Mikhail Khazin
I problemi delle élites del progetto globale “occidentale”
Breve descrizione del principale problema dell’élite del progetto globale “occidentale”
È ormai ovvio che le divisioni all’interno delle élites mondiali hanno avuto un’intensificazione. Negli Stati Uniti e nell’Unione europea è già visibile a occhio nudo, ma neppure in Cina o in altre regioni la situazione è molto migliore. Nella nostra fondazione abbiamo addirittura iniziato a preparare dei documenti analitici per descrivere gli eventi che si stanno delineando e che sono molto interessanti da osservare.
È ormai ovvio che le divisioni all’interno delle élites mondiali hanno avuto un’intensificazione. Negli Stati Uniti e nell’Unione europea è già visibile a occhio nudo, ma neppure in Cina o in altre regioni la situazione è molto migliore. Nella nostra fondazione abbiamo addirittura iniziato a preparare dei documenti analitici per descrivere gli eventi che si stanno delineando e che sono molto interessanti da osservare.
Non parlerò della Russia – qui le cose vanno talmente male che lasciano presagire una nuova guerra civile (che è già iniziata in Ucraina). Perciò in questo testo cercherò di descrivere non tanto i gruppi nei quali le élites globali si sono suddivise, bensì i loro interessi e il meccanismo di questa frattura.
In generale l’élite non è una cosa “particolarmente buona” in quanto si tratta di un gruppo di persone in grado di prendere decisioni sul destino della società. Il motivo di tali opportunità (proprietà di beni, potere amministrativo, potere militare ecc.) può essere differente all’inizio, poi tutto si intreccia. Ma il criterio principale è sempre quello del potere decisionale. Senza il consenso sull’adozione delle decisioni strategiche più importanti la società sarà destinata a una sorte poco invidiabile, compresa la possibilità di una guerra civile.
Esistono molti esempi: le rivoluzioni borghesi dei secoli XVII-XIX, gli anni ’30 in URSS, i disordini nelle repubbliche sovietiche all’inizio degli anni ’90 del secolo scorso e così via. Le élites creano sempre parecchi meccanismi di rilevanza fondamentale allo scopo di evitare questi spiacevoli scenari.....
Il primo è un sistema basato sul consenso. In particolare, nel progetto globale “occidentale” esistono molte istituzioni: il famoso club Bilderberg, la Commissione Trilaterale e il FMI (dove si discutono questioni puramente economiche) così come molti altri club e organizzazioni. Un’altra caratteristiche è che tutte queste organizzazioni furono create, in primo luogo, per coordinare le forze contro l’Unione Sovietica; oggi hanno perduto gran parte della loro rilevanza, ma sono molto adatte a scopo di esempio. La cosa principale, necessaria per il loro funzionamento normale, consiste nell’assenza di eccessive contraddizioni tra le varie fazioni delle élites.
In altri termini, se la scelta consiste nella modalità di spartizione della torta, è possibile intavolare una discussione. Ma se la questione riguarda a chi toccherà l’ultima fetta di torta, supponendo che tutti gli altri moriranno di fame, allora potranno esserci dei guai seri. Fondamentalmente tutto si reduce a questo, come vedremo in dettaglio nella parte seguente.
Il secondo meccanismo è la propaganda. Con questa si trasmettono le politiche di consenso alla società, in modo da contrastare e sviare il dissenso. Infatti gli anti-elitisti (ovvero quella parte della società che è fondamentalmente insoddisfatta dell’ordine esistente) sono sempre esistiti; l’obiettivo è quello di contenerli e non consentire alcun sostegno rilevante dall’esterno.
Il terzo meccanismo è la “sicurezza”. Si tratta di un sistema per la soppressione dei potenziali gruppi e movimenti anti-elitisti. Funziona in molti modi – dalla soppressione “soft” del dissenso (negli USA, ad esempio, le voci potenzialmente dissenzienti sono escluse da qualsiasi forma di carriera), fino all’uso di metodi più brutali. In quasi tutti i Paesi del mondo esiste un sistema di “soppressione politica” con il compito di eliminare fisicamente i dissidenti più pericolosi. La creazione di questo sistema in Ucraina è sotto gli occhi di tutti, mentre negli Stati Uniti era già attivo nell’ultima parte del XIX secolo (ad esempio, uno strumento importante era la famosa agenzia Pinkerton). Oggi il raggio d’azione degli USA si estende al mondo intero.
