PS: La FamigliaAgnelli (una parte) ha la maggioranza nel giornale "Economist"!
umberto marabese
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Secondo il settimanale britannico, Renzi avrebbe sprecato due anni «ad armeggiare con la Costituzione». Le dimissioni di Renzi in caso di No non sarebbero una catastrofe
di Franco Stefanoni
Gli italiani dovrebbero votare no al referendum del 4 dicembre perché non è quella costituzionale la riforma di cui l’Italia ha bisogno. È questa, in sintesi, la tesi sostenuta dall’Economist in un lungo editoriale. Secondo il prestigioso settimanale britannico il premier Matteo Renzi «ha sprecato quasi due anni ad armeggiare con la Costituzione. Prima l’Italia torna ad occuparsi delle riforme vere meglio è per tutta l’Europa». E per l’Economist le riforme vere sono «quelle strutturali dalla giustizia all’istruzione». La riforma costituzionale proposta da Renzi, prosegue l’editoriale, «non si occupa del principale problema dell’Italia: la riluttanza a riformare». Inoltre, «nel tentativo di porre fine all’instabilità che ha portato 65 governi in Italia dal 1945 introduce la figura dell’uomo forte. E questo nel Paese che ha prodotto Benito Mussolini e Silvio Berlusconi ed è vulnerabile rispetto al populismo». Le dimissioni di Renzi in caso di vittoria del `no´, conclude l’Economist, «potrebbero non essere la catastrofe che tanti in Europa temono. L’Italia potrebbe mettere insieme un governo tecnico, come ha fatto tante volte in passato....
. Se, invece, la sconfitta ad un referendum dovesse innescare il crollo dell’euro, allora vorrebbe dire che la moneta unica era così fragile che la sua distruzione era solo una questione di tempo». Il settimanale britannico non è il primo a essere intervenuto in queste settimane in materia di referendum. Sul Financial Times e anche sul Wall Street Journal hanno dedicato articoli sull’appuntamento del prossimo 4 dicembre e sulle possibili conseguenze politiche ed economiche del voto, segnalando entrambi possibili rischi per l’euro. Il Wsj, in prima pagina, ha sottolineato i rischi per gli investitori che «si preparano al tumulto», mentre il Ft gli ha dedicato un commento nelle pagine interne, firmato da Wolfgang Münchau, che vede dopo il referendum il rischio di una nuova «crisi della zona euro».
24 novembre 2016 (modifica il 24 novembre 2016 | 20:20)
Gli italiani dovrebbero votare no al referendum del 4 dicembre perché non è quella costituzionale la riforma di cui l’Italia ha bisogno. È questa, in sintesi, la tesi sostenuta dall’Economist in un lungo editoriale. Secondo il prestigioso settimanale britannico il premier Matteo Renzi «ha sprecato quasi due anni ad armeggiare con la Costituzione. Prima l’Italia torna ad occuparsi delle riforme vere meglio è per tutta l’Europa». E per l’Economist le riforme vere sono «quelle strutturali dalla giustizia all’istruzione». La riforma costituzionale proposta da Renzi, prosegue l’editoriale, «non si occupa del principale problema dell’Italia: la riluttanza a riformare». Inoltre, «nel tentativo di porre fine all’instabilità che ha portato 65 governi in Italia dal 1945 introduce la figura dell’uomo forte. E questo nel Paese che ha prodotto Benito Mussolini e Silvio Berlusconi ed è vulnerabile rispetto al populismo». Le dimissioni di Renzi in caso di vittoria del `no´, conclude l’Economist, «potrebbero non essere la catastrofe che tanti in Europa temono. L’Italia potrebbe mettere insieme un governo tecnico, come ha fatto tante volte in passato....
. Se, invece, la sconfitta ad un referendum dovesse innescare il crollo dell’euro, allora vorrebbe dire che la moneta unica era così fragile che la sua distruzione era solo una questione di tempo». Il settimanale britannico non è il primo a essere intervenuto in queste settimane in materia di referendum. Sul Financial Times e anche sul Wall Street Journal hanno dedicato articoli sull’appuntamento del prossimo 4 dicembre e sulle possibili conseguenze politiche ed economiche del voto, segnalando entrambi possibili rischi per l’euro. Il Wsj, in prima pagina, ha sottolineato i rischi per gli investitori che «si preparano al tumulto», mentre il Ft gli ha dedicato un commento nelle pagine interne, firmato da Wolfgang Münchau, che vede dopo il referendum il rischio di una nuova «crisi della zona euro».
. Se, invece, la sconfitta ad un referendum dovesse innescare il crollo dell’euro, allora vorrebbe dire che la moneta unica era così fragile che la sua distruzione era solo una questione di tempo». Il settimanale britannico non è il primo a essere intervenuto in queste settimane in materia di referendum. Sul Financial Times e anche sul Wall Street Journal hanno dedicato articoli sull’appuntamento del prossimo 4 dicembre e sulle possibili conseguenze politiche ed economiche del voto, segnalando entrambi possibili rischi per l’euro. Il Wsj, in prima pagina, ha sottolineato i rischi per gli investitori che «si preparano al tumulto», mentre il Ft gli ha dedicato un commento nelle pagine interne, firmato da Wolfgang Münchau, che vede dopo il referendum il rischio di una nuova «crisi della zona euro».
24 novembre 2016 (modifica il 24 novembre 2016 | 20:20)
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