sabato 3 dicembre 2022

Conflitto tra Russia e Ucraina, la promessa di non allargare la Nato a est ci fu davvero

 

PS: ....ultimo tratto da un articolo di  — 24 Febbraio 2022. A voi, lettori, l'ardua sentenza!!!!!

umberto marabese

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....Quando crollano gli Stati in cui convivono differenti nazionalità le etnie che in precedenza appartenevano alla stessa comunità nonostante le differenze, si ritrovano in conflitto tra loro; non sono più cittadini di un unico grande paese, ma diventano maggioranze arroganti e minoranze mal tollerate, anche in conseguenza di precedenti tragiche vicissitudini (si pensi al caso delle minoranze russe nei Paesi Baltici che avevano, nell’Urss, un ruolo egemone rispetto ai nativi). Il fatto è che l’Occidente non ha vinto la guerra fredda; è stata l’Urss a perderla. Le conseguenze sono state non solo una grave crisi economica (nella transizione dal socialismo reale), ma anche l’implosione dell’Impero. E l’Occidente ne ha approfittato. Nel suo saggio In lode della guerra fredda. Una controstoria (Longanesi 2015) un testimone di quel tempo, Sergio Romano, ricorda l’impegno che George Bush assunse nel 1991 con Michail Gorbaciov quando lo persuase ad accettare che la Germania unificata facesse parte della Nato: l’alleanza non avrebbe esteso la sua presenza militare al di là della vecchia cortina di ferro.

Romano riporta nel libro una rievocazione di quell’incontro – che si svolse a Malta – dell’ambasciatore Usa a Mosca Jack Matlock; considerando i fatti descritti da un testimone presente come il diplomatico americano, l’autore trae le seguenti conclusioni: «Come tutte le intese che (come Yalta? ndr) non si traducono in un formale trattato, anche quella tra Bush e Gorbaciov, al momento dell’unificazione tedesca, può essere letta in diversi modi. Ma lo spirito dell’accordo era nelle parole pronunciate dal segretario di stato James Baker; la Russia rinuncerà alla sua egemonia sull’Europa orientale, gli Stati Uniti non ne approfitteranno per estendere la loro influenza politica sulla regione». Secondo Romano «quello spirito fu certamente tradito». Eppure il 28 maggio del 2002 i leader dei 19 Paesi allora aderenti alla Nato e il premier russo Vladimir Putin (sono trascorsi 20 anni, Putin era già al potere, vi è rimasto e vi resterà) sottoscrissero una dichiarazione, a Roma, il cui incipit prometteva l’avvio di una nuova era: «All’inizio del 21/mo secolo viviamo in un mondo nuovo, strettamente correlato come mai nel passato, dove minacce e sfide nuove e senza precedenti esigono risposte sempre più unite», tra le quali anche la lotta al terrorismo, la difesa comune e la collaborazione militare.

Fu una grande operazione di politica internazionale di cui il governo Berlusconi si attribuì gran parte del merito e che diede inizio alla leggenda dell’amicizia tra il Cavaliere e il nuovo zar. Quell’esperimento «del dopo Guerra Fredda, mai molto riuscito, per creare un clima di fiducia tra la Russia e la Nato», si è progressivamente logorato fino alla rottura dei rapporti diplomatici nell’ottobre scorso. A torto o a ragione per Putin si pone un problema di sicurezza. Bluffa oppure è convinto che degli Usa non ci si può più fidare da quando hanno eletto (e potrebbero rieleggere) un presidente come Donald Trump?

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