Occorre notare che il secondo e il terzo strumento funzionano solo in presenza di consenso tra le élites in merito al percorso di sviluppo del Paese. In assenza di tale consenso il sistema fallirà. Abbiamo potuto sperimentare questo negli ultimi anni ’80 e nei primi anni ’90, e possiamo osservarlo anche oggi [l’autore si riferisce all’ex-URSS, NdT]. Nei primi anni del 2000 le nostre élites si sono rese conto che la “sicurezza” da sola è insufficiente ed è necessario fare ricorso anche a un’ideologia positiva. Tuttavia i tentativi di crearla senza toccare il corrotto sistema oligarchico non ha condotto al successo, e riproponendo i singoli elementi del sistema ideologico dell’URSS sotto il capitalismo “selvaggio” hanno causato solo irritazione nel popolo. Ma ciò che unisce la popolazione (un ritorno agli elementi imperialistico-patriottici) minaccia l’esistenza delle attuali élites russe a causa del conflitto con le élites del progetto “occidentale”.
Se nel nostro Paese [la Russia, NdT] la crisi è associata a una divergenza di vedute nella “società elitaria”, nei Paesi che fanno capo al progetto “occidentale” la società è talmente assuefatta che le élites non avranno alcun problema fino a quando potranno dispensare un “pacchetto” minimo di beni e servizi. Naturalmente con il progredire della crisi anche la società inizierà a ricordarsi dei propri diritti e questo processo si farà sempre più chiaro, ma qui stiamo discutendo della situazione odierna, non di quella di domani.
Ma oggi il problema è differente. Nel corso dei decenni di pacifica esistenza l’élite del progetto “occidentale”, grazie a una pompa che erogava in continuazione (consentendo la redistribuzione a proprio favore di tutti i beni creati dalla società), si è fortemente espansa e specializzata. Gli esclusivi strumenti di ricerca creati tra gli anni ’30 e gli anni ’80 sono stati praticamente distrutti (come “Sovietology” che è scomparso nel nulla) o si sono trasformati in attività puramente accademiche che non hanno il diritto (né l’opportunità) di discutere dei veri problemi sociali. Questo è visibile a occhio nudo nell’economia: “il solo modello approvato” domina in modo assoluto, nonostante non sia in grado di spiegare categoricamente ciò che succede nel mondo.
Inoltre i processi che si stanno verificando sul piano economico (piuttosto oggettivi) rendono assolutamente impossibile l’esistenza dell’élite nella sua forma attuale! Ma per molto tempo non è stato nemmeno compreso che, a causa della ristretta specializzazione (occorre ricordare che le élites sono quelle che prendono le decisioni), è stato impossibile decostruire la complessa immagine del mondo. In questo caso la specializzazione si riferisce alla sfera dell’attività decisionale di uno specifico gruppo).
I veri problemi sono emersi nei primi anni ’90 e la situazione è diventata irreversibile verso la metà degli 8 anni di presidenza di Bill Clinton. Alla fine del suo mandato i problemi avevano raggiunto una proporzione analoga agli anni ’30 del secolo scorso (dobbiamo ricordare che stiamo traendo le conclusioni sull’irreversibilità della crisi in base all’analisi del bilancio inter-settoriale USA del 1998!), dopo di che la situazione non ha fatto altro che aggravarsi. E oggi non disponiamo di alcun termine di comparazione per la crisi che si sta approssimando – non esistono analogie. L’Europa occidentale del 1945 non è adatta in quanto si trovava sotto un controllo esterno.
