17/11/2021 La risposta del cappellano della clinica Humanitas Gavazzeni di Bergamo, don Claudio del Monte, alle parole dell’ex nunzio negli Stati Uniti mons. Carlo Maria Viganò che ha accusato i medici di uccidere deliberatamente i pazienti per imporre lockdown e mascherine: «Ho visto coi miei occhi quello che è accaduto e sono inorridito. La fede cristiana non è per creduloni, né appella al disimpegno ma alla responsabilità, al servizio, all’amore, da incarnare nella storia. Di fronte a queste dichiarazioni deliranti la gente onesta resta attonita. E pure la Chiesa e, credo, anche il Signore»
Ecco la riflessione, che pubblichiamo integralmente, di don Claudio Del Monte che da cappellano della clinica Humanitas Gavazzeni di Bergamo è entrato tutti i giorni, nella primavera del 2020, nei reparti per confortare i malati e i medici che li assistevano e pregare per i defunti: «Queste righe», spiega don Claudio, «le ho condivise con un amico medico, conosciuto in terapia intensiva a Bergamo nel mese di marzo 2020. Beppe, questo è il suo nome, chiama il “dito di Dio” la cicatrice della tracheostomia che gli hanno fatto per salvarlo dalla terribile crisi respiratoria indotta dal Covid. Lui ce l’ha fatta. Altri suoi colleghi medici, purtroppo no».
Le parole di mons. Carlo Maria Viganò in un recente video divenuto “virale”, hanno suscitato in me profonda amarezza. A Bergamo, durante la terribile pandemia Covid di marzo-maggio 2020, ho visto centinaia di ammalati. Tantissimi di questi sono morti. La clinica Humanitas Gavazzeni, presso la quale ho svolto il mio servizio di cappellano, nelle settimane più critiche aveva giornalmente dai quindici ai venti decessi (un giorno persino ventisette).
Nei periodi ordinari i decessi sono un paio alla settimana. Nel video citato, la pandemia Covid è relegata a “psicopandemia”. No. La pandemia non è questione “psichica”. Il Covid ha realmente mietuto tante vittime e ritengo abbia avuto come denominatore comune la solitudine.
Solitudine delle famiglie, rinchiuse nelle loro abitazioni.
Solitudine dei malati, molti dei quali ricoverati nei reparti ospedalieri e spesso con forti problemi di natura respiratoria.
Solitudine dei defunti, rinchiusi frettolosamente nelle bare, senza alcuna prossimità famigliare, senza cordoglio, senza funerale.
Solitudine del personale sanitario: -nelle corsie. I dispositivi anticontagio erano così invasivi da impedire il reciproco riconoscimento. Occorreva un pennarello per apporre il proprio nominativo sulle tute bianche che trasformavano il personale, fortemente provato, in una sorta di astronauti in mezzo ad un universo di dolore: i reparti erano infatti pieni come non mai e il personale era ridotto per la pandemia in atto.
-Nelle proprie case. Per paura di contagiare i propri famigliari, spesso medici, infermieri e Oss mangiavano e dormivano in luoghi appartati, riducendo al minimo indispensabile i contatti con i propri cari.
-In ambito professionale. Ci si trovava a combattere un virus privi di un’articolata letteratura scientifica e dunque di validi e codificati protocolli comportamentali. La comunicazione con le famiglie dei degenti era esposta a grossi rischi: talora infatti i parametri vitali inducevano ad un cauto ottimismo, ma improvvise, imprevedibili e letali crisi respiratorie rettificavano tutto, vanificando qualsiasi percorso terapeutico.
Avendo visto coi miei occhi tutto questo, io inorridisco quando nel video menzionato, sento dire che negli ospedali erano pianificati omicidi di massa per il mero scopo di imporre al popolo lockdown e mascherine. Mi chiedo: da dove viene questa malafede? Perché vedere ovunque e sempre inganni e complotti?
La solitudine che il Covid ci imponeva, oggi è superata grazie alla campagna vaccinale. Diversamente da quanto accadde mesi fa, oggi frequentiamo amici, usciamo a cena, abbiamo scuole e uffici aperti, visitiamo i nostri cari, celebriamo comunitariamente la liturgia e la catechesi, aiutiamo i ragazzi nel doposcuola. Vaccinarsi è allora realmente atto d’amore, perché consentendo la prossimità tra le persone, interrompe l’isolamento indotto dal virus e perché oggi gli ospedali non sono più sotto pressione e possono prendersi cura di malati con altre patologie.
