Processi più lunghi, più difficili e più lenti e meno libertà di stampa. Il decreto sulle intercettazioni, approvato dal Consiglio dei ministri, raggiunge l'insolito risultato di mettere d'accordo una volta tanto accusa e difesa: il provvedimento è criticato sia dalla Anm che dall'Unione delle camere penali, ovvero il sindacato degli avvocati.
Processi più lunghi, più difficili e più lenti e meno libertà di stampa. Il decreto sulle intercettazioni, approvato dal Consiglio dei ministri, raggiunge l’insolito risultato di mettere d’accordo, una volta tanto, accusa e difesa: il provvedimento è criticato sia dalla Anm che dall’Unione delle camere penali, ovvero il sindacato degli avvocati. Attese moltissimo dalla politica, le nuove norme erano invocate da tempo non per migliorare l’amministrazione della giustizia ma per evitare fughe di notizie e tutelare la privacy anche se come ha già dimostrato il Fattoquotidiano.it i casi di violazione negli ultimi 20 anni sono stati pochissimi: una ventina. Eppure il governo si dice soddisfatto. “Il provvedimento che abbiamo approvato in via preliminare non restringe la possibilità dei magistrati di utilizzare le intercettazioni, non interviene sulla libertà di stampa e sul diritto di cronaca, interviene solo su come vengono selezionate le intercettazioni” commenta il ministro della Giustizia, Andrea Orlando. “Avremo ovviamente un passaggio parlamentare per arricchire nelle commissioni questa proposta ma – spiega il presidente del Consiglio Paolo Gentiloni – finalmente dopo anni di discussione abbiamo una soluzione che a mio avviso è giusta ed equilibrata“. Che piace molto ad Alfano e molto meno al M5s. L’Associazione nazionale magistrati parla di “arretramento“, i penalisti di “deboli garanzie per la difesa” e la Federazione nazionale della Stampa ricorda che “il giro di vite sulle intercettazioni non è stato però accompagnato da alcuna norma per tutelare i cronisti minacciati e scoraggiare l’uso e l’abuso delle cosiddette querele bavaglio. Evidentemente quest’ultima non è considerata una priorità”. Fatto salvo il diritto di cronaca, è previsto, invece il carcere fino a 4 anni per chi diffonde riprese audiovisive e registrazioni di comunicazioni effettuate in maniera fraudolenta per danneggiare “la reputazione o l’immagine altrui”...
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