PS: Invito i lettori che mi onorano della loro presenza, a leggere attentamente questo post di Marcello Veneziani. Grazie
umberto marabese
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(Marcello Veneziani – Il Tempo) –
Ma che razza di bestia è il razzismo? Proviamo a uscire dalle rozze polemiche che sommergono la politica e i media e fanno del razzismo l’Unico, Assillante Tema del Giorno. Col miserabile strascico di polemiche caso per caso, il pallottoliere delle vittime vere e presunte del razzismo e viceversa le vittime dei migranti.
Dunque, per cominciare, le Razze esistono davvero o sono solo pseudoconcetti, ideologie, aberrazioni mascherate di etnologia? Non lo so se esistano o meno e rifiuto di prender partito in una disputa che dovrebbe avere tratti scientifici e invece ha solo connotati ideologici e politici. Non mi accontento di quel che la scienza ha attestato per secoli, che le razze esistono e differenziano l’umanità. Lo ha sostenuto la scienza positivista, innanzitutto, non legata a canoni reazionari o dogmi religiosi o nazionalisti, ma solitamente evoluzionista, laicista, a volte politicamente radicale, se non “di sinistra”...
Era il tempo in cui si studiavano le razze, le differenze tra i popoli, la fisionomica, con esiti a volte crudeli. Non mi accontento dei loro studi perché la scienza si evolve più delle civiltà e le sue conoscenze possono essere confutate, ribaltate nel corso del tempo. Per la stessa ragione diffido di chi oggi proclama l’inesistenza delle razze perché è trasparente il messaggio ideologico e politico che vuole veicolare. Se nella classificazione delle razze di ieri è da considerare anche l’humus psicologico e ideologico dell’epoca, le dominazioni coloniali; nella negazione odierna è da considerare lo stesso retroterra in senso capovolto, compresa l’egemonia ideologica di una visione egualitaria, terzomondista, eurofobica...
In ogni caso, esistano o no le razze – siano una verità scientifica, un’evidenza reale o un’impostura, una forzatura della realtà – il riconoscimento delle razze implica le differenze tra le etnie e non la superiorità o l’inferiorità razziale. Diventa razzismo quando si impone il primato di una razza e si dispone la persecuzione di un’altra, fino all’aberrazione estrema dello sterminio. Nel mondo, l’unico paese che ha inserito oggi una clausola razzista nel suo ordinamento costituzionale è Israele che si definisce “Stato nazionale sovrano del popolo ebraico”, e dunque reputa estranei, ospiti o sudditi, i non ebrei, a partire dai palestinesi.
Fatta questa premessa di fondo, l’Italia d’oggi o l’Europa d’oggi, può dirsi preda del razzismo? Sono razzisti i populisti e i governi sovranisti, come suggerisce ogni giorno in tutte le salse l’Apparato mediatico-politico dominante? Se consideriamo i numeri, la presenza di milioni di migranti neri venuti da paesi remoti, con altre religioni o superstizioni, altri modi di vivere e di considerare la vita umana; se consideriamo che milioni di giovani sradicati vengono qui senza un lavoro, senza una donna, senza condizioni minime di stabilità, a cominciare dall’abitazione, siamo seduti su una polveriera. Arrivo a dire che rispetto a queste premesse sono relativamente pochi i reati compiuti dai medesimi tra violenze, stupri, furti, aggressioni, disordine sociale. E in rapporto a questi, sono ancora più esigui gli episodi di intolleranza da parte degli italiani che si possano veramente ricondurre al razzismo. Casi di maleducazione, difficile convivenza, violenza scoppiano ogni giorno, soprattutto nei luoghi più degradati o negli spazi pubblici più affollati di migranti. Se si isolano dalla cronaca quotidiana e si montano solo quelli che hanno avuto come antagonisti o vittime i neri, si fabbrica il razzismo. Ogni giorno sono svariati gli episodi d’intolleranza, gli screzi, gli insulti tra persone; se tra i tanti, amplifichiamo solo quelli accaduti ai neri, troveremo ogni giorno, una frase, uno schiaffo, un insulto ritenuto xenofobo. Si tratta di piccoli episodi rispetto a milioni di situazioni di disagio, in gran parte estranei al razzismo o non riconducibili al disprezzo razziale: scontri privati, antipatie, spazi vitali calpestati, donne insidiate, gelosie, incidenti, conflitti di vicinato e altro ancora. Tra questi non mancano episodi d’intolleranza razziale: ma riguardano una piccola minoranza di imbecilli integrali e non integrati, solitamente poco politicizzati, che agiscono coi riflessi condizionati: sono spinti alla violenza o all’intolleranza tanto dai pregiudizi diffusi sui danni prodotti dai migranti quanto dai pregiudizi opposti, dell’antirazzismo imperante, che suscitano reazioni o desideri perversi di protagonismo.
Ma parlare di razzismo e farlo così ossessivamente, anche a proposito di episodi che non c’entrano nulla significa solo scavare fossati di odio, spaccare i popoli, indurre le popolazioni all’autodisprezzo e a forme di razzismo autolesionista. Oggi il peggior razzismo è esercitato da una minoranza contro la maggioranza degli italiani. È il razzismo dell’antirazzismo. Oggi il razzismo più opprimente e intimidatorio, è etico, e non etnico; è quello culturale, politico, ideologico di una “razza eletta” rispetto al popolaccio che sceglie di pancia il sovranismo ed è perciò bollato come “naturaliter razzista”. Il razzismo degli antirazzisti diventa delinquenziale quando identifica l’amor patrio, il legame identitario e nazionale, col razzismo, che nella peggiore delle ipotesi è una sua degenerazione. È come se identificassimo la libertà con la violenta anarchia o i porci comodi e l’uguaglianza col totalitarismo comunista e il Terrore giacobino.
Sconfina nella demenza l’accusa retroattiva di razzismo rivolta contro autori, opere, eventi e personaggi del passato. Vengono censurati capolavori, manipolati e adattati al Canone dominante, vengono bollati d’infamia classici e giganti perché agli occhi dell’ideologia corrente sarebbero infetti dal razzismo. Il risultato di questa revisione moralistica della storia, dell’arte, della filosofia e della letteratura, oltre l’esito grottesco, è un’istigazione all’ignoranza, ma nel nome dell’umanità e dell’antirazzismo.
Il razzismo da tempo soffia anche nei tribunali, perché è facile il passaggio tra l’accusa ideologica e l’accusa penale. Volenterosi magistrati non mancano a supporto della caccia al razzista. È assurdo tenere in vita leggi speciali, come la legge Mancino, per colpire il razzismo e dintorni. Bastano le leggi ordinarie del nostro codice che puniscono ogni violenza e sopraffazione compiuta su qualunque persona di qualunque razza, colore, età, condizione. Le leggi speciali minano la forza delle leggi e l’autorevolezza del diritto, che è nella loro universalità. Finiamola con questa Feroce Impostura che avvelena il clima e lo predispone all’esasperazione, all’odio e alla violenza. Il razzismo è vomito, anche in coloro che l’hanno sempre in bocca.---
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