Marco Tosatti
Cari amici e nemici di Stilum Curiae, Cinzia Notaro, a cui va il nostro grazie, offre alla vostra attenzione questa intervista con il prof. Ugo Mattei. Buona lettura e diffusione.
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L’ INTELLIGENZA ARTIFICIALE NELLA PROFESSIONE FORENS
Mercoledì 10 marzo 2024 , il Parlamento europeo ha approvato la legge sull’intelligenza artificiale che garantisce sicurezza e rispetto dei diritti fondamentali e promuove l’innovazione.
L’ Europa come sempre utilizza un approccio puramente normativo destinato a nascere vecchio. Non è la prima volta che si cerca di illudere la cittadinanza europea che la burocrazia di Bruxelles fa qualcosa, (penso al GDPR) quando in realtà il nostro primo problema non è tecnologico ma politico.
L ‘Italia è orientata verso una disciplina nazionale dell’impiego dell’ I.A. in campo forense con un disegno di legge che prevede l’utilizzo dell’ I. A. come supporto escludendo la sostituzione umana con giudici – robot e avvocati algoritmici.
Ne parliamo con il prof. Ugo Mattei, Ordinario di diritto civile, Università Torino; Emerito di diritto Internazionale e Comparato, University of California; Coordinatore Accademico International University College; Presidente Generazioni Future.
Possiamo affidarci per un parere, per una sentenza o per un qualsiasi atto processuale all’Intelligenza Artificiale ?
L’I.A. è la punta dell’ iceberg di una trasformazione epocale, una grande sostituzione del diritto con la sorveglianza che certo non si risolve con leggiucole formali. Che ci piaccia o meno, il diritto sarà sostituito dalla tecnologia e quindi non possiamo che fare i conti politici, non formalistici, con questa realtà. È il tema del mio libro in uscita ad ottobre per Feltrinelli: “La fine del diritto”.
Un avvocato, un giudice in che modo possono utilizzarla nel proprio lavoro ?
L’ I.A. è già presente nel lavoro dichiarato o meno di ogni formante del diritto, proprio come Wikipedia è presente nel lavoro intellettuale di chiunque.Giudici e avvocati già usano chat gtp, così come gli studenti la usano per le loro tesine: di nascosto! Il vero problema non è se usarla o non usarla ma se è possibile usarla senza fare danno al proprio cliente. Infatti usare l’ I.A. significa rinunciare ad ogni creatività, e le cause difficili si vincono solo con grande creatività ( è però bene sottolineare che l’I.A. è capace di arringhe, memorie e atti migliori di tanti colleghi). Significa inoltre affidarsi ad un sistema opaco che ci spia e che fa l’ interesse delle corporation proprietarie delle piattaforme. Quelle guadagnano dai dati che gli avvocati o i giudici immettono e a perdere è la qualità del diritto!
L’ I.A.potrebbe dare risultati errati che vanno sotto il nome di allucinazioni dell’I.A. , in quanto inesistenti ? Quale il prezzo da pagare per il professionista ?
Personalmente quando sono stato tenuto sotto scacco per sette anni a causa delle “allucinazioni” di un pm e della Corte dei Conti di Napoli, con l’ esito di bloccare in Italia tutte le trasformazioni dei gestori del servizio idrico dal privato al pubblico, ho sognato più volte che a decidere non fossero magistrati “allucinati” (e politicamente conniventi con chi voleva sabotare il referendum 2011 sull’ acqua) ma qualche sistema computerizzato. Avevo ragione da vendere ma per darmela ci sono voluti 7 anni, ingenti spese, ed una condanna ingiusta in primo grado. Sa quanti sperano di sostituire certi magistrati con macchine?
Quali i limiti e le potenzialità dell’ I.A. nella professione forense?
L’I.A. riproduce i problemi del mondo reale. Anche gli avvocati e perfino i giudici mentono e inventano i precedenti! Perché non dovrebbe farlo la macchina? L’ impunità è quasi certa nel mondo reale, lo sarà anche in quello virtuale. Non credo ci sia differenza sotto questo profilo.
