di Marta Panicucci
Italia ancora una volta maglia nera quando si parla di fiscalità. Il Belpaese è il peggior posto in Europa dove fare impresa, almeno per quanto riguarda il prelievo fiscale annuale sul profitto: 64,8% contro una media europea del 40,6%. A rivelare questo e altri indicatori fiscali importanti è il rapporto annuale di Banca mondiale e PWC “Paying taxes 2016”. Sono tre gli indicatori considerati: la pressione fiscale sulle imprese, le ore perse per gli adempimenti fiscali, e il numero di tasse che gravano sulle imprese: su 189 Paesi del mondo analizzati, l’Italia si pone al 137simo posto.
Il rapporto, presentato a Varsavia, è stato riproposto in Italia dal MEF. Durante la presentazione Fabrizia Lapecorella, direttore del dipartimento Finanze del MEF, ha fatto notare che il rapporto si riferisce al 2014 e quindi non prende in considerazione i miglioramenti che porteranno le misure introdotte dalla legge di stabilità 2016. Questo è vero. Ma il gap tra l’Italia e i colleghi europei è talmente ampio da non poter certo essere colmato dalle timide riforme di Renzi che, oltretutto, privilegiano l'abolizione delle tasse sulla prima casa, rispetto al taglio del cuneo fiscale.
Prelievo sui profitti delle imprese....
Il rapporto prende in considerazione 189 Paesi del mondo, suddivisi per macroaree. Le condizioni della regione europea, formata da Paesi UE e AELS (Norvegia, Svizzera, Islanda, Liechtenstein), nell’ultimo anno sono complessivamente migliorate. Venti economie della regione hanno fatto riforme per abbassare le aliquote di prelievo sui profitti delle imprese portando ad una riduzione della media regionale dal 41,2% al 40,6%.
Il quadro però è disomogeneo con 12 economie che presentano una diminuzione della pressione fiscale e 8 economie che presentano un aumento. Nel 2013 la Francia ha registrato il più alto prelievo sulle imprese nella regione europea, ma nel corso del 2014 si è ridotto di 6,2 punti percentuali al 62,7% ed è ora al secondo posto più alto della regione dopo l'Italia. Nonostante un lieve calo dal 65,4% del 2013 al 64,8% del 2014 si posiziona prima per il prelievo fiscale sui profitti delle imprese.
Ore necessarie per gli adempimenti fiscali delle imprese
Nel 2014, nella regione europea sono state necessarie 173 ore per adempiere agli obblighi fiscali, due ore in meno rispetto al 2013. La riduzione è dovuta principalmente all’introduzione di pagamenti online e sistemi tecnologicamente avanzati che permettono alla imprese di pagare le tasse risparmiando tempo prezioso.
A fronte di un calo generalizzato nell’area europea delle ore perse a pagare la tasse, in Italia nel corso del 2014 è stata introdotta un’altra tassa sulle imprese che ha fatto aumentare di un’ora il totale delle ore necessarie per gli adempimenti fiscali. In Italia le imprese perdono 269 ore all’anno (più di 11 giorni), a fronte di una media europea di 173 ore e mondiale di 261 ore. Nella zona europea peggio dell’Italia soltanto Polonia (271), Portogallo (275), Ungheria (277), Repubblica Cieca (405) e Bulgaria (423).
Numero adempimenti fiscali delle imprese
Nella zona europea nel 2014 è calato anche il numero degli adempimenti fiscali per le imprese: la media passa da 12,3 del 2013 all’11,5 del 2014. Anche in questo caso l’Italia si trova tra gli ultimi della classe con 14 adempimenti fiscali per le imprese italiane. La classifica del Paying taxes 2016 vede al primo posto nell’area europea la Norvegia con soltanto 4 adempimenti fiscali per le imprese e in fondo alla classifica, dopo l’Italia, troviamo Croazia (19), San Marino (19), Svizzera (19), Islanda (21), Lussemburgo (23), Cipro (27).
Italia: alto cuneo fiscale = alta disoccupazione
Il rapporto indica l’alta spesa pubblica dei Paesi della zona euro come una delle ragioni principali dell’alta pressione fiscale sulle imprese. Nella zona euro, la spesa pubblica in percentuale del PIL nel 2014 era del 49%, rispetto a una media OCSE di poco più del 40%.
L’elevato cuneo fiscale – scrive il rapporto - in alcune economie dell'Europa continentale sembra essereuno dei fattori che più contribuisce all’alto tasso di disoccupazione: Spagna, Italia e Francia hanno tassi di disoccupazione più alti delle principali economie dell'UE e hanno un elevato cuneo fiscale.
Chiaramente molti altri fattori sono al lavoro nel contribuire ai problemi del mercato del lavoro in queste economie. Ma le tasse relativamente elevate sul lavoro non contribuiscono a sostenere l'occupazione. Al contrario, i Paesi con un cuneo fiscale inferiore - di circa il 30% o al di sotto - sembrano avere una migliore esperienza di lavoro. Nel Regno Unito e negli Stati Uniti, il tasso di disoccupazione è appena al di sopra del 5%. In Giappone e Corea è circa il 3,5%, e in Messico e Cile 5-6%.
Il rapporto ribadisce chiaramente la necessita, indicata anche dalla Commissione europea, di tagliare il cuneo fiscale, le tasse sul lavoro che frenano le assunzioni. Ma come sappiamo, il governo Renzi nella manovra per il 2016 ha preferito procedere con l’abolizione delle tasse sulla prima casa, misura criticata da tutti gli enti economici internazionale. Il nostro posto nella classifica del Paying taxes 2016 conferma che la priorità per l’Italia deve essere il taglio deciso e consistente del cuneo fiscale con l’obiettivo di portare l’Italia almeno entro la media della zona europea.-----
Marta Panicucci
Classe 1988, toscana di nascita, ma adottata dalla capitale. 110 e lode alla Sapienza di Roma, ho frequentato il master in Informazione multimediale e giornalismo economico al Sole 24Ore. Giornalista dal 2015, smanetto su siti di informazione dal 2010. Scrivo per giornali online di economia e politica, mi diverto sul mio blog, Il Pikkio.
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