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mercoledì 6 gennaio 2016

Maurizio Blondet - Lungimiranti, i nostri leader...!

Lungimiranti, i nostri leader

Lungimiranti, i nostri leader

A Tashkent, coi turchi
Prima di tutto la buona notizia. La dà il Telegraph: “Il più fitto reticolo mondiale di oleodotti corre nel territorio dell’Arabia Saudita abitato dagli sciiti”. Sono almeno dodici tubature che servono i giganteschi terminali di Ras Tannura e Dharan, vicini a città e strade importanti, che quindi li rendono ancor più vulnerabili alla guerriglia sciita – minoranza oppressa che fino ad ora era stata tenuta a freno dallo sceicco Nimr: la cui predicazione “ha sempre chiamato alla resistenza non violenta”, politica e non settaria. La decisione dell’impulsivo (ossia idiota figlio di papà trentenne) Mohamad bin Salman di decapitarlo, ha decapitato il freno rispettabile alla guerriglia, ovviamente sarà armata ed istigata da Teheran.  Se la monarchia saudita – che militarmente è una nullità, nonostante sia piena di F-16 – spera di trovarsi a fianco l’alleato americano in uno scontro diretto con l’Iran, nulla è meno certo: l’”impulsivo” (cretino) ha condotto la politica di ribasso del greggio apposta per distruggere l’industria Usa dello shale oil, ed anche per “punire” l’America di aver aperto all’Iran, la potenza rivale per l’egemonia regionale. D’altra parte, se sperava di provocare una guerra con gli accorti ayatollah ha sbagliato calcolo: quelli sono vecchi, per niente impulsivi, non mettono a rischio il loro potere in Iran in un’avventura militare diretta. E vedono benissimo che il metodo dell’attrizione distruggerà una monarchia che, economicamente, è già alle corde ed ha dovuto cominciare a tassare il suo popolo di fannulloni viziosi, che nulla sanno fare e fanno lavorare la servitù; ne hanno comprato l’assenso sociale facendone dei mantenuti; adesso non più.....

Le infrastrutture saudite sono concentrate
Le infrastrutture saudite sono concentrate

Greggio a 200 dollari?

La cattiva notizia è che in quei 12 oleodotti passa quasi tutto il greggio (10,3 milioni di barili al giorno) dei sauditi: “Una interruzione di qualche giorno può provocare una violenta impennata del barile, fino a 200 dollari”.
E quando avverrà, stroncando una economia che non riesce a rialzarsi nonostante il greggio a 38 e gli interessi zero, e ci lascerà al freddo il prossimo inverno, ci congratuleremo con la lungimiranza delle nostri classi dirigenti. Quelli che, obbedendo agli ordini di Washington, ci hanno reso nemici della Russia, nostro fornitore principale energetico, colpendola con sanzioni che hanno colpito soprattutto noi, ma – peggio- mostrando apertamente che cercavamo di rimpiazzare le forniture Gazprom con qualunque altro fornitore, purché non russo. Che so, un Mattei avrebbe profittato dei prezzi bassi per stipulare con Mosca un accordo di   durata decennale a 60 dollari a barile, con vantaggio reciproco; ma le grandi intelligenze perspicaci che ci governano si sono goduti il greggio sotto i 40 come se dovesse essere eterno. Non sto parlando di Renzi, o solo di Renzi; l’ eurocrazia di Bruxelles,   i cervelloni della BCE, la casalinga-dittatrice di Berlino hanno dimostrato le capacità previsionali a lungo termine che si attribuiscono, di solito, ai boscimani. Cacciatori-raccoglitori che vivono alla giornata, come usava nel Paleolitico: se ammazza un facocero la tribù s’ingozza, e poi per giorni – a pancia vuota – a cercare bacche, lumache e vermi, e in caso di necessità carogne spolpate dai leoni – l’idea di mettere da parte per i giorni cattivi, allevare, coltivare il futuro, essendo estranea a questa felice umanità.
20130622
Ebbene: vediamo adesso che la nostra classe dirigente europoide ha questo livello culturale primitivo, l’avvedutezza e previdenza di scimpanzé. Senza nemmeno la scusa di essere “impulsivi” come il figlio di papà saudita: mica siamo wahabiti, noi. Noi qui abbiamo il potente patrimonio culturale greco-romano-cristiano, abbiamo “i valori”, la “demokràzia”, la misericordia e bontà e “accoglienza” di papa Pampurio. E naturalmente, l’America che pensa per noi e per loro: che ci detta il nostro interesse nazionale, per il nostro bene.
Adesso vediamo come ha pensato al nostro bene. Anzi, nemmeno siamo capaci di vedere dove ci ha portato il globalismo di mercato:   quante Ferrari venderà ai ricchi sauditi, massimi clienti, il furbissimo Marchionne? Che ha scelto il giorno giusto per quotare il titolo con la grancassa mediatica e del “capo del governo” (cosiddetto) Renzi a cantare la rinascita del Paese. Il quale paese    ha puntato tutto su cosa? “L’export del lusso”. Bellissimo e previdente, con la Cina che crolla nella recessione facendo esplodere tutte le bolle, e trascinando Wall Street ai livelli in cui cadde nel 1932, il Medio Oriente in guerra, l’impero del caos che sparge miseria e profughi famelici e stupratori nelle nostre terre.
Il capo della Superpotenza
Il capo dellaSuperpotenza
La sola cosa che mi trattiene dall’inveire contro Renzi è pensare che può sostituirlo Monti, o Bersani. O Casaleggio. Volevo criticarlo, ma poi ho letto il fondo di Angelo Panebianco, pagatissimo (450 mila l’anno) e intelligentissimo opinion leader del Corriere, ascoltatissimo dalle (chiamiamole) classi dirigenti italiche. Egli schernisce “gli amici italiani di Putin” che sono anche “filo-americani che si barcamenano, Renzi e Berlusconi”. “Devono sentirsi affranti” , gongola, perché “pochi giorni fa’ Putin ha varato il nuovo piano strategico, ribadendo che Nato e Usa sono il nemico principale”. In breve, il cervellone pensatore da prima pagina rimprovera a Renzi di non partecipare alla guerra guerreggiata “contro il terrorismo”, per esempio “ha preso le distanze da Hollande negandogli l’appoggio militare che il presidente francese gli aveva chiesto”. A   parte il fatto che l’azione militare di Hollande in Siria è nulla (la Charles De Gaulle sostanzialmente non ha sparato un colpo), dal pezzo di Panebianco spira la convinzione che Hollande sia ancora nostro alleato, e non quello che ci ha fregato la Libia insieme agli inglesi; peggio, che esista ancora una NATO che tende su di noi l’ombrello protettore, che esista una Unione Europea…mentre le stesse pagine del Corriere urlano le novità: la Danimarca chiude le frontiere con la Svezia per non farsi invadere dai “siriani”, i quali in Germania si abbandonano –   come ammette la polizia locale – “alla più grande aggressione sessuale mai registrata”, una dimensione “completamente nuova della violenza, qualcosa che non conoscevamo” : bellissima capacità previsionale della Cancelliera, che non aveva immaginato che torme di maschi giovani di sarebbero buttati a pesce sulle “donne liberate” europee.
Ma questa notizie il Corriere non la dà, naturalmente. Si lamenta che la Danimarca distrugge Schengen e dà “un duro colpo all’idea di Europa”.  Incapaci di capire che questa “Idea”  non solo era   scema e insostenibile fin dall’inizio, ma non c’è più, e c’è invece il caos, la prepotenza contro gli stati deboli, e la paura e la viltà de tedeschi che adesso si armano comprando pistole contro gli “ immigrati”, quella “risorsa” salutata dalla loro Merkel – che hanno votato vedendo che era a più furba del paniere – fra l’altro, facendo affari sottobanco con la Russia, ma senza avere   il coraggio di aprire una politica estera europea di aperta collaborazione e rovesciamento di alleanze che sono peggio di palle al piede, sono macine da mulino al collo.
La cultura eriopea
La classe della cultura europea
Il motivo chiama in causa l’ancor più notevole lungimiranza americana. L’imposizione del mercato globale e del capitalismo finanziario terminale ha prodotto il crollo   che s’è verificato lunedì i tutti “mercati”; un crollo che avrà effetti epocali, perché succede al crollo del 2008, mai curato se non con “Iniezioni di liquidità”. Senza mai mettere le redini alla speculazione selvaggia che ha distrutto la classe meda e indebitato tutti fino all’impossibile, rendendo paralitica l’economia reale.
Compiere le stesse azioni che hanno portato al disastro, e aspettarsi un risultato diverso, è la definizione stessa dell’idiozia; ma il potere americano ha dato un nuovo e più alto senso all’idiozia: non solo ha ripetuto le azioni che hanno portato alla depressione, ma ha aumentato le dosi: 247 mila miliardi di derivati, credito ai subprime, consumi a debito. Bravi, previdenti boscimani del 21esimo secolo.
Ma forse dovremo applaudire la previdenza strategica della classe dirigente (diciamo) cinese, quei maoisti arricchitisi col capitalismo globale? Splendido piano, il loro: produciamo le merci a basso prezzo e le vendiamo agli americani – i nostri maggiori client anche se avversari strategici. Non hanno soldi gli americani? Ma noi compriamo loro Buoni del Tesoro, finanziamo i nostri consumatori e clienti! Astutissimo: in pochi anni sono passati dal sottosviluppo contadino a primo produttore mondiale di roba e di inquinamento. Peccato che i mercati di sbocco si siano nel frattempo impoveriti, avendo perso industrie e competitività. Ormai da anni il Baltic Dry Index, l’indicatore dell’export asiatico verso l’Occidente, cala ; da ultimo è crollato. I maoisti di Pechino hanno sperato di portare avanti il business ancora un po’, pur vedendo che era insostenibile; il fatto è che si son legati mani e piedi al capitalismo globale (sistema radicalmente sbagliato) e peggio: all’America. Se cade quella, anche l’economia cinese cade con essa.   E’ il bello di avere fatto del nemico il proprio cliente e mercato di sbocco a credito.
Vero è che, un po’ più previdenti di noi boscimani d’Europa, i caporioni maoisti stanno investendo forte in Africa, e ancor più nella “Via della Seta” nuova, l’immane corridoio intermodale ferro-autocamionabile che genererà – sperano loro – 2,5 trilioni di dollari in scambi commerciali annui. Connettendo la Cina, ma anche Giappone e Taiwan e loro merci all’Europa.   Un “corridoio” che da Lianyungang passerà per Kazakhstan, Azeirbaigian, Georgia, il Caspio, per scaricare le merci, dopo 14 giorni, ad Istanbul.
Istanbul? Visto chi è andato al potere in Turchia,   Pechino dovrebbe chiedersi se il progetto Via della Seta può andar d’accordo col progetto Nuovo Impero Ottomano della famiglia Erdogan. Il quale ha gà dal 2013 stretto accordi con Azerbaigian, Kazakstan, Mongolia, in un una alleanza (TAKM, dall’iniziale dei nomi delle nazioni) che è militare: salvo la Mongolia, gli altri tre sono turcofoni. E si configura come “la versione turca della NATO e dello SCO” (la Shanghai Cooperation Organization) e in quanto tale sta attraendo la Georgia, che no vede l’ora di trovar un protettore anti-russo, a anche l’Uzbekistan (turcofono) e l’Afghanistan.
A Tashkent, coi turchi
A Tashkent, coi turchi
Siamo nell’Asia centrale, quello che dovrebbe essere il cortile di casa di Pechino. Il quale sta cercando di fare il pesce in barile (per esempio col non-intervento in Siria) per non rovinarsi il business, essendo la Turchia un alto dei massimi clienti delle merci cinesi. Prudentissimi, i dirigenti di Pechino continuano ad usare il soft power, almeno nell’area; fra di loro c’è chi ritiene che l’alleanza ottomana possa andar d’accordo con la Via della Seta? Vediamo se sono più intelligenti e previdenti di Panebianco o dei boscimani di Bruxelles. Suvvia non ci vuole troppo

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