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PS: <<Fermare la guerra significa fermare la NATO: basta partare alle sue guerre, subire le servitù militati della sue basi, finanziarla e propagandarla.>>
umberto marabese
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Il regime NATO: basta partecipare alle sue guerre, subire le servitù militari, le sue basi, finanziarla e propagandarla. Proposte d'azione per un movimento per la pace. di Daniele Mallamaci.
Annichilire la Russia come superpotenza antagonista, recidendone ogni legame con l'Unione Europea; blindare quest'ultima nel campo occidentale, per succhiarne ricchezza e sfruttarne la posizione; affrontare e sconfiggere la Cina, perpetuando la propria egemonia nel XXI secolo: ecco in sintesi la strategia americana, di cui la crisi in Ucraina è solo l'ultimo, temporaneo atto.
In Europa la realizzazione di questo disegno non sta incontrando resistenza, nonostante alcuni leader come papa Francesco e il presidente della Commissione Europea Juncker ormai parlino apertamente e pubblicamente di terza guerra mondiale.
Gli Stati dell'UE gareggiano infatti in militarismo, foraggiando con soldi, uomini e basi la guerra infinita di Washington, finanziata dall'austerity infinita che - in nome della chimera della crescita impossibile - governi d'ogni colore infliggono ai loro popoli.
Intanto, i media allontanano dalle teste e dalle coscienze degli europei l'idea di che cosa significhi essere in guerra, mistificando come ci si entri, come la si faccia e quali siano le sue conseguenze.
Cosicché mentre la guerra infuria dal Donbass a Gaza e dalla Cirenaica al Levante, le "civili" e "tecnologiche" opinioni pubbliche europee non sanno, non capiscono.
E si girano dall'altra parte: democraticamente, s'intende.
In Ucraina stanno morendo a migliaia uomini e donne che sono "europei" quanto lo sono italiani, francesi, tedeschi, inglesi, eppure gli "europei occidentali" chiudono gli occhi, disinteressandosi alla realtà un po' per stupidità, un po' per ignoranza.
La guerra che sta martoriando un Paese dell'Est Europa non interessa chi vive nell'Ovest Europa, non interessa a chi vive nell'irrealtà della propaganda, in cui la notizia dell'inizio dei campionati dei calcio oscura quella della controffensiva dei ribelli di Donetsk, come già il maltempo estivo ha oscurato l'operazione "Margine di Protezione" d'Israele contro i palestinesi.
Agli indifferenti dell'Ovest la guerra non interessa.
E va avanti.
Riassumendo: da mesi in Ucraina i carri armati, gli aerei e le truppe stanno uccidendo migliaia di "europei" come noi: c'interessa? Da settimane i nostri governanti stanno discutendo di attaccare la Russia, ovvero lo Stato più grande della Terra, abitato da 145 milioni di persone, con riserve energetiche cruciali per il nostro futuro, un'economia interdipendente con la nostra e - ultimo ma non ultimo - uno degli eserciti più forti del globo e dotato di arsenale nucleare: c'interessa?
Se tutto ciò c'interessasse vivremmo nella realtà e sapremmo chi ci ha impartito l'ordine di guerra, da dove e perché; non vivremmo nell'irrealtà di chi non sa, è indifferente o s'è illuso che a farci la guerra siano i russi e non viceversa o crede che ad invadere l'Ucraina sia stata la Russia e non la NATO.
L'irrealtà dei nostri media e governi è una bugia e per uscirne bisogna informarsi e pensare.
Informarsi sull'ordine di guerra che è stato emanato lontano, oltre Atlantico, dai comandanti della macchina bellica occidentale: gli stessi che da Washington già hanno allestito e dirigono il sanguinoso, costoso teatro ucraino.
Informarsi sull'altra decisione presa dall'alto di questo ponte di comando: annientare il pericolo Russia e sottomettere l'ancella Europa per sferrare alla Cina il cosiddetto "first strike" (ovvero "primo colpo", cioè usare l'atomica colpendo per primi il nemico).
Informarsi sul ruolo che i comandanti dell'Occidente in guerra contro l'umanità hanno assegnato a noi europei: protagonisti di secondo rango, destinati a seconda delle circostanze a servire come portafogli-maggiordomi o a morire come carne da cannone.
Informarci e pensare: c''interessa che con l'Ucraina in fiamme e la Russia minacciata, la guerra "degli altri" è diventata la "nostra" guerra senza che ce ne siamo accorti o abbiamo reagito?
Informiamoci, pensiamo e usciamo dall'irrealtà degli schermi di tv, computer e smartphone per guardare aprire gli occhi e guardare la realtà: la guerra c'interessa.
C'interessa perché va avanti e procede contro di noi.
C'interessa e bisogna fermarla, sia la guerra in corso in Ucraina, sia i preparativi di quella in allestimento contro la Russia.
Si può fermare la guerra?
Il movimento per la pace è ininfluente come non mai, diviso da questioni territoriali o tematiche sulle quali negli anni sono state costruite le lotte di movimenti, associazioni e personalità - quasi tutte perdenti, purtroppo.
Tuttavia, nelle desolanti società dei Paesi belligeranti - qual è il nostro - il sempre maggiore peso della guerra nella vita nazionale sta determinando l'emergere d'una novità significativa: dalla disoccupazione al debito, dalle grandi opere alle privatizzazioni, dall'inquinamento all'immigrazione clandestina, la guerra sta divenendo il buco nero che risucchia ogni altra questione. Tali sono l'impegno (soldi) e il pericolo (paura) che comporta l'avvicinarsi delle armi alle nostre frontiere che tutto e tutti sono attirati dalla gravità della guerra, volenti o nolenti, ignari o ignavi.
Dalla rivolte dei neri americani di Ferguson contro la povertà e la repressione loro imposta dall'amministrazione Obama nel sacrificare il benessere e i diritti dei cittadini sull'altare della guerra, alle proteste di Niscemi in Sicilia e a quella prevista a Capo Frasca in Sardegna in cui gli italiani manifestano contro la basi straniere e le esercitazioni militari che avvelenano la salute dell'uomo e della natura, su entrambe le sponde dell'Atlantico già s'è materializzata la protesta contro la guerra, ancora minoritaria ed inefficace perché confusa e scoordinata.
Per fermare la guerra deve allora nascere un movimento che unisca e mobiliti innanzitutto chi già protesta per disperazione e rabbia o poiché s'informa, pensa e agisce.
In Italia queste persone ci sono e numerose, nonostante leggi elettorali truffaldine le abbiano private d'ogni rappresentanza politica e il circo mediatico di regime le abbia zittite declassandole a maggioranza silenziosa.
Una maggioranza silenziosa che può diventare rumorosa, a condizione di cambiare lo slogan usato all'epoca dalle proteste all'invasione dell'Iraq del 2003: dovranno cioè dire basta non alla guerra nella sola Ucraina o alla guerra in generale, bensì contestare chi la guerra la fa: la NATO.
Fermare la guerra significa fermare la NATO: basta partare alle sue guerre, subire le servitù militati della sue basi, finanziarla e propagandarla.
Un movimento per la pace simile deve proporsi come finalità l'uscieciptadell'Italia dall'alleanza militare con gli Stati Uniti: finché resteremo nella NATO, infatti, i governi dell'austerity permarranno al potere e continueranno la disoccupazione, il debito, le grandi opere, le privatizzazioni, ecc.
Manifestando contro la NATO si darà dunque un obiettivo più grande e definito a quelle tante lotte che in Italia esistono pur languendo tra l'astrazione e l'estinzione.
Si farà anche opera d'informazione e di riflessione, creando momenti di partecipazione e scambio comuni.
Opponendosi alla NATO si lotterà inoltre contro quel tentacolo euro-mediterraneo dell'esercito statunitense fondamentale per garantire a Washington il monopolio monetario e energetico, prospettando quindi la possibilità di dialogare e collaborare con il fronte di chi nel mondo sta resistendo agli USA: dalla Russia alla Cina, dal Brasile all'Iran.
Infine, si ostacolerà la strategia americana in Europa, configurando sinergie continentali con chi vuole un'UE diversa da quella in (de)costruzione.
Se la guerra c'interessa e vogliamo fermarla, dobbiamo fermare chi la fa: la NATO.
Il tempo è poco e la situazione nazionale e internazionale si deteriora ogni giorni di più, in attesa delle decisioni del summit NATO in Galles.
Il risucchio del buco nero è forte ed aumenta: agiamo insieme e in fretta, per non carambolarci dentro anche noi.
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