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domenica 25 agosto 2024

Matteo Castagna X Marco Tosatti - In Che Cosa Credono i Russi? La Profezia di Piero Ostellino.



 Matteo Castagna. 24 Agosto 2024 


Marco Tosatti

Cari amici e nemici di Stilum Curiae, Matteo Castagna, che ringraziamo di cuore, offre alla vostra attenzione queste riflessioni sulla nostra civiltà, e quella dell’Europa Orientale. Buona lettura e diffusione.

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Piero Ostellino (1935 – 2018) è stato un giornalista veneziano specializzato in sistemi politici dei Paesi comunisti. Ha fondato nel 1963 a Torino il «Centro di Ricerca e Documentazione Luigi Einaudi» e, nel 1964, la rivista «Biblioteca della Libertà» che ha diretto fino al 1970; ha diretto dal 1990 al 1995 l’ Istituto per gli Studi di Politica Internazionale (ISPI) di Milano.

Dal 1967 al gennaio 2015 ha scritto sul Corriere della Sera, quotidiano nel quale ha ricoperto diversi incarichi: è stato corrispondente da Mosca dal 1973 al 1978, e da Pechino dal 1979 al 1980; fu inviato speciale, e direttore responsabile dal 1984 al 1987; infine si distinse come editorialista e titolare della rubrica settimanale Il dubbio. Dal 2015, fino alla scomparsa, ha scritto su Il Giornale.

Il suo libro “In che cosa credono i russi?” (Longanesi, Milano, 1982) è molto utile per le analisi puntuali e di grande attualità, di un osservatore acuto e lungimirante. Secondo Ostellino, quella sovietica può essere una “parentesi” nella storia di Santa Madre Russia. Già prevedeva, infatti, che il comunismo sarebbe uscito sconfitto dal capitalismo e scriveva: “Ma non sarà certo l’Occidente a vincere. Sarà la Russia. Quella di sempre”.

Serpeggiava, già dopo la morte di Stalin, la consapevolezza che, seppur molto lentamente, in Russia sarebbe prevalso uno spirito democratico, con una weltanschauung nella direzione dell’occidentalismo laicista.

Ostellino abbandonò totalmente questa prospettiva, inerente la “fede laica nella modernizzazione” parlando, altresì, di un processo evolutivo  verso la riscoperta di un mai sopito spirito religioso, completamente esente da influenze moderniste. Marx viene sonoramente sconfitto da Dostoevskij , il quale si prende un’enorme rivincita sul comunismo, facendo leva su uno spirito di popolo, religioso tradizionale, che era stato represso con la violenza e la galera da tutti i leader del regime con la Falce e il Martello.

Un altro grande filosofo russo quale Alexander Solgenitsin, radicalmente antimodernista e antilluminista, sosteneva che il comunismo si fosse intrufolato nella tradizione spirituale russa, come un corpo estraneo. Ma, come osserva a ragione, il filosofo cattolico Augusto del Noce sulle colonne de Il Tempo del 6/01/1983, scrisse che “l’opera di Stalin, continuando quella di Lenin, è riuscita a realizzare la giuntura; la vecchia Russa ha assorbito il marxismo, in ragione della carica messianica che esso possedeva.

Perché? La Russia zarista era entrata, nel 1914, in una guerra a cui non si poteva in alcun modo assegnare un carattere religioso, almeno da parte di quella che allora veniva detta l’Intesa; non è un paradosso dire che un fattore determinante del successo della Rivoluzione fu una rivendicazione, in altra forma, di una tradizione che il governo dello Zar aveva abbandonato”.

Osserva, sempre Del Noce, che “oggi, la corrente fredda e tecnocratica del comunismo si è sostituita alla corrente calda e utopistica, il marxismo-leninismo cessa di rappresentare, per gran parte del popolo russo, un surrogato della religione; e ciò mentre questo popolo continua a chiedere soprattutto qualcosa in cui credere”.

Pertanto, ed in questo converge anche Ostellino, i parametri negli anni Cinquanta erano “civiltà cristiana occidentale” contro “ateismo” del comunismo sovietico”. Ma Augusto Del Noce ragiona guardando oltre, e scrive che “potrebbe avvenire che in un futuro (oggi?) si sostituiscano quelli tra Russia tradizionalista e religiosa e Occidente materialista ed edonista”.

Il Presidente russo Vladimir Putin, in accordo con il Patriarca Kirill, sta favorendo, in ogni modo, una coscienza religiosa e principi morali tradizionali, come identità comune del popolo russo, di fronte alla decadenza occidentale, preda del globalismo progressista e liberale.

L’hanno spiegato anche a Zelensky, che, per ritorsione, ha abolito la libertà religiosa e sta cacciando, anche con metodi violenti, i cittadini ed il clero ucraini di Ortodossia russofona, sebbene siano moltissimi e Mosca riconosca l’ambito territoriale ucraino come di propria giurisdizione.

Nei “Fratelli Karamazov” il grande Fedor Dostoevskij scrisse che “un socialista cristiano è assai più temibile di un socialista ateo!” mettendo, così, in guardia dai “credenti” di sinistra, che sono un’offesa a Cristo ed alla Chiesa.

E noi, in cosa crediamo? Nel Vitello d’Oro, potrebbero rispondere analisti seri e con un’etica, non per forza cattolica. Dunque, nella soddisfazione di constatare questo risveglio dei valori tradizionali, in Russia. Anche l’apparente generosità di Putin nel rilasciare la cittadinanza russa a chi non si riconosce in un Occidente liberal o wok. Ma se fosse per avere “carne fresca” da mandare al fronte, si smorzerebbero gli entusiasmi dei fanatici e di chi ragiona solo con la pancia, a meno che non vogliano arruolarsi come volontari.

San Pio X scriveva nella Lettera Notre Charge Apostolique (1910): «Non si deve inventare la civiltà, né si deve costruire la nuova società tra le nuvole. Essa è esistita ed esiste: è la Civiltà cristiana, è la società cattolica. Non si tratta che di instaurarla e restaurarla incessantemente nelle sue naturali e divine fondamenta, contro i rinascenti attacchi della malsana utopia, della rivolta e dell’empietà».

Il Signore ci chiede di Instaurare omnia in Christo, nella vita quotidiana, secondo realismo tomista, perché non possiamo salvare il mondo, né farci baluardo di chi non è in comunione con la Chiesa Cattolica, Apostolica, Romana della Tradizione e del Magistero Perenne.

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