Lo scopo del vaccino non è curare il singolo ma curare tutta la società, consentendole di superare l’atroce dubbio che nelle relazioni tra persone, l’altro possa essere un pericoloso nemico da cui guardarsi bene. Il vaccino ci aiuta pertanto a curare la diffidenza degli uni verso gli altri.
La foto simbolo della lotta al coronavirus scattata da un medico dell'ospedale di Cremona e postata su Twitter il 10 marzo 2020 (Ansa)
La primavera scorsa siamo stati tutti, giustamente, scossi dalla tragedia della funivia sul Mottarone. Ci furono 14 decessi. Il dramma è stato collettivo. Per il Covid i decessi giornalieri sono ben più numerosi: come se ogni 48 o 72 ore precipitasse un aereo. E qualcuno si ostina a chiamarla “psicopandemia”, ascrivendola a comune influenza quando il tasso di mortalità è almeno dieci volte maggiore.
Nel video più volte citato, mons. Viganò ha sullo sfondo una “Pietà”: nel volto della Madre che tiene sulle ginocchia il Figlio morto, rivedo personalmente il dramma vissuto nelle famiglie, nella nostra società e nella Chiesa. Ma parlando in questo modo e lanciando queste accuse, la Pietà non solo resta sullo sfondo, ma alla Pietà realmente si volge le spalle, non intercettando il dolore vissuto da tantissime famiglie.
La colonna di camion dell'Esercito carichi di bare lascia la città di Bergamo il 19 marzo 2020
Presumere che quanto divulgato dalla comunità democratica sia per forza fasullo e ingannevole e appellare a Internet per dare credito a una presunta verità che non ha né riscontro scientifico né fattuale, non solo costituisce un danno alla collettività, ma anche alla Chiesa. Farlo poi in abiti talari confonde il popolo di Dio.
Il passo di Isaia 11,3 – lo proclameremo più volte nel tempo di Avvento ormai prossimo – dice che il servo di Dio “non giudicherà secondo le apparenze, né prenderà decisioni per sentito dire”. Attenersi a fonti affidabili, a riscontri scientifici, a dati ufficiali di uno Stato democratico è segno di quella sapienza e di intelligenza che ci attendiamo da un vescovo, portatore della pienezza del sacramento dell’Ordine.
La fede cristiana non è per creduloni, né appella al disimpegno. Essa invece appella alla responsabilità, al servizio, all’amore, da incarnare nella storia.
Stiamo concludendo l’anno in onore di San Giuseppe: questo uomo giusto, interpellato da Dio nella notte, poteva rigirarsi tra le coperte, nella presunzione che Dio avrebbe salvato il bimbo dalla tracotanza di Erode attraverso l’intervento di intere legioni angeliche, pronte a scendere dal cielo... Non ha fatto così. San Giuseppe sveglia subito Maria e Gesù e a notte fonda, senza nemmeno attendere l’alba, parte in gran fretta per l’Egitto.
La fede sollecita dunque il nostro agire responsabile. Non legittima né al disimpegno, né alla violenza sulla base di presunte congetture. E per discernere quale agire responsabile, è decisivo leggere la realtà nella sua concretezza, avvalendosi pure – e in questo caso davvero occorrono – dei parametri scientifici.
Un giorno il vaccino anti Covid scomparirà. Ciò avverrà quando avrà esaurito il suo compito. Così è stato anche per il vaccino del vaiolo.
Quando ciò accadrà, quanti non avranno potuto vaccinarsi in questi mesi, ringrazieranno tutti gli altri che, per un gesto di amore e di prossimità, lo avranno fatto anche a nome loro.
Un’ultima considerazione sul video più volte citato: mi dispiace vedere una triplice benedizione al termine di un video così maldestro. È fuori luogo. La gente onesta resta attonita. E pure la comunità ecclesiale. E, credo, anche il Signore.
Don Claudio Del Monte prima di entrare nella Clinica Humanitas Gavazzeni di Bergamo nella primavera 2020
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