Soldati israeliani a Gaza
15 Ottobre 2024 Marco Paganelli.
Le conseguenze dei noti eventi del 7 ottobre, accaduti in Israele, stanno rappresentando un terremoto geopolitico e umanitario per tutto il Medio Oriente. La Striscia di Gaza è stata interessata, da subito, dai raid dello Stato ebraico che hanno colpito persino obiettivi civili tutelati, solo teoricamente, da un diritto internazionale, affetto in realtà da debolezza cronica, che lascia spazio invece alla legge del più forte e a pratiche disumane nei confronti delle fasce sociali fragili come i malati, gli anziani e soprattutto i giovani.
L’indagine
Un’inchiesta del “New York Times” avvalora il cupo scenario. Il giornale capovolge quella narrazione dominante occidentale favorevole esclusivamente a Tel Aviv che, in nome della proclamata necessità dell’ autotutela, offende impunemente gli altri popoli e persino un importante organismo globale come l’Onu, al punto da bollare il segretario generale del Palazzo di Vetro come “persona non grata”.
I danni dell’imperialismo israeliano
La volontà di supremazia del principale alleato americano nella regione, mediante l’attuazione di iniziative belliche sproporzionate rispetto ai danni subiti organizzate dagli uomini di Benjamin Netanyahu, trovano riscontro in drammatiche testimonianze. Degna di nota è quella del 17enne Mohammed Shubeir scovato in casa a marzo, mentre era con la sua famiglia, dall’esercito del leader della Likud e trattenuto in condizione di ingiusta prigionia, per dieci lunghi giorni, prima del meritato rilascio.
La ricostruzione
Il ragazzo ricostruisce, ai microfoni del noto media della Grande Mela, gli attimi terribili vissuti in quei frangenti. Denuncia di essere stato ammanettato e costretto a camminare tra le rovine di Khan Younis, sua città natale situata nella parte meridionale dell’enclave. Ricorda poi un evento particolarmente spaventoso quando i suoi controllori lo avevano costretto a fermarsi nei pressi di un edificio disintegrato.
Le parole del giovane
“I soldati – ricostruisce il minorenne – mi hanno mandato come un cane in un appartamento pieno di trappole esplosive. Pensavo che questi sarebbero stati gli ultimi momenti della mia vita”. Le ricognizioni, effettuate in tali modalità illegittime, avvengono tutt’ora in luoghi particolarmente pericolosi. I palestinesi vengono impiegati così come scudi umani, pronti per saltare in aria, tra le rovine generate da droni, ordigni e mezzi di artiglieria che hanno raso al suolo, come un maremoto inarrestabile, ciò che incontravano sul proprio cammino. Il sistema, ben articolato, prevede ancora oggi l’introduzione dei detenuti persino nei tunnel in cerca dei combattenti di Hamas. Ben otto fonti attendibili, consultate dai tre cronisti autori dell’indagine, evidenziano il pieno via libera dei vertici della Difesa.
La posizione del governo di Tel Aviv
Il ministero ribadisce però ufficialmente la piena illegalità, sancita dalla Corte Suprema israeliana, della pratica e promette, al contempo, l’avvio di accertamenti volti ad appurare le esatte dinamiche di quanto denunciato.
La dichiarazione dell’esperto
La limitazione dei rischi per la fanteria, mediante l’utilizzo di civili come scudi umani, “rappresenta un crimine di guerra”, sottolinea il professore Michael N. Schmitt, studioso di tali dinamiche nei conflitti armati. La riflessione rischia di cadere comunque nel vuoto come tanti altri appelli alla pace rimasti, almeno fino ad adesso, inascoltati.
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