Esercito russo ai confini dell’Ucraina: vedere sparate sui giornali le foto di una ventina dimezzi corazzati russi e ricordare i cumuli di tubi dell’Iraq spacciati come armi di distruzione di massa, per me è tutt’uno. Esagerato? Mica tanto. La propaganda è la stessa, il fine anche, la balla ugualmente palese.
Non c’è esperto militare serio che non sappia che l’esercito russo non è in grado di affrontare una campagna di terra impegnativa come quella necessaria per invadere e occupare una “fetta” importante di Ucraina. Inoltre sarebbe una guerra vera e le truppe del Cremlino dovrebbero con ogni probabilità affrontare anche una sorta di resistenza, a base di attentati e gesti terroristici, da parte dei civili ucraini, presso i quali è forte il sentimento nazionalistico. Infine, è chiaro a tutti che Vladimir Putin non ha alcun interesse a impegnare l’esercito russo e la Russia intera in un’impresa così complessa e rischiosa, quando può ottenere gli stessi dividendi con la diplomazia e con gli interventi sul mercato dell’energia (non solo gas e petrolio: chi darà all’Ucraina, domani, il combustibile per le centrali nucleari, oggi fornito al 100% dalla Russia?) e dei beni esportati dall’Ucraina.......
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A parte coloro che propalano fandonie per mestiere o per convenienza o per stupidità, il vero problema sono coloro che in buona fede credono nella favoletta del “nazionalismo russo” che sarebbe stato tirato fuori dal cassetto da Putin per ragioni di mero potere. E che oggi compiangono i poveri Paesi dell’ex blocco sovietico, di nuovo impegnati a confrontarsi con le rinnovate pretese dell’ex “padrone”, tornato a spiriti sovietici. Lo spetto dell’esercito russo!
Intanto, il nazionalismo russo è vecchio di secoli. I russi sono nazionalisti allo stesso modo in cui lo sono gli americani, i cinesi, gli indiani, i giapponesi, per non parlare appunto dei polacchi o degli ucraini. Putin non ha scoperto nulla e non ha dovuto nemmeno impegnarsi nel rilancio di quel nazionalismo storico, perché ci avevano già pensato gli occidentali, con gli Usa in testa. L’America e una parte dell’Europa sono in questo figli di un tragico errore: quello di aver dato per spacciata la Russia dopo la fine dell’Urss. Hanno drammaticamente influito le analisi, o pseudo tali, di una corrente di pensiero che si coagulò in un famoso libro dei primi anni Novanta di Zbigniew Brzezinski, che dal 1977 al 1981 fu Consigliere per la sicurezza di Jimmy Carter (appunto), e che vedeva gli Usa sola potenza al mondo, con un’Europa troppo divisa, una Cina fiaccata dalle riforme e una Russia appunto distrutta.
Esercito russo e propaganda
Nato a Varsavia nel 1928, diventato americano solo a 30 anni, Brzezinski confondeva forse i sui desideri di polacco con la realtà. Ma nel frattempo molti si sono comportati come se tutto ciò fosse vero. La Nato si è affrettata a espandersi verso Est con ogni scusa possibile, come se di fronte non ci fosse nessuno. Quando si trattò di intervenire in Kosovo gli Usa (e molti Paesi europei) lo fecero cercando in ogni modo di umiliare Boris Eltsin e il Cremlino. Nei Paesi dell’ex blocco sovietico sono stati appoggiati e incoraggiati Governi che praticavano l’antisovietismo anche se l’Urss non esisteva più da tempo: si pensi alla Polonia dei gemelli Lech e Jaroslaw Kaczynski, all’Ucraina della Tymoshenko, all’Estonia, alla Repubblica Ceca, all’Ungheria…
Si pensi all’appoggio dato più tardi a un regime demenziale come quello del presidente Saakashvili in Georgia, che cercò persino di scatenare una guerra e fu punito dall’esercito russo. O alla solidarietà fornita alla guerriglia cecena, certo non limitata alla sola comprensione per gli eccessi crudeli dell’esercito russo, certo non pari alla solidarietà offerta ai russi dopo massacri come quello di Budionnovsk (166 morti) nel 1995.
Quando Putin arrivò al potere nel 1999, il frutto era già maturo. Chi, come me, ha vissuto a Mosca nei primi anni Novanta e ha poi continuato a frequentare il Paese, ha visto svolgersi giorno per giorno il processo: dall’innamoramento per l’Occidente alla disillusione per essere trattati con diffidenza e disprezzo (questa, almeno, la percezione dei russi) fino al rancore sublimato nell’orgoglio nazionalistico. Il tutto mentre, con tutti i suoi difetti e i suoi oligarchi, la potenza della Russia risaliva, al posto di disperdersi come pronosticato dal buon Brzezinski. E ora siamo qua, a raccontarci la favoletta consolatoria dell’esercito russo brutto sporco e cattivo che preme ai confini.-------------
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