La chiara comprensione del fatto che nelle élites post-crisi non vi sarà spazio sufficiente per tutti i membri dell’élite attuale giunse dopo il “caso Strauss-Kahn”, che assurse ad analogia con l’ottobre del 1917. Il colpo di stato del 25 ottobre 1917 non provocò di per sé particolari conseguenze; tuttavia l’insoddisfazione delle precedenti élites governanti condusse alla guerra civile – trasformando il colpo di stato nella rivoluzione socialista dell’Ottobre Rosso. Perciò oggi ci troviamo in una situazione, relativamente parlando, simile alla fine del 1917, quando il colpo di stato era già avvenuto ma la guerra “calda” non era ancora scoppiata.
Naturalmente non è possibile spiegare questo ai cittadini siriani e yemeniti, ma i cittadini dei Paesi base del progetto “occidentale” non si sono mai curati dei “selvaggi”. La cosa più importante è che, grazie al “caso Strauss-Kahn”, i principali beneficiari dell’élite globale degli ultimi decenni, i finanzieri, sono stati allontanati dalla “mangiatoia” principale. Ed è inevitabile che si preparino per la guerra in quanto, altrimenti, tutte le loro rivendicazioni per un posto al sole si sbricioleranno contro alcuni fattori oggettivi – l’impossibilità di proseguire un’emissione di denaro senza limiti.
Per quanto riguarda le specifiche caratteristiche di questo processo (specialmente negli USA), ne ho parlato molte volte quindi non mi ripeterò. La cosa fondamentale risiede altrove. In che modo i meccanismi dell’ideologia e della difesa del sistema possono funzionare in modo più o meno distinto se non esiste un consenso tra le élites? Se uno dei suoi elementi separati è entrato in un brutale conflitto?
In tale situazione il sistema della propaganda retrocede rapidamente allo stadio di “amico o nemico” e invece di un’analisi più o meno complessa, sebbene ideologicamente partigiana, tende a produrre qualcosa che vediamo nell’ambito della propaganda americana sull’Ucraina. La Psaki ne è un esempio: essa non ha fatto altro che ripetere a gran voce una posizione semplice e chiara: Poroshenko “è dei nostri” perciò “ha sempre ragione”. Punto e basta. La situazione è analoga in tutto il mondo.
Qui, tuttavia, sorge una questione. L’odio per la Russia tra le élites americane è profondamente stratificato; quindi è chiaro chi siano gli “amici” e i “nemici” (chiunque attacchi la Russia). Ma come ci comportiamo per quanto riguarda il Medio Oriente? Qui la rottura tra le élites americane è già visibile a occhio nudo.
Nell’Unione Europea le cose sono addirittura più spassose. Coloro che si sono già resi conto che nei piani americani di lungo termine non vi sarà alcuna UE indipendente, stanno tentando di liberarsi da questo “abbraccio” della macchina propagandistica USA, pur essendo sospinti testardamente verso un “amore per la Russia”. Si è trattato di un’astuta mossa della macchina propagandistica americana (per combinare le posizioni “contro gli USA” e “per la Russia”) che funziona ancora oggi – ma domani non potrà più funzionare. Oltretutto non vi sarà nessuno per rispondere.
Ma questo è solo nell’ambito dell’ideologia. E che dire della “sicurezza”? Come sappiamo dagli esempi dell’USSR/Russia, le élites della sicurezza sono costrette a rimettersi in gioco e sarà difficile recuperare le vecchie funzioni, ammesso che ciò sia possibile nella situazione attuale. Infatti il corretto funzionamento della “sicurezza” richiede un’ideologia univoca, chiara e coerente nonché dotata di un qualche scenario costruttivo. E quale potrebbe essere, oggi, lo scenario costruttivo?
In conclusione è possibile osservare che il problema principale della moderna élite del progetto “occidentale” consiste nel fatto che le sue divisioni interne portano alla distruzione dei due principali meccanismi comuni a tutti gli stati: un’ideologia fondante del sistema e un sistema di sicurezza politica. Questo significa che i paesi implicati in questo progetto si troveranno inevitabilmente di fronte a uno scenario comparabile a quello della Russia degli anni 1917-1920 o degli anni ’90 del secolo scorso.
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Articolo di Mikhail Khazin apparso su Fort Russ il 7 maggio 2015
Traduzione in italiano a cura di r.k. per Sakeritalia.it
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