Alla ricerca di qualcosa da dire su quelle che i media chiamano “le baby gang di Napoli”, evidente fenomeno di deliquescenza sociale, scopro anzitutto che questa “emergenza” era già “allarmante” negli anni ’80. Grazie a un articolo di Fabio Avallone su Il Napolista: criminalità non minorile, ma infantile. Un vice questore Ermanno Corsi su Repubblica del 25 settembre 1985: “Si tratta di bambini che non raggiungono i dieci anni. Li chiamano “muschilli” perché sono veloci come moscherini. I poliziotti non riescono ad acchiapparli. E poi, se li prendono, non possono arrestarli perché, essendo minorenni, non sono imputabili. «Il dramma è che molte volte le famiglie sono al corrente di questa attività. E invece di proibirla, la incoraggiano». I “muschilli” riescono a portare a casa alla fine di una giornata di spaccio anche centomila lire.
Nel 1991, la Commissione Antimafia rilasciò un dossier sui nuovi baby killer, ragazzini di 15/16 anni, quasi tutti del sud, semianalfabeti, che si avviavano a diventare le nuove leve della criminalità organizzata. […] Napoli è sempre presente in queste analisi, sempre al centro degli allarmi lanciati, a riprese infinite, da praticamente tutte le istituzioni. “Qualche giorno fa ci siamo angosciati per l’aggressione di Arturo il minorenne accoltellato e picchiato senza motivo da una baby gang. Sedici anni fa, nel 2002, una storia molto simile per una partitella di calcio in strada: un ragazzo di 15 anni accoltellato”.
E’ istruttivo da leggere. La degenerazione sociale e la deliquescenza familiare lì, data da almeno mezzo secolo. I bambini criminali che allarmano i media oggi sono i figli, anzi i nipoti dei criminali-bambini che allarmavano ieri, senza che nessuno abbia fatto nulla; salvo annunci come quello di Minniti, che manderà la Folgore…Che dire? Ogni tanto ripasso il saggio di Dimitri Orlov, “Le cinque fasi del collasso”,per cercare di capire a che punto siamo noi, in Italia (e in Occidente, perché anche Parigi ha le sue banlieues, la Svezia i suoi quartieri dove la polizia non entra, degli Usa non ne parliamo).
Ebbene: scopro che le fasi del collasso sono rovesciate, rispetto a quelle che ha stilato Orlov. E’ importante ricordare che lui, ingegnere russo emigrato in Usa, ha basato il suo studio sul collasso del sistema sovietico, che ha personalmente vissuto.
Quindi, per lui ex sovietico, il crollo è avvenuto per fasi successive, in questo ordine:
1 Collasso finanziario
2 Collasso commerciale
3 Collasso politico
4 Collasso sociale
5 Collasso culturale.
Vediamo dunque cosa intende per “collasso finanziario”. Negli anni ‘90, milioni di russi passarono repentinamente da un “prima” a un “dopo”.
COLLASSO FINANZIARIO:
Prima Dopo
Pensioni sicure — Carità pubblica
Valore della casa — Senzatetto, occupazioni abusive
Investimenti —– pochi copechi
Risparmi liquidi ……. Iper-inflazione
Transazioni a credito ….. Baratto, transaz. contanti
Indipendenza finanziaria…interdipendenza fisica.
Qui, oggi, “occupazioni abusive”, gente che si vede abolire i “diritti acquisiti” pensionistici, già si vedono. L’indipendenza finanziaria che diventa “interdipendenza fisica” (quando devi preoccuparti di vicini e familiari senza reddito, dove “si diventa un peso per gli altri”, è un fenomeno solo incipiente: per esempio, i ragazzi di 40 anni che vivono a carico dei genitori o dei nonni pensionati. Ma nell’insieme possiamo dire che il Collasso Finanziario, benché lo si intuisca dietro l’angolo, ancora non è avvenuto.
2 COLLASSO COMMERCIALE
“Quando le merci necessarie diventano scarse e i negozi non vengono riforniti: immediati fenomeni di accaparramento. “Si forma in un istante un mercato nero dei generi di prima necessità, dallo shampoo all’insulina, forti rincari.