Quali le ripercussioni sul lavoro di avvocati e magistrati e sulla qualità della giustizia ?
Errori, raggiri, opportunismo, abusi di Potere sono caratteristiche presenti anche se mai ammesse dei sistemi giuridici. Basta ricordare Manzoni, Dostoevskij, Victor Hugo, Kafka solo per ricordare i titani della letteratura che hanno denunciato tutto ciò. Possiamo tenere una tecnologia a standard più alti di quelli nostri? C’è tanta ipocrisia in queste discussioni! Il vero problema è il capitale privato che si avvantaggia di questi comportamenti professionali e che ora si avvantaggia degli stessi posti in essere dall’I.A.
Come questa tecnologia potrebbe essere di aiuto nella ricerca giuridica o nella redazione di atti giudiziari o altre applicazioni?
Nella ricerca giuridica l’ I.A. è già utilissima anche quella meno sofisticata. Tutto dipende dalla capacità del prompter. Bisogna vedere se giudici e avvocati sono sufficientemente flessibili per fare le domande giuste. E magari verificare con un minimo di attenzione i risultati.
L’.I.A. è in grado di capire il linguaggio giuridico o d’interpretare le norme giuridiche e fare arringhe strategiche come farebbe un avvocato ?
Potrebbe non essere interamente in grado adesso , ma lo sarà molto presto. Non si può discutere di questi tempi senza mettere in discussione la struttura economica e gli incentivi sottostanti le piattaforme. In astratto i miglioramenti possibili sono enormi, sulla velocità della giustizia in tutti i casi in cui anche un algoritmo riconoscerebbe in un secondo chi ha ragione e chi torto. Ma queste potenzialità sono destinate a produrre sempre maggiori ingiustizie strutturali e pregiudizi di ogni tipo se non si capisce che le piattaforme vanno tutte espropriate, rese pubbliche e messe sotto controllo popolare. L’ I.A. nel diritto, senza drastici interventi sulla struttura economica accelera soltanto lo schianto finale dell’ occidente. Essa va utilizzata, come in Cina, per pianificare, ridistribuire, recuperare una visione di lungo periodo. Non si può capire nulla dalla grotta.
Non tutti i software sono legalmente accessibili?
L’ accessibilità ai software apre una questione di parità delle armi fra chi può pagare e chi no. Ma anche qui la novità e solo apparente. Anche un secolo fa il grande studio legale disponeva di testi costosi rari non accessibili all’ avvocatucchio di provincia. Esistevano le biblioteche: ai problemi di disparità di accesso si ovvia con : investimento pubblico ( per dare uguale accesso a tutti, altrimenti il più ricco e forte vincerà sempre) ; espropriazioni per pubblica utilità dei mezzi di produzione cognitivi ; nazionalizzazione delle piattaforme rendendole gratis.
L’ I.A. potrebbe emanare una sentenza molto più imparziale rispetto a quella di un giudice umano ?
Sulla imparzialità ho risposto con un caso personale e se vuole ne ho un altro. Nessuna I.A. avrebbe mai detto che il diritto costituzionale alla libertà didattica di un Ordinario di diritto civile è limitato dalla materia del suo insegnamento. Eppure un giudice russofobo del Tar di Torino è giunto a tanto in una mia nota controversia contro il mio ateneo! L’I.A. è capace di imparzialità se a tal fine programmata. Certo non credo darebbe ragione ad un utente contro Meta.
Quali le questioni etiche e legali che si solleverebbero nel caso fosse riconosciuta una eccessiva autonomia all’ I.A. ?
Credo poco nell’ etica quando ci sono di mezzo interessi economici e corruzione sistemica. I problemi etico legati alla professione legale e al sistematico pregiudizio a favore dei ricchi e dei potenti vanno affrontato alla base. Vederli solo quando c’è di mezzo una macchina è ipocrisia pura.
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