccato» il partito: ha detto di esserne un nativo, lo ha ringraziato. Ma è possibile forse che, in caso di sfiducia o di dimissioni in blocco dei consiglieri, passi all’attacco ad esempio ricordando le difficoltà incontrate nella fase iniziale del mandato, quando negli scranni del Pd c’erano esponenti politici poi finiti nei guai per l’inchiesta Mafia Capitale. Di certo, quindi, per liberarsi di Marino al Pd non rimarrebbero molte strade, tecnicamente parlando.
Ipotesi dimissioni
La prima ipotesi, meno probabile, è la sfiducia: strada difficile da prendere perché in qualche modo il Pd si ritroverebbe a percorrerla in compagnia delle opposizioni, del centrodestra, e dell’ex sindaco Gianni Alemanno. Per essere chiari: l’ipotesi sfiducia non piace ai 19 consiglieri dem. I mal di pancia, tra quegli scranni, non sono pochi: alcuni accusano Orfini di aver avuto una linea ondivaga con Marino, prima difeso e poi abbandonato. Alla fine, comunque, «faranno ciò che il partito chiede», garantiscono al Nazareno. Probabilmente si dimetteranno in blocco: ieri era questa — al netto delle incognite dei numeri, sono 19 ma di dimissioni ne servono 25 — la strada più accreditata per contrastare il ritorno del marziano in Campidoglio. E se pure il Pd riuscisse a farlo cadere cosa accadrebbe dopo? Se Marino dovesse davvero decidere di partecipare alle primarie, cosa accadrebbe? Il senatore Stefano Esposito, evidentemente, s’è portato avanti con il lavoro: «Il partito proponga un candidato unico». Una guerra che va avanti da giorni, e che sembra destinata a proseguire.
28 ottobre 2015 | 08:03
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