Prima è scarso il denaro – Dopo, sono scarsi i prodotti. E chi li ha tende a non venderli per denaro, ma per beni più tangibili come oro e gioielli. Prima ci sono gli shopping centers, dopo, i mercatini delle pulci e dell’usato; prima, i supermercati, poi le bancarelle dei contadini (e la borsanera); prima, si comprano le novità e gli ultimi modelli; dopo, vige la riparazione degli oggetti. Per esempio il negoziante ti darà le patate non per soldi, ma se gli sai riparare la lavatrice.
Ci sembra di poter affermare che questa fase non è arrivata. Anche se in Usa ci sono segni premonitori: centinaia di centri commerciali tipo Walmart sono stati chiusi in tutto il paese e centinaia di migliaia di commessi licenziati ( i consumatori impoveriti comprano online), tanto che si parla di “apocalisse del dettaglio”. Ma ancora non dobbiamo temere i supermercati vuoti e la mancanza di pezzi di ricambio per l’auto.
Vediamo adesso quella che Orlov indica come fase 3:
3 COLLASSO POLITICO
Prima Dopo
Diritti acquisiti – Promesse non tenute
Servizi comunali – Favoritismi locali
Imposte e bilanci – Mazzette e concussione
Ordine pubblico – Ronde militari o vigilantes
Rimozione spazzatura – Cumuli di spazzatura
Ponti e strade – Buche, deviazioni, interruzioni
Che ve ne pare? Qui cominciamo a riconoscere il “nostro” panorama, cumuli d’immondizia compresi. Orlov racconta che il primo segnale sinistro del collasso politico che ha visto in URSS, è stato “il momento in cui i politici regionali cominciano a sfidare apertamente il governo locale”, per esempio quando il governatore della regione carbonifera di Primorye cessò di consegnare al resto della Russia il carbone, e lo vendette invece alla Cina. Noi abbiamo visto il governatore della Puglia, Emiliano, sfidare il governo centrale ostacolando con pretesti la cessione – e in ultima analisi l’operatività – dell’ILVA di Taranto. Ma possiamo allargare lo sguardo a Sicilia, Calabria e Campania: regionalismi corrotti, “secessioni” vere e proprie di interessi locali dalla comunità, particolarismi ottusi, sono all’ordine del giorno. Orlov segnala, sulla base della sua esperienza sovietica: “Il vuoto di potere lasciato dal collasso dell’autorità legittima tende ad esser riempito automaticamente dalla criminalità organizzata”. Sappiamo, sappiamo. Ancora: nel collasso del regime sovietico, ha visto “incursioni di poteri esteri nella politica interna”. E anche noi.
Da noi, la terza fase ha “preceduto” le prime due
Insomma sembra proprio che quella che in Urss fu solo la terza fase del collasso, qui da noi preceda le altre: la degenerazione della politica andrebbe messa al primo posto. Le due prime fasi non sono (ancora) avvenute, per un evidente motivo: sistema finanziario e grande distribuzione, globali e mutlinazionali, non dipendono dalla politica, né dai nostri politici.
Vediamo allora le altre fasi:
4 COLLASSO SOCIALE
Prima Dopo
Solidarietà – Ciascuno per sé
Mutuo sostegno – Conflitti
Vicinato – Bande di vagabondi
Convivenza – Pulizia etnica
Qui da noi vediamo “l’ognuno per sé” come ideologia quasi ufficiale del capitalismo terminale, individualismo ed edonismo transnazionale e trans gender, interpretato ovviamente nel provincialismo italiota. Vediamo la maleducazione e l’aggressività, la volgarità e l’egoismo esibiti in pubblico senza vergogna , l’inciviltà sicura di sé; l’insicurezza crescere sui mezzi pubblici, dove immigrati “accolti” terrorizzano i passeggeri , e pure gli urlano “Razzisti”; e picchiano controllori (“Razzisti!”) sapendosi protetti dalla magistratura italiota: qui la “convivenza” predicata da Boldrini e El Papa – che non vanno in autobus – può rovesciarsi in ogni momento in “Pulizia etnica” (dei negri contro i bianchi). Vediamo i muri coperti dai graffiti, manifestazione di un vandalismo corpuscolare onnipresente che esprime odio, ignoranza e disprezzo per il prossimo.
La Classe Desiderante al potere
Il Collasso Sociale è una realtà: ma lo subiscono solo gli italiani poveri, magari senza lavoro né prospettive di averlo più, che vivono nei degradati quartieri “multiculturali” e hanno paura. La Sinistra di Classe, che vive nei quartieri alti e protetti, dà ai poveri dei razzisti e xenofobi, ignoranti e ottusi.
