Maurizio Blondet
Irlanda e Lussemburgo attuano da decenni il dumping fiscale aggressivo contro i paesi membri, violando impunemente le regole europee sulla concorrenza non falsata. La Germania viola perennemente la norma che proibisce ad un paese di accumulare un attivo dei bilanci sopra il 6% ( è al 9), un risparmio incompatibile con gli equilibri macro-economici dell’eurozona. I paesi dell’Europa centrale, per non essere invasi dalle ondate di clandestini chiamati da Angela Merkel, hanno infranto ripetutamente le pletoriche regole sulla “libera circolazione” e l’accoglienza nello spazio Schengen. La Francia sfora regolarmente il 3% del deficit senza incorrere nelle minacce e sanzioni che per lo stesso motivo subisce l’Italia – e Bruxelles nulla dice perché senza Parigi a reggere il moccolo, si vedrebbe troppo che la Germania è quella che comanda da sola. Per salvare la sua banca di partito Montepaschi, RenziPd (ma con l’accordo di tutta la politica nostrana ha fatto il bail-out (accollandolo a noi contribuenti) invece del bail-in (accollare ai soci) prescritto dalle norme europee appena firmate. I paesi del Club Med, vittime della de-industrializzazione accelerata dovuta (essenzialmente) all’euro troppo “forte” per loro, sforano il limite del deficit 3 %.....
E tutte queste trasgressioni, si badi, non vengono da una supposta “eurofobia”, nazionalismo o “sovranismo populista”: sono dettate dalla necessità e dalle circostanze, da queste regole a taglia unica inadatte alle situazioni nazionali, mentre i governi – asserviti a Bruxelles e Francoforte – sono tutti volonterosi di obbedire, di mostrarsi “europeisti”, di compiacere Berlino scodinzolando. Solo che non possono. Diciamo di più: la stessa BCE infrange le sue proprie regole bancarie a favore di DeutscheBank, lasciando che valuti i titoli tossici e derivati che ha in pancia secondo criteri suoi propri, invece che quelli che valgono per le altre banche.
“Nessuno rispetta piu’ le normative”
La verità è che, di colpo, nessuno rispetta più le ‘regole’ europee. “E allora cosa resta più della UE?”. Se lo chiedono Coralie Delaume et David Cayla, gli autori di un saggio uscito a Parigi dal titolo “La fin de l’union européenne” (Michalon editore): senza punto interrogativo. Perché la loro tesi è appunto questa: come il guerriero del Berni, “che andava combattendo ed era morto”, Merkel e Juncker, Mogherini e Draghi stanno presiedendo ad uno sgretolamento che fanno semplicemente finta di non vedere, tenendo insieme la cosa morta, finché possono, con la gabba punitiva della BC, il fil di ferro della moneta unica e gli sbirri della Corte europea di Giustizia di Lussemburgo: due entità assolutamente sottratte alle democrazia e persino al diritto comune, e quindi al sicuro dalle volontà popolari. Ma la prima cosa che ha annunciato Teresa May nel discorso sul Brexit del 17 gennaio è stata la volontà di ripudiare la giurisprudenza della Corte. L’Ungheria di Orban ha fatto ancor meglio: ha modificato la Costituzione e il proprio sistema giudiziario in modo da non dover più applicare le decisioni della Corte Europea di Giustizia sul proprio territorio nazionale. “E senza nemmeno uscire dalla UE. Budapest è uscita in souplesse dall’ordine giuridico europeo, e le “autorità” UE sono impotenti a reprimerlo”, dicono i due autori. “Le due istituzioni (BCE e Corte) non avendo alcuna legittimità democratica, tengono botta solo perché i paesi membri accettano di cedere loro le prerogative nazionali. E’ un sistema di servitù volontaria” .
Ci sta chi ci vuole stare. Persino la piccola povera Grecia, il cui popolo aveva detto no. Ma con la complicità dell’eurogruppo (tutti i nostri governicchi) la BCE ha stroncato quella volontà popolare mettendo in ginocchio le banche greche, facendo mancare loro – scientemente e criminalmente – la liquidità: per giorni e giorni i greci non hanno potuto ritirare i soldi dai bancomat è accedere ai loro risparmi; e oggi continuano tutti a tenerla alla fame, a punirla. Ma questa stessa ferocia è un segno di panico cieco e di egoismo idiota: la Grecia pesa solo il 2% del Pil europeo. Eppure se Atene avesse lasciato la zona euro, ripudiando il debito (verso le banche tedesche e francesi), si temeva l’effetto domino.
Il referto di morte della UE sembra contraddetto dall’euro. La gente continua d “aver fiducia” nell’euro. I più dei sudditi dell’eurozona, se posti di fronte alla domanda per referendum, voterebbero per restarci dentro. L’euro si rivaluta persino, dopo il Brexit.
“La forza delle monete – rispondono i due – non dipende dalla “fiducia”. L’euro esiste perché è la sola moneta a corso legale in un insieme economico con 300 milioni di consumatori-produttori. La moneta è la congiunzione con un sistema giuridico che impone obbligatoriamente il suo uso e un mercato che, per la sua grandezza, la offre una certa profondità consentendo di essere facilmente usata come mezzo di pagamento. La visione della tortura inflitte ai greci e i discorsi terroristici dei media e dei cortigiani in caso di uscita dall’euro, fanno sì che per la maggioranza incolta del vecchio continente, cambiare moneta significa prendere dei rischi che appaiono più immediati dei benefici. Per i due autori, si può persino immaginare che la UE scompaia ma l’euro sussista, per semplice viltà e paura.
Viltà e paura della classe dirigente che ha fondato tutta la sua residua legittimità sull’europeismo e giustamente teme di perdere il potere, ed è riuscita a trasferire alle popolazioni: paura del futuro, paura di rischiare aria nuova, paura di figliare, paura di dire di no al politicamente corretto e alle idee conformiste vigenti…
Di qui la rabbia, il panico, lo scandalo, quando è apparso un Trump che dice dell’Euroipa: che è una colonia della Germania e sereve solo al lei, che attraverso essa Berlino esporta con moneta sopravvalutata, che non è che una burocrazia soffocante, che blocca lo sviluppo dei paesi membri. E’ la paura della verità. Nuda e cruda, alla Donald.
Hanno paura della verità
I media hanno parlato con odio di come Ted Malloch, che sarà il possibile ambasciatore di Trump alla Ue, ha consigliato di andare short (al ribasso) sull’euro, perché “fra 18 mesi sparirà”. Ma Ted Malloch ha detto molto di peggio – o di meglio.
In una intervista alla BBC dove gli veniva rinfacciata la sua presunta mancanza di esperienza, ha risposto: “Ho già avuto posti diplomatici in passato che mi hanno permesso di dare una mano ad abbattere l’URSS. Magari c’è una altra Unione che ha bisogno di essere domata”.
Ha spiegato che Trump “non ama le organizzazioni sovrannazionali, non elette,dove i burocrati fan quello che vogliono e non sono veramente democratiche”.
Alla domanda: cosa pensa di Juncker? Ted Malloch ha risposto: “Mister Juncker è stato un buon sindaco di una città del Lussemburgo, e forse dovrebbe tornare a fare lo stesso lavoro”.
A questo punto il giornalista (Andrew Neil) è stato colto da riso irrefrenabile: non si aspettava una risposta simile, nessuno la darebbe in questa Europa ingessata nel politicamente corretto.
Non a caso, nel loro cosiddetto vertice informale a Malta, i nostri capi burocratici non hanno deciso niente; se non di non rispondere polemicamente a Trump, non scuotere l’onda, far finta di niente. L’irrompere di incontrollate verità (la “brutalità” di Donald) può distruggere la loro costruzione artificiosa, legata con lo sputo e lo spago di Draghi. Sono troppo mediocri per accettare la sfida.
Per questo, temo, “resisteranno” fino all’inevitabile collasso bancario che produrrà la catastrofe del loro castello di carte. Il tema infatti non è se si deve o no restare nell’euro; è che se ne dovrà uscire catastroficamente , per la violenza delle circostanze, e una classe dirigente del tutto incapace, come questa. Ma di ciò, un’altra volta.
Nel vuoto di sovranità, emergono le “identità”
Perché interessa più, ora, riportare un’idea dei due saggisti: il tema dell’”identità”, molto presente nel dibattito pubblico francese anche perché eccitato dalla massiccia presenza islamica, ovviamente sentita come una minaccia all’identità nazionale. Secondo i due, il tema dell’identità (ricercare le proiprie radici, sentirsi in crisi d’identità) è l’effetto del vuoto politico lasciato dalla perdita della sovranità, insomma è uno dei mali che ha prodotto l’Unione Europea.
Perché è una soluzione falsa e regressiva. “L’identità di un paese è la risultante di ciò che ha fatto nella sua storia; ma se un popolo può scrivere la propria storia solo se dispone di se stesso. Se non lo è, s’interrogherà su quel che lui è con la tentazione di fare una lista di caratteristiche che suppone fissate per sempre”. Attenzione perché in questo processo, la “identità francese” o la “identità italiana” (la pastasciutta!) saranno contrastate dalla “identità musulmana” ai minimi termini wahabiti, dalle rivendicazioni delle “Donne”, dei “Rom”, dei LGBT, le “identità omosessuali” – insomma l’identità è un fattore di divisione e frazionamento senza fine. Quel pullulare di gruppi minimi e fra loro ostili che costituisce, per Ortega y Gasset, la barbarie.
Era una patologia dell’Eurocrazia che veniva già segnalata in un saggio di 25 anni fa da due grandi intellettuali durante il dibattito su Maastricht (De l’Europe en général et de la France en particulier – Marie-France Garaud et Philippe Séguin – Editions Le Pré aux Clercs –1992).
Eccone un passo: “Una volta abolita la sovranità, alle nazioni resterebbe la loro identità. Il termine non può che coprire allora un contenuto impreciso, usi e costumi, riti, lingua, originalità sociologiche [la pastasciutta italiana, ndr.]. I Greci già sapevano che una città per conservare i suoi dei e i suoi templi deve anzitutto restare una entità libera sulla scena della storia. Non può avere una nazione una vera conservazione della propria identità senza la sua sovranità, precisamente perché è l’autorità nazionale che fa la sintesi degli elementi etnici con quelli spirituali e morali”. E infine: “Dopotutto i pellerossa nelle loro riserve mantengono le loro piume e le loro tende, ma la loro identità è molto ridotta in un ordinamento nazionale che a loro sfugge”.
E’ il già fatto discorso della “natura” che nell’uomo deve essere integrata dalla “cultura”, dell’Ehnos che ha bisogno del Logos, come “materia” che ha bisogno di “forma” – e in Europa il Logos è da duemila anni il Logos incarnato che oggi così totalitariamente rifiutiamo.
Vediamo il fenomeno sotto altra forma. Il ministro Schauble ha riconosciuto che la Germania ha un surplus di esportazione, ma solo per dar la colpa alla BCE: che col suo quantitative easing tiene l’euro “troppo basso”. E’ difficile credere a tale stupidità e malafede, screditanti per lo stesso ministro che le profferisce, se la UE non avesse ottenuto lo scopo contrario a quello che diceva di voler azzerare: lo scoppio dei più stolidi egoismi nazionali e delle più regressive tensioni. I tedeschi, che in fondo sono sentimentali, in una Europa delle patrie avrebbero avuto pietà dei greci; avrebbero mobilitato raccolte di fondi, ne sono sicuro, per i terremoti del Centro Italia; avrebbero contribuito al costo dell’ondata di africani dal Mediterraneo. Invece adesso non lo fanno – peggio: sentono il dovere di essere spietati, perché è il loro modo di esercitare l’egemonia, insegnare le lezioni di austerità e non soccorrere chi ha “i conti in disordine”. Ciò che ha ricevuto Gentiloni a Malta, dal suo accordo con la Libia, sono stati complimenti. Soldi? No, ma l’Italia può usare più “flessibilità”, ossia indebitarsi ancora un po’, Berlino e Bruxelles ce lo consentono.
La Germania ha l’occhio su quei 300 miliardi di Target 2 che sono i soldi che ci ha prestato perché comprassimo le sue BMW e VW. Questa embricatura finanziaria impedisce ogni slancio disinteressato; sotto sotto, Berlino sa il noto detto: se hai un debito di 10 mila euro con la banca, hai un problema; se hai un debito di 300 milioni di euro, è la banca ad avere un problema. Figurarsi 350 miliardi. Quelli, se uscissimo dall’euro, non li pagheremmo proprio – e addio egemonia germanica. Sanno che – in un occidente bloccato da una deflazione per debiti eccessivi – la sola via di ripresa è “monetizzare il debito, cancellare il debito, ridurre a livelli sostenibili il debito pubblico per rilanciare l’economia” (Andrea Mazzalai), ma non lo fanno e non lo faranno, perché loro si sentono investiti del compito di insegnare la “disciplina” (e sono anche i massimi creditori).
“monetizzare il debito, cancellare il debito, ridurre a livelli sostenibili il debito statale per rilanciare gli investimenti”…giustissimo.
L’Europa burocratica anziché politica (“delle patrie”) “ha favorito una concorrenza feroce tra i paesi, generato una gerarchia fra vincenti (Germania e satelliti) e perdenti dell’integrazione, disarmato gli stati e vietato misure pubbliche sempre usate nella storia in caso di crisi, la UE sta uccidendo l’Europa, quella vera”, quella della cultura e della verità, del Logos, dell’amicizia possibile fra nazioni sovrane.
Nessun commento:
Posta un commento