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lunedì 3 giugno 2019

Di Maio: «Fico vuole sfasciare tutto?» Le condizioni leghiste per evitare la crisi

Di Maio: «Fico vuole sfasciare tutto?» Le condizioni leghiste per evitare la crisi

Le condizioni di Salvini per scongiurare la crisi: dicano subito sì a grandi opere, sicurezza e flat tax.

di Monica Guerzoni
La battuta a denti stretti con cui Matteo Salvini ha sferzato il presidente della Camera mette a nudo lo stato dei rapporti con i Cinque Stelle, a loro volta dilaniati per la guida del Movimento: «Andiamo tutti al bar... Offre Fico, visto che è la festa dei migranti, dei rom e dei borseggiatori». Dietro il sipario dello scontro tra il ministro dell’Interno e l’inquilino di Montecitorio si intravede lo psicodramma del M5S. Un terremoto interno che preoccupa i leghisti e al tempo stesso li elettrizza.
Luigi Di Maio è «molto arrabbiato» per l’attacco di Roberto Fico a Salvini. «Inaccettabile strumentalizzare la festa del 2 giugno in un momento così delicato — si è sfogato il capo politico —. Io non avrei mai detto quella frase». Il sospetto di Di Maio è che Fico, «in cerca di visibilità», abbia di proposito provocato Salvini «per sfasciare tutto», terremotare il Movimento e buttare giù il governo. Magari col segreto intento di trattare con il Pd...
Di Maio teme un assalto alla sua leadership e anche di questo, nel pomeriggio, ha parlato al telefono con Fico, alla ricerca di un difficile chiarimento.
Il governo è in pezzi. Oggi Giuseppe Conte si rivolgerà agli italiani e richiamerà all’ordine Salvini. Ma prima di venerdì, quando il premier metterà il governo attorno a un tavolo alla disperata ricerca di un nuovo patto di legislatura, difficilmente gli animi si saranno placati. «Si può mettere un cerotto per scavallare il prossimo Cdm e poi si vede», è lo stato d’animo di Salvini, che vuole il sì alle grandi opere in settimana,o scriverà la parola fine: «Non tirerò a campare».
Il leader della Lega, forte dei cori osannanti che lo hanno accolto alla parata, avrebbe tutto l’interesse a passare all’incasso, trasformando i voti in seggi parlamentari. Come dice un leghista che frequenta Palazzo Chigi, «Matteo si trova davanti a un albero carico di frutti, perché non dovrebbe raccoglierli?». Ma i rischi di rompere sono alti. Come osservava a margine delle celebrazioni il ministro degli Esteri, Enzo Moavero Milanesi, «la situazione è pesante e spigolosa, ma la prossima legge di Stabilità sarà una delle più impegnative di sempre...». E Salvini non ha una gran voglia di intestarsela da solo, dalla poltrona di Palazzo Chigi. Resta il tema della sproporzione tra i voti (tanti) e i parlamentari della Lega, che sono la metà di quelli 5 Stelle. Ma Salvini non pare curarsene troppo. E così, non avendo un particolare feeling con Giorgia Meloni ed essendo a dir poco scettico sull’urgenza di rimettere in piedi il centrodestra, continua a navigare a vista. Con la segreta speranza che siano i 5 Stelle, che «fanno tutto da soli», a servirgli la crisi di governo su un piatto d’argento.
«Io non rompo, non chiedo poltrone, sarò responsabile — è il mantra di Salvini — Ma i 5 Stelle devono abbassare un po’ la testa e accettare di accelerare su flat tax, autonomia e sicurezza—bis, perché non ho voglia di galleggiare, né di farmi logorare». I pontieri sono al lavoro e il messaggio in bottiglia che il «Capitano» della Lega ha inviato a Di Maio suona così: «Continuare ad attaccarci significa aprire la crisi e addossarsene la responsabilità». Il problema, visto dal Carroccio, è la tenuta del Movimento. I gruppi parlamentari sono terrorizzati all’idea di tornare in cabina elettorale e uscirne dimezzati. Una crisi al buio spaventa anche i vertici, incerti tra strappare subito e resistere fino a primavera. «L’evoluzione che il M5S deve compiere ha bisogno di tempo», sospira un deputato. Ma Salvini ha fretta. Vuole uno «choc fiscale» per far ripartire la crescita, non rinuncia alla Tav, spera di ottenere in corsa, magari senza chiederla, la testa di Toninelli, Trenta e Costa. Rimpasto per lui è una parolaccia, ma «se non cambiano loro, cambiamo ministri». Insomma, Salvini vuole andare avanti alle sue condizioni. Sempre che Di Maio resti alla guida dei 5 Stelle: perché con Alessandro Di Battista, si sa, il segretario della Lega non vuole prendere nemmeno un caffè.
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