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domenica 23 luglio 2023

Per “La Repubblica” - Articolo di Alexey Paramonov, Ambasciatore della Federazione Russa nella Repubblica Italiana.


Il Nuovo Arengario   -    Paolo Deotto

Articolo di Alexey Paramonov, Ambasciatore della Federazione Russa nella Repubblica Italiana, per il quotidiano “La Repubblica”.

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ESISTE ANCORA QUALCHE SPERANZA CHE IL BUON SENSO PREVALGA?....

Vorrei iniziare con un’affermazione che non dovrebbe sollevare alcuna obiezione: la Russia e l’Italia sono due Paesi europei con una lunga storia e una ricca esperienza di relazioni diplomatiche e di fattiva cooperazione tra loro. L’Italia, la cui storia risale all’antichità, è la culla della civiltà europea e ne rimane oggi uno dei pilastri più importanti. Alla Russia, che ha acquisito la sua statualità alla fine del primo millennio d.C. e ha riunito entro i suoi confini vaste aree dell’Europa e dell’Asia, è riconosciuto un ruolo straordinario nella diffusione del modo di vivere europeo fino alle sue coste del Pacifico. Avendo assorbito tutto il meglio dall’Occidente, per molti secoli della sua esistenza come Stato nazionale, la Russia ha pure raccolto in sé l’enorme patrimonio storico, culturale e spirituale dei territori e dei popoli che la componevano, diventando essa stessa una civiltà, per essenza eurasiatica, capace di coesistere con i vicini occidentali e orientali senza antagonismi.

Le prime serie divergenze dell’epoca contemporanea tra Russia e Italia sono emerse a partire dal 2014, a seguito del colpo di Stato in Ucraina che ha portato al conflitto civile armato nel Donbass e all’ingresso con referendum della Crimea nella Federazione Russa. Dopo che la Russia ha lanciato l’operazione militare speciale per proteggere gli abitanti del Donbass, il panorama dei rapporti bilaterali è cambiato fino a diventare irriconoscibile.

Oggi la politica italiana nei confronti della Russia praticamente non si discosta in nulla dall’approccio conflittuale degli Stati Uniti e degli altri partner della NATO, del G7 e della UE. In fondo c’e` una radicale divergenza di valutazione delle cause che stanno alla base dell’attuale crisi del sistema di sicurezza europeo e del conflitto in Ucraina.

Checchessia, è ovvio, che non ci si può aspettare che la politica estera di Roma possa cambiare, poiché l’Italia è saldamente inserita nel sistema delle strutture euro-atlantiche. In quanto tale, l’Italia diventa volente o nolente coinvolta in azioni ostili contro Mosca e nella fornitura di armi all’Ucraina, che la  trascinano sempre più nel conflitto e allontanano le prospettive di una sua conclusione. Si chiede pertanto se nelle stanze del potere a Roma, Parigi, Berlino e altrove, si rendano conto del pericolo rappresentato dalla linea politica che porta al rafforzamento del conflitto con la Russia e alla trasformazione dell’Ucraina in uno Stato-mercenario che, mantenuto e armato dall’esterno, è già arrivato a organizzare attacchi terroristici contro intellettuali, opinion leader, cittadini e infrastrutture civili, tra cui ponti, gasdotti, centrali elettriche e nucleari della Russia e minaccia pubblicamente di infliggere alla Russia una sconfitta strategica, di organizzare un “cambio di regime” e smembrare il paese in tanti pezzi.

Lo scontro geopolitico non è mai stato fine a se stesso per Mosca che, in qualità di membro permanente e responsabile del Consiglio di Sicurezza delle Nazioni Unite come tale non ha mai mancato ad adempiere alla sua particolare responsabilità nel mantenimento della pace e della sicurezza internazionale. L’operazione militare speciale della Russia in Ucraina è un passo obbligato che non aveva alternative. È una decisa, calibrata e legittima reazione tecnico-militare alle insidiose sfide lanciate allo sviluppo sovrano, agli interessi nazionali e alla sicurezza.  Non va dimenticato che nel dicembre 2021 gli Stati Uniti e la NATO hanno respinto le proposte di Mosca di negoziare seriamente garanzie di sicurezza reciproche. E perché? Perché era già avviata l’assimilazione militare del territorio ucraino. Sono di dominio pubblico dati esaustivi su come Stati Uniti, NATO e Unione Europea abbiano strappato l’Ucraina, che non esisteva prima del crollo dell’URSS del 1991, alla Russia e all’Unione degli Stati Indipendenti, tramutandola gradualmente in un’enorme testa di ponte anti-russa, su come abbiano partecipato all’indottrinamento di massa degli ucraini nello spirito di un nazionalismo aggressivo, dell’eccezionalità e della superiorità rispetto alle nazioni vicine e fraterne, con l’obiettivo di trasformare l’Ucraina in un Paese anti-Russia e poi, con il pretesto della restituzione della Crimea, di aizzarla contro la Russia. Un’interpretazione a posteriori, molto diffusa tra leader occidentali in pensione, dei negoziati diplomatici in formato di Normandia rivela inequivocabilmente chi e come preparava l’Ucraina al ruolo del principale ariete militare e geopolitico contro la Russia.

Nonostante tutto, ancora oggi Mosca lascia aperta la porta alle iniziative diplomatiche, ritiene tuttora possibile cambiare situazione in Ucraina con mezzi diversi da quelli militari e accetta con rispetto qualsiasi proposta di pace da chiunque provenga: il Vaticano, un gruppo di Stati africani, Indonesia, Brasile o Cina. Purtroppo, ogni giorno che passa, e soprattutto dopo il vertice NATO di Vilnius, diventa sempre più evidente che l’Occidente persevera nella sua sconsiderata e ostinata intenzione di sconfiggere o indebolire ad ogni costo la Russia, di espellerla dal novero delle grandi potenze, di compromettere sua leadership nel movimento per la costruzione di un nuovo ordine mondiale multipolare, più democratico e giusto.

L’intransigenza e la rigidità del posizionamento geopolitico e geoeconomico dettano l’agenda a tutti i livelli decisionali sia in Russia che in Italia. Al contempo, negli ambienti diplomatici si ricorda che nel passato Roma ha potuto dimostrare la flessibilità e creatività della propria diplomazia nella messa a punto dei formati di interazione per superare problemi più` difficili. Nelle circostanze attuali, sembra che si avanzi la necessità di un nuovo modello di coesistenza con gli Stati europei, tenendo conto del principio di indivisibilità della sicurezza, della prossimità geografica, della complementarietà economica. Ci potrebbero essere d’aiuto anche i persistenti interessi reciproci nell’ambito del clima, spazio, sanità, nuove sfide, cultura.

In Russia c’è un grande rispetto per il popolo italiano, insieme al quale, nel corso di oltre cinque secoli è stato creato un invidiabile patrimonio comune.  Questo non può essere cancellato, così come non può essere cancellata la richiesta di convivenza e cooperazione pacifica tra cittadini comuni russi e italiani.

Naturalmente, l’uscita dalla “comfort zone” che per molti anni è stata la condizione abituale delle relazioni russo-italiane, l'”autoisolamento” dell’Occidente dalla Russia, genera un sentimento di delusione. Oggi più che mai i Paesi dell’Europa continentale possono perdere completamente la Russia se non riprendono coscienza dei propri interessi e non acquisiscono una visione più indipendente ed equilibrata dei processi geopolitici.

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fonte: AMBASCIATA DELLA FEDERAZIONE RUSSA IN ITALIA E SAN MARINO


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