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mercoledì 15 giugno 2016

Tommaso Montanari - Perché ho detto no a Virginia Raggi (e perché la voterei)

di Tomaso Montanari 
Seppur a malincuore ho deciso di non accettare la proposta di Virginia Raggi di diventare 
(in caso di una sua vittoria al ballottaggio di domenica prossima) assessore alla 
Cultura di Roma. Ci ho pensato a lungo: per me, che mi occupo della storia dell’arte di Roma
 e che sono profondamente convinto della centralità della cultura nella vita democratica,
 sarebbe stata una straordinaria sfida professionale. Ma
 governare una 
città non è solo una questione professionale. Per farlo davvero bene – specialmente nella 
cultura – non si può essere capitani di ventura, o tecnici vaganti: bisogna essere un membro
 stabile di quella comunità. È necessario essere parte di quel popolo, sentirsi esistenzialmente
 radicato a quelle pietre. Io non sono romano e non vivo a Roma: e in Italia come in pochi altri
 paesi il legame con la nostra città è viscerale, carnale.
È un’appartenenza biunivoca: la nostra città ci appartiene, ma anche noi le apparteniamo.
Dunque, questa non è la mia partita. Ma vorrei sottolineare il valore politico della proposta di
 Virginia Raggi.
Mi riconosco nei valori della Sinistra. Non ho mai votato Cinque Stelle, e se avessi votato a
 Roma, al primo turno avrei votato per Stefano Fassina.
Ma è un dato di fatto che in questi anni, nelle tante battaglie per la difesa dell’ambiente, del 
territorio e del patrimonio culturale, ho sempre trovato dall’altra parte della barricata un
 sindaco o un presidente di regione del Pd o di Forza Italia 
(purtroppo spesso indistinguibili). E, invece, dalla mia parte e senza che li cercassi, 
c’erano immancabilmente i cittadini che si riconoscono nel Movimento Cinque
 Stelle. È da questa oggettiva convergenza su alcuni valori, è da ciò che ho scritto nei miei libri, che è nata l’idea di rivolgersi a me. Ed è per lo stesso motivo che la Raggi ha scelto come assessore 
all’urbanistica Paolo Berdini: uno degli eredi diretti di Antonio Cederna,
 inflessibile avversario degli eterni palazzinari romani, editorialista del Manifesto
 e indiscutibilmente di sinistra.
Ora, io credo che questa apertura del Movimento Cinque Stelle verso alcuni
 dei valori costituzionali cari alla storia della Sinistra italiana sia da salutare
 come un fatto assai positivo.....
Quando più di un romano su tre vota per i Cinque Stelle – con percentuali assai alte tra 
i più giovani e altissime nelle periferie – diventa evidente che non si tratta più di un voto 
di protesta, ma di una richiesta (quasi di un’implorazione) di governo.
Mi pare indispensabile che ora i Cinque Stelle accelerino la loro evoluzione: vanno 
superati al più presto il ruolo incongruo di Beppe Grillo, l’inquietante dinastia proprietaria 
dei Casaleggio, le inaccettabili posizioni sui migranti, sul cammino dell’Unione Europea e su 
altre questioni cruciali. Se questo processo continuerà sarà un bene per l’intera democrazia
 italiana: che rischia di bloccarsi sul mantra dell’assenza di alternative al Pd di Matteo Renzi.
Sono tra i molti che credono che Renzi stia spostando la politica del Pd ben più a destra 
dell’imperante moderatismo liberista europeo: ne sono segni inequivocabili una politica 
insostenibile per l’ambiente e il territorio, una inaccettabile mercatizzazione della scuola 
e della cultura, la contrazione dei diritti dei lavoratori e soprattutto una caotica quanto 
pericolosa manomissione della Costituzione, accompagnata da una legge elettorale 
programmaticamente non rappresentativa, e sostanzialmente antidemocratica.
Se la sinistra radicale non riesce, con ogni evidenza, a rispondere a tutto questo, è
 impossibile non riconoscere che i Cinque Stelle (occupando di fatto lo spazio che in Spagna è 
stato conquistato da Podemos) stanno invece aprendo nuovi 
spazi di cittadinanza: suscitando partecipazione almeno quanto questo Pd sembra invece
 puntare, irresponsabilmente, sull’astensione.
Se votassi a Roma, al secondo turno sceglierei dunque la Raggi, anche perché (nonostante 
l’evidente probità di Roberto Giachetti) è vitale – dopo l’impressionante disastro 
consociativo – che sul Campidoglio tiri un’aria radicalmente nuova.
Se poi quest’aria riuscirà a costruire una alternativa nazionale ispirata ad un riformismo 
radicale, e se lo farà aprendosi a valori e personalità della sinistra, il Paese non avrà che da 
guadagnarci.

Fonte: La Repubblica - blog Articolo 9

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