Certo che vedere John Bolton addomesticato mentre, sulla via per Mosca dove porta un invito di Trump a Putin, fa tappa a Roma per invitare il nostro premier Conte alla Casa Bianca, fa una certa impressione: molto è cambiato in poche settimane, e il cambiamento viene da Trump. Quello stesso che in pochi giorni ha voltato pagina con a Corea del Nord e fatto amicizia con Kim, rovesciato il verbo globalista vigente in Occidente portando l’America su posizioni protezioniste e isolazioniste, mandato all’aria il G-7 con gran sgomento di quelli che si credono “alleati occidentali”, minato l’anti-russismo vigente in UE, sostenuto palesemente il governo “populista” italiano contro Macron e l’establishment europeista, assestato un colpo alla Merkel e alla egemonia tedesca sull’Europa.
Tutto insieme e in poche settimane.
Una così folle e completa seminagione del caos negli ordinamenti internazionali consolidati dal dopoguerra, e che sono ordinamenti “americani”, lascia interdetti. Perché lo fa? C’è del metodo in questa follia, secondo la suggestiva ipotesi di Philippe Grasset: Trump installa il caos totale per liberarsi dalla stretta del Deep State, rendendolo folle a sua volta....
Lotta contro il tempo: i democratici puntano a vincere le elezioni di mid-term per avviare immediatamente una procedura di destituzione contro di lui, democratici e i media sono frenetici e paranoici nell’accelerazione fino al grottesco della “reductio ad Hitlerum” di Donald, ottenendo però il risultato contrario sugli elettori (non sfuggirà che è la stessa operazione che sferrano i democratici nostrani, e tutti i media, contro Salvini e il governo in generale).
Un’altra tesi invece suggerisce che una volta che Trump ha aderito – come ci risulta da altre fonti – alla volontà di Netanyahu, guerra totale all’Iran, anche atomica (salvo un cambio di regime a Teheran indotto dal disastro economico “pilotato”), la porzione o fazione di Deep State che chiamiamo i Neocon (spesso con doppio passaporto), ha cominciato a collaborare con Trump invece di scavargli la fossa. Alcuni neocon, mi scrive l’amico Pascali da Washington, hanno cominciato a dire cose molto trumpiane a proposito della Russia. Nikki Halei, la sfegatata sionista ambasciatrice all’Onu, che sfidava apertamente Donald Trump e non faceva mistero di volerne prendere il posto alle prossime elezioni, è stata isolata nelle sue farneticazioni, e con lei, la rivolta endemica del partito repubblicano sembra al momento sedata. Il generale Mattis, ministro della Difesa, ritenuto uno dei controllori messi a fianco del Matto per guidarlo secondo i criteri dell’Ordine Globale, è isolato. Secondo Zero Hedge, le decisioni politico militari cruciali, dalla decisione di spostare la capitale a Gerusalemme a quello di stracciare il trattato con l’Iran e perfino l’interruzione delle manovre militari Usa-Corea del Sud che tanto spiacciono a Kim, sono state prese senza consultare il capo del Pentagono; al punto che si dà per imminente la cacciata “alla Trump” del generale, l’ultimo dei controllori rimasti dopo la cacciata di Tillerson e McMaster.
John Bolton, fanatico sionista, uomo delle rotture piuttosto che delle mediazioni, mandato a riallacciare le relazioni con Putin, farebbe parte appunto della nuova fase di collaborazione dei Neocon, del resto non sgradito a Netanyahu (sono noti i suoi ambigui rapporti di “amicizia”) con Putin, ma soprattutto, forse, motivati dalla volontà di regalare a Trump un successo diplomatico che gli faccia vincere le elezioni di mid-term: i neocon non vogliono che rivincano i democratici, si ricorderà l’odio sbavante che nutrivano contro Obama, “colpevole” di aver fatto il patto sul nucleare con l’Iran, che il giudaismo ha votato al destino di Amalek, lo sterminio totale (Dt 25,19)
John Bolton, fanatico sionista, uomo delle rotture piuttosto che delle mediazioni, mandato a riallacciare le relazioni con Putin, farebbe parte appunto della nuova fase di collaborazione dei Neocon, del resto non sgradito a Netanyahu (sono noti i suoi ambigui rapporti di “amicizia”) con Putin, ma soprattutto, forse, motivati dalla volontà di regalare a Trump un successo diplomatico che gli faccia vincere le elezioni di mid-term: i neocon non vogliono che rivincano i democratici, si ricorderà l’odio sbavante che nutrivano contro Obama, “colpevole” di aver fatto il patto sul nucleare con l’Iran, che il giudaismo ha votato al destino di Amalek, lo sterminio totale (Dt 25,19)
Londra e la NATO allarmatissime
Fatto sta che la rivolta dall’alto di Trump al Sistema, allarma moltissimo Londra, che ha inventato di sana pianta il caso di avvelenamento Skripal per rendere definitiva l’emarginazione di Mosca. “Mr. Trump ha fatto appello a che la Russia sia riammessa nel G-8, con ciò facendo naufragare gli sforzi della May di isolare di più Putin dopo l’avvelenamento di Salisbury”, ha scritto il Times di Londra, “e poi Trump ha collegato il finanziamento americano della NATO alla disputa commerciale con la UE, prendendo di mira specialmente la Germania”.
Infatti oltre alla May, un’altra personalità è altamente allarmata dall’imprevedibilità del Distruttore: Jens Stoltenberg, il segretario del’Alleanza Atlantica. Il vertice NATO di metà luglio lo rende angosciato.
“Un incontro fra Trump e Putin prima del vertice NATO causerebbe sgomento ed allarme; sarebbe la cosa più sbagliata da fare, meglio dopo”, ha detto una fonte dell’Alleanza al giornalista Alexander Mercouris, spiegando poi : “La Nato ha in programma di discutere una escalation di misure per dissuadere l’aggressione russa (sic). Tutti sono turbati da quel che avviene e temono per il futuro dell’alleanza”.
Effettivamente, dopo il colloquio di Bolton con Putin a Mosca, sembra accertato che l’incontro Putin-Trump avverrà “dopo” il vertice Nato di Bruxelles dell’11-12 luglio, forse ad Helsinki il 13 o 14. E Bolton ha subito chiarito che le sanzioni contro la Russia rimarrebbero in vigore, e che il governo degli Stati Uniti non riconoscerà l’annessione della Crimea alla Russia. Tuttavia non tranquillizza gli atlantisti il fatto che il segretario di stato americano Mike Pompeo abbia affermato che Trump crede in un ruolo centrale della Russia nella politica mondiale, che è proprio il contrario di quel che vuole Londra. Visto che Trump non esita, con la sua guerra sui dazi, a provocare una recessione mondiale pur di divincolarsi dal Sistema e dal Deep State, molti temono che non esiterà a seminare il caos nella NATO, che (ha detto in un tweet) “ci costa un sacco e non ci serve niente”.
E’ nell’angosciosa (per loro) prospettiva di una devastazione dell’Alleanza che Macron e Merkel (il duo Mercron) hanno accelerato il simulacro di “difesa europea” autonoma, Lussemburgo il 25 giugno, a cui aderiscono nove Paesi (Germania, Francia, Regno Unito, Belgio, Paesi Bassi, Lussemburgo, Spagna, Portogallo ed Estonia), e non l’Italia. Che ha fatto benissimo a non entrarci, come ha spiegato in un limpido intervento il generale Carlo Jean, un altro atlanticista: “Con la Brexit, l’Unione europea ha perduto le forze armate più efficienti. Una difesa europea dell’Europa è divenuta così ancora meno credibile. Inoltre, malgrado le sue alquanto ridicole ambizioni napoleoniche, Macron ha diminuito il bilancio della difesa, riducendo ancora le già ridotte capacità d’intervento francese, tanto da provocare le dimissioni del Capo di Stato Maggiore della Difesa”.
In questo disordine, confusione e indebolimento degli “alleati” nemici, molto può ottenere il nostro governo. Dalle parti che l’azione di Trump ha reso deboli, soprattutto. Salvini, durante il braccio di ferro contro le ONG scafiste, ha fatto appello alla NATO: “Chiederemo di difenderci. L’Italia è sotto attacco da sud, non da est”.
Frase che implica un profondo ri-orientamento geopolitico: verso la valutazione delle ondate migratorie africane (che i francesi lasciano passare dal Niger) non più come un tema umanitario, di “accoglienza di chi fugge dalla fame, dalle guerre” eccetera, bensì come un atto di guerra. Guerra ibrida, come sono caratteristiche dei nostri tempi di caos, dove i civili sono usati come scudi e come arma, terroristica o economica.
Sembra andare in questa direzione il caldo invito di “Usa e Italia con gli alleati” alle fazioni della Libia di ritirarsi dagli impianti petroliferi
Libia, Usa e Italia con alleati chiedono ritiro fazioni da impianti petroliferi
“In una nota congiunta, i paesi hanno sottolineato che le risorse petrolifere della Libia devono restare sotto il legittimo controllo della National Oil Corporation.
“Chiediamo che tutti i soggetti armati cessino le ostilità e si ritirino immediatamente dalle installazioni incondizionatamente, prima che siano causati ulteriori danni”, si legge nella nota.
La nota è firmata anche dalla Francia. Ma si sospetta che i recenti vandalismi delle “fazioni armate” contro i terminali petroliferi libici, sono parte del “grande gioco libico” senza esclusione di colpi che Parigi conduce contro il “governo legittimo” con cui Salvini ha stretto patti. E gli Stati Uniti (finché dura) stanno con il governo italiano.
“Grande è la confusione sotto il cielo, perciò la situazione è favorevole”, diceva Mao.
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