Facile e conveniente. È così che l’Unione Europea presenta l’ennesima decisione controversa: i dati personali dei cittadini europei verranno trasferiti in Israele.
Nel 2011 Tel Aviv aveva ricevuto la prima autorizzazione, ma è a gennaio di quest’anno che arriva il via libera definitivo. L’Unione riconosce così lo “status di adeguatezza”.
“Si tratta di un passo molto importante per le relazioni commerciali con l’Europa”, afferma il garante della privacy israeliano.
“Questo riconoscimento elimina la necessità di meccanismi legali specifici per il trasferimento dei dati in Israele, come clausole contrattuali dettagliate. Di conseguenza, riduce i costi per le imprese e le organizzazioni in Israele, minimizza i rischi legali e crea un vantaggio competitivo per le aziende israeliane”.
Tradotto: la sorveglianza di massa ora passa per Tel Aviv. A denunciarne i rischi arriva infatti una lettera firmata dai principali gruppi per i diritti umani.
Sebbene infatti l’autorizzazione sia passata ad inizio 2024, solamente ora la notizia diventa di pubblico dominio. È così che Amnesty International, Statewatch, Access Now e diverse altre organizzazioni scrivono preoccupate alla Commissione europea.
“L’Unione europea ha scelto di consentire il trasferimento illimitato di dati a Israele. Le normative del paese relative all’ottenimento, al trattamento e al successivo trasferimento dei dati personali non sono però in linea con gli standard delineati nel Regolamento generale sulla protezione dei dati e dalla Carta dei diritti fondamentali dell’UE”.
Diversi i punti sollevati dalla lettera. In primis sorgono dubbi sull’attuale stato di diritto in Israele. Il genocidio in atto e le pressioni del governo Netanyahu mettono a repentaglio l’indipendenza della magistratura.
“Temiamo che la Commissione non abbia sufficientemente tenuto conto di questi sviluppi” scrivono le organizzazioni.
In secondo luogo, la valutazione dell’Unione
“non tiene conto delle pratiche di sorveglianza di Israele, mostrando una comprensione imprecisa e limitata dei tipi di dati sulle comunicazioni – compresi i dati sulle comunicazioni tra individui nell’UE – che rientrano nei poteri di conservazione dei dati e di intercettazione legale di Israele”.
Ricordiamo infatti che le forze di sicurezza israeliane hanno un accesso illimitato ai dati biometrici nazionali. Un database che contiene impronte digitali e dati facciali di circa 7 milioni di persone. Inoltre arrivano da Israele tutti gli strumenti di sorveglianza e spyware responsabili del tracciamento di giornalisti e politici.
“I trasferimenti indiscriminati di dati personali da e verso i territori occupati sono stati determinanti per la costruzione dell’apparato di sorveglianza di massa, decisivi per la costruzione di database biometrici dei palestinesi e il loro utilizzo per liste di uccisioni generate dall’intelligenza artificiale a Gaza. Israele non può in alcun modo essere considerato un paradiso per la protezione dei dati” conclude la denuncia.
Nel frattempo però, i cittadini europei potrebbero già essere profilati, controllati e spiati dal governo di Tel Aviv.
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