Ricevo, copio/incollo.
Per completezza, mi piacerebbe che tu mettessi sul tuo ottimo blog anche questo articolo. Non vorrei sempre pensare che ce l'hai col PD e ometti di segnalare pareri favorevoli.
Un saluto
PP
Come l’Italia bastonò le tre sorelle del rating
Con Monti il 2013 torna a livelli pre-crisi: cosa c'è dietro la retromarcia Moody's-Fitch
immagine documento Borse in salita, spread sotto i 410. A quanto pare bastava avere un governo serio, rimboccarsi le maniche e tirare due sganassoni, senza preoccuparsi di disturbare manovratori troppo potenti. Così il Davide italiano è riuscito a mandare a tappeto il Golia a tre teste del rating. E così, dopo aver attaccato e declassato per mesi l’Italia, le maggiori agenzie di rating, cambiano musica nel giudizio sull’azione del governo Monti. «L’Italia potrebbe tornare ai livelli di pil precrisi forse già nel 2013», certificava ieri Moody’s.
Mentre Fitch, se possibile, faceva molto di più, tirando la volata al professore, con una sviolinata e la messa in guardia dal ritorno a premiership politico-partitiche: «Il governo Monti ha moltissima credibilità politica», è stato il ragionamento del direttore operativo di Fitch, David Riley, secondo il quale l’Italia correrà di nuovo dei rischi alla fine del governo Monti: «I rischi politici sono maggiori di quelli economici. Monti deve spingere non tanto sull’austerità, su cui è stato fatto abbastanza, ma sulle riforme. Su quello si deciderà chi sarà il futuro leader, probabilmente ad aprile 2013».
A cosa si deve questo fulminante, clamoroso e rumoroso dietrofront, seguito all’annuncio di Monti e Passera dell’inversione di marcia e di una più vicina, possibile uscita dell’Italia dalla crisi? Le parti, nelle ultime quarantott’ore, si sono invertite. Le forze politiche e sindacali (coi distinguo della Cisl) hanno accolto con scetticismo e freddezza le affermazioni del premier e del suo ministro preferito. Le famigerate agenzie di rating hanno fatto l’opposto: convenendo con Monti sulle buone prospettive per l’Italia e rilasciandogli in tempo reale un certificato di ottima condotta con l’aggiunta di eccellenti referenze per il 2013.
Meglio tardi che mai. Per quanto è difficile non vedere dietro questo repentino ravvedimento – che prende atto dei fondamentali dell’economia italiana e delle robuste correzioni di rotta sul piano delle riforme e della riqualificazione della spesa – anche un effetto dell’inchiesta di Trani: il sassolino pugliese divenuto una valanga internazionale.
Giusto ieri la procura di Trani ha chiuso le indagini anche su Fitch, ultimo filone dopo quelli su Standard & Poor’s (che il 13 gennaio, a mercati ancora aperti, ci declassò con un taglio del rating da A a BBB+) e Moody’s. Tra gli indagati c’è anche Riley. Ipotesi di reato: manipolazione del mercato per oscillazioni di borsa ritenute anomale, con l’aggravante che Fitch era l’agenzia di riferimento del Tesoro.
Così va il mondo, le botte si danno e si prendono. Del resto quando l’ex governatore di Bankitalia, frattanto divenuto capo della Bce Draghi dichiara ai pm che «la reputazione delle agenzie di rating è stata completamente screditata (...) bisogna trovare un sistema per farne a meno o farne meno uso...»; quando le Tre sorelle finiscono nel triplice mirino di una procura, della Consob e della Corte dei conti che ne stima il danno erariale nei confronti dello stato in 120 miliardi di euro per i loro a dir poco avventati giudizi sul nostro debito; quando il dipartimento alla giustizia statunitense – notizia di ieri – chiede a Trani le carte dell’inchiesta nell’ambito dell’indagine americana sui mutui subprime su Moody’s e Standard & Poor’s; quando anche l’Ente europeo di regolamentazione dei mercati (Esma) si sveglia e apre un’inchiesta sulle Tre sorelle; quando tutto questo accade, vuol dire che per le signore del rating la festa è finita. Il minimo che potevano fare era cambiar musica: proprio in Italia, cioè dov’è cominciata la loro catastrofe. E loro, furbe, l’hanno fatto. Chissà se il beau geste le aiuterà a contenere i danni.
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