Già nel 2015 il primo ministro

 israeliano Benjamin Netanyahu

 s’impose al Congresso contro il

 parere dell’allora presidente Barack

 Obama. Mise i segretari

 dell’ambasciata israeliana tra i

 banchi dei parlamentari per

 prendere nota di chi che non 
l
o applaudiva e quindi non avrebbe

 potuto beneficiare sul suo aiuto

 interessato per essere rieletto.

Dopo la debacle di Joe Biden nel disastroso confronto con Donald Trump e in previsione del ballottaggio delle elezioni presidenziali in Iran, il controverso intervento del primo ministro Benjamin Netanyahu al Congresso degli Stati Uniti, previsto per il 24 luglio, ha suscitato un’ondata di vivaci commenti, in particolare da parte dei gruppi di suoi connazionali all’interno e all’esterno di Israele, che sottolineano la propensione pro-Trump del primo ministro israeliano. I gruppi che invece sostengono il presidente Biden e il partito Democratico criticano l’indesiderata presenza di Netanyahu a Capitol Hill. Le elezioni presidenziali negli Stati Uniti sono nelle mani di Netanyahu e dell’AIPAC [American Israel Public Affairs Committee], la potente lobby israelo-statunitense?

Il Comitato sionista-americano per gli Affari Pubblici si è introdotto nell’AIPAC, gruppo di pressione che esercita una notevole influenza sul potere esecutivo e legislativo negli Stati Uniti. L’AIPAC è considerato il gruppo di pressione più potente nella pletora di organizzazioni pro-Israele che pullulano negli Stati Uniti. L’AIPAC si vanta di rappresentare «oltre tre milioni (sic) di americani pro-Israele in ogni distretto congressuale per rafforzare il sostegno bipartisan nelle relazioni degli Stati Uniti con Israele». L’AIPAC si descrive come la «più grande lobby pro-Israele» che offre le più cospicue risorse (sic) direttamente ai candidati: il 98% dei candidati sostenuti nel 2022 ha vinto le elezioni generali!

Le sue ingenti entrate — escludendo le “donazioni”, deducibili dalle tasse, dei finanzieri khazari di Wall Street — ammontavano nel 2022 a 473,5 milioni di dollari. Il sito israeliano Forward sostiene che, a partire dal 7 Ottobre — data emblematica dell’attacco di Hamas a Israele — l’AIPAC ha raccolto 90 milioni di dollari «la maggior parte dei quali destinati alle elezioni del 2024» [1].
Il quotidiano anti-Netanyahu Haaretz spiega la potenza dell’AIPAC negli Stati Uniti, il cui «gruppo di raccolta fondi svolgerà un ruolo decisivo nelle elezioni del 2024» [2]. Non bisogna perciò sottovalutare la decisiva onnipotenza dell’AIPAC negli Stati Uniti che, oltre a lubrificare una pletora di legislatori statunitensi, ha recentemente inflitto una dolorosa sconfitta nel suo feudo newyorkese al rappresentante Jamaal Bowman — membro del gruppo progressista e filo-palestinese Squad, guidato dalla giovane Alexandria Ocasio-Cortez [3] — grazie alle massicce donazioni sioniste di chi ora cerca altre teste elettorali da decapitare [4].

Il sito Jacobin sostiene che la disfatta di Bowman da parte dell’AIPAC maschera paradossalmente «la sua debolezza» [5]. Anche il Financial Times commenta l’autoreferenziale intervista rilasciata a Channel 14 in cui Netanyahu espone i piani di guerra, vicini agli zeloti del gabinetto Ben-Gvir e Smotrich, per un’«estate di conflitto» [6]. Il sito Rete Voltaire [7] riferisce che i binazionali israelo-statunitensi condannano la visita di Netanyahu a Washington. Il gruppo UnXeptable ha lanciato in California una campagna contro la presenza di Netanyahu al Congresso il 24 luglio che, a mio avviso, sarà decisiva per la progettata invasione del Libano.

Secondo Rete Voltaire [8], una pletora di personalità israeliane condannano sul New York Times la visita di Netanyahu: David Harel (presidente dell’Accademia israeliana delle scienze e delle scienze umane), Tamir Pardo (ex direttore del Mossad), Talia Sasson (ex direttrice del Dipartimento per i compiti speciali della Procura di Stato), Ehud Barak (ex primo ministro), Aaron Ciechanoveret (premio Nobel per la chimica) e David Grossman (romanziere e saggista) per citarne alcuni.

Prima della debacle di Biden, la Casa Bianca non ha nascosto il suo «timore» per la presenza di Netanyahu al Congresso: «Nessuno sa cosa dirà» [9]. John Mearsheimer, docente all’Università di Chicago, ha parlato di un inconcepibile potere della lobby israeliana negli Stati Uniti [10] che, a mio parere, è diventata uno Stato nello Stato.

Traduzione
Rachele Marmetti