E questa è la classe che governa e comanda e impone la sua “moralità” trasgressiva. Quella che Paolo Becchi ha chiamato la “classe desiderante”: “il desiderio prodotto dalla logica del capitale” che ha messo al comando “l’individuo inteso come monade leibniziana, macchina desiderante e desiderio meccanizzato”: la classe metrosexual, vincente nella globalizzazione, il cui solo movente è: “desiderio di fottere, desiderio di fotterti” (Paolo Becchi): Perché, commenta Paolo Borgognone, “i desideri, come i capitali privati, si muovono per flussi, trascendono i luoghi e la morale e non rispondono ad alcuna morale”, avidi della “acquisizione immediata di tutto quanto possa essere soggetto a valore di scambio: desiderio di ricchezza, di figli in provetta, di matrimonio gay…”. I nuovi vandali consumatori d’alta gamma e griffati.
(Cfr. Paolo Borgognone, Generazione Erasmus- I cortigiani della società del capitale e la ‘guerra di classe” del XXI secolo”, DAKS, 509 pagine, 25 €).
Che questa classe ci stia già affondando nella quinta fase del collasso, quella fatale – il Collasso Culturale – è inevitabile. Essa è infatti la vincitrice della Rivoluzione Culturale del ’68: detta “culturale” perché non mirava a conquistare il potere politico per la classe operaia, ma a cambiare l’uomo e le mentalità, la “cultura” corrente. “Il 68 – ha scritto il filosofo marxista Costanzo Preve – è il momento in cui il capitalismo si allontana dalla sua genesi culturale borghese, e in cui l’uso delle droghe e scopate extramatrimoniali segna non l’anticamera di un improbabile “comunismo”, ma l’avvento di un nuovo consumo capitalistico integrale del corpo del tutto svincolato dalla etica familiare borghese”.
Questa è la Sinistra alla Niki Vendola, di Scalfarotto e Cirinnà, che si è impadronita dello Stato – con il voto del 30-40 per cento della popolazione. Ed ha cambiato la natura dello Stato: da istituzione che proteggeva i deboli contro i forti , i poveri contro i prevaricatori avidi, ha smantellato tutto quel che gli ha chiesto il capitalismo globale e oligarchico.
Il peggio è che è riuscita a instaurare la sua specifica “pressione sociale”. Questa classe che si crede “anticonformista”, “è un gruppo che dà estremo valore al conformismo. Hanno i loro codici, le loro regole, i loro status tribali” (Wednesday Martin). Non ammettono nella pubblica piazza idee, concezioni del mondo e “stili di vita” che non siano i loro. Sopprimono il dibattito pubblico ed ogni critica bollandoli di razzismo, reazione, passatismo ignorante. E sono riusciti a far sì che il loro elettorato operi come polizia del pensiero contro le minoranze critiche, che violano il politicamente corretto sui negri e sui sodomiti.
La pressione sociale non è mai stata tanto forte come oggi, ma mai è stata impiegata per imporre effetti più nefasti. Laddove la vecchia pressione sociale assicurava che fossero fermamente deplorati e sanzionati comportamenti indecenti, incivili e degradanti, oggi sono le più sensate obiezioni della ragione e della moralità (contro il gender nelle scuole, contro l’immigrazione senza limiti, magari contro le sfilate esibizioniste della perversione sessuale) che vengono additate alla vendetta popolare – che esegue convintamente il linciaggio mediatico – e spesso alla “giustizia” dei tribunali. Quei tribunali che assolvono come un eroe un istigatore al suicidio.
E così ci portano al Collasso Culturale. Ci siamo già? Vediamo come lo delinea Orlov: “Persa la fiducia che “la tua gente si prenderà cura di te”, si perde la fiducia nella bontà dell’umanità. Le persone perdono la loro capacità di “gentilezza, generosità, considerazione, affetto, onestà, ospitalità, compassione, carità”. Le famiglie si sciolgono e competono come individui per le risorse scarse. Il nuovo motto diventa “Possa tu morire oggi perché io possa morire domani.”
E non chiamatevi vittime. Come disse Orwell, quelli li avete eletti voi. Avete, come maggioranza, fatto pressione sociale a favore dei loro “stili di vita”. Avete zittito chi vi avvertiva. Non siete vittime. Siete